
(UGO ROSA – glistatigenerali.com) – Allego a questo breve scritto un antico filmato che ritengo edificante e degno di attenzione. Si tratta di una testimonianza esemplare che non va visionata solo per curiosità – legittima, morbosa, morbosamente legittima o legittimamente morbosa…- ma va mandata a memoria come, con implacabile ferocia, ci faceva fare l’insegnante con i prodotti del personaggio che ne è il protagonista. Credo che questo film-luce andrebbe proiettato in tutte le scuole del regno in degnissima sostituzione di quelle papule tronfie che il soggetto in questione ammanniva ai contemporanei in forma di scrittura e che questi ultimi hanno trasmesso ai posteri insieme alla bomba atomica, all’inquinamento atmosferico e al debito pubblico. Ci si può chiedere, immagino, quale ragione mi faccia ritenere a tal punto istruttivo questo breve filmato. Chi fu l’uomo lo sappiamo. Ce lo spiegarono a scuola mentre ancora armeggiavamo sotto il banco con le figurine Panini per trarne il massimo profitto giocandocele ai mazzetti. Quello che scrisse ci venne pure, disgraziatamente, illustrato e fu grazie a quei cadaveri eccellenti – e ad altri, in verità, consimili – che, già in giovanissima età, ci formammo l’immagine e l’idea del rigor mortis in cui versavano la lingua e la letteratura nazionale. Allegramente, dirottammo altrove, ciascuno coi suoi mezzi, Si andò verso gli inglesi, gli americani, i tedeschi, i russi, i francesi…o chiunque altro, purché lontano anni luce dalla puzza che quella salma sprigionava. E come se tutto questo non bastasse ci sono in giro, ancora oggi e in numero accresciuto dalla diffusione mediatica, gli eredi che, pur avendo aggiornato il lessico delle baggianate, ne ricalcano amorevolmente la sostanza, ne imitano la gestualità e i tratti caratteriali decisivi. A un punto tale che il personaggio di questo filmato solo per caso ha un nome e un cognome. In realtà è una maschera e con quell’eloquio e quella faccia potrebbe, con un divisa appena diversa e una dentiera fissa, essere uno qualsiasi degli innumerevoli personaggi che ne discendono e dilagano nei programmi televisivi. Si prega dunque di non essere frettolosi e di non soffermarsi sulla superficie dell’orrido: che al vate qui manchino i denti, oltre all’occhio, è del tutto irrilevante a fronte di ciò che invece vi si trova a iosa. E quello che vi si trova è una fenice che rinasce sempre dalle sue ceneri. Si potrebbe grossomodo definire con una parola: “italianità”. Una tipologia che, per quante varianti possa presentare, si ripete sempre, da centosessant’anni, identica nei tratti fondamentali. Certo, mi rendo conto che lo sdentato, in genere, susciti simpatia o almeno compassione. Il tempo ripropone, nel vecchio, la persistenza dell’infante e chiude, in tal modo, il cerchio dell’esistenza invocando ancora una volta la protezione di una madre. Eppure in tal caso perfino la mamma, rivedendolo, si sarebbe resa conto del suo errore. Quest’individuo non riesce neppure a far pena. Fa solo l’effetto di una cariatide posta a guardia dei cessi di un bordello. Ride e non si capisce perché, parla e non avrebbe ragione per farlo, recita, perfino, dei versi ma tutto ciò che suscita è inquietudine e disagio in chi lo osserva che, pur di farlo tacere, gli dà la monetina. La pomposa miseria della sua produzione non può essere valutata autonomamente – nulla meno delle tenorili prestazioni di questo rumoroso “esteta” ha a che fare con “l’art pour l’art” – ma deve essere posta in relazione, per un verso, con gli intenti autopromozionali che vi erano connaturati e, per l’altro, con i risultati stupefacenti di quell’autopromozione. Occorre, in altre parole, chiedersi come hanno potuto simili boriose bestialità, e così bestialmente espresse, arrivare a tale rinomanza e mantenere un’eco così vasta e duratura in questa martoriata nazione. La spiegazione di quello che altrimenti sarebbe un mistero risiede, mi sembra, nella perfetta coincidenza fisiognomica, nella sintonia stupefacente tra l’uomo e il suo pubblico. Questa maschera è l’apoteosi del piccolo borghese italiano trionfalmente assunto in cielo in serpa al Vittoriale. Se ripugna non è, in fondo, neppure a causa di quello che ha scritto. E’ perché ciò che ha scritto costituisce solo l’orinale delle deiezioni di quel piccolo borghese vanaglorioso, miserabile e fondamentalmente criminale che fin dall’unità d’Italia costituisce l’ossatura della nazione. Perciò credo che questo filmato valga pagine e pagine di critica testuale e dovrebbe trovare uno spazio adeguato nei programmi scolastici ministeriali. Speriamo bene.
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C’è ovviamente, di questi tempi in cui tutto è bassa politica in una campagna elettorale perenne che non si abbassa, anzi, neppure ad elezioni appena terminate e Governo, nei fatti, non ancora operativo, una propaganda martellante e cacofonica che mira a fare di tutta l’ erba un fascio.
Ignoranti come (esclusi i frequentatori di questo blog, ovvio…) siamo, facciamo presto a condannare, esaltare o sminuire a prescindere – dato che per lo più nulla sappiamo di artisti “silenziati” dalla propaganda e neppure di quelli esaltati – l’ opera di chi, di volta in volta ci viene additato per mera propaganda.
Incensando Pasolini o Montanelli si dimenticano le loro frequentazioni (eufemismo) con minorenni, denigrando D’ Annunzio ( e veramente ce ne sarebbe…) si fa di tutta l’ erba un fascio con la sua opera.
D’ Annunzio è – come tutti – figlio del suo tempo: ottimo scrittore, grande popolarità ai tempi per i suoi romanzi, certamente datati ma sempre ben scritti e grandi best sellers: insomma, piaceva, a fascisti e non. Come piaceva quell’ accozzaglia funerea che ora ci pare il Vittoriale ma che bene illustra la mentalità superumana e decadente del tempo e dell’ uomo.
Insomma, storicizzare l’ uomo non siglifica non apprezzarne l’ opera.
E’ la damnatio memoriae che ha colpito fin da subito il nostro Nobel Carducci, ateo e anticlericale dichiarato ( a scuola gli si preferisce il “fanciullino” cristianissimo Pascoli) , per non parlare di Mazzini (chi ne studia gli scritti?) nonostante sia uno dei “fondatori” e degli ideologi dell’ Italia unita.
Insomma, la memoria di stato è sempre selettiva e dove coglie coglie. Del resto , dove non c’è da “propagandare” più alcunchè, il pensiero ed il senso critico sono più liberi: chi metterà all’ indice Dante perchè ghibellino sfegatato? E le miriadi di scrittori latini al soldo di Imperatori despoti e stragisti dei quali cantavano le lodi?E i grandi pittori, al soldo di despoti ed assassini?
Quando serve alla propaganda l’ opera è tutt’ uno con la vita fino a diventarne indistinguibile . Si incensano le opere spesso modestissime dei “nostri” che dopo pochi mesi verranno inevitabilmente dimenticate e si mettono all’ indice grandi poeti “scorretti”. Il nostro senso critico si affina e si libera solo quando non c’è più nulla da contendere: quando il soggetto ha nei fatti cambiato casacca (Montanelli dopo l’ abiura di Berlusconi) oppure troppo tempo è passato perchè la polemica sia ancora attuale (i Poeti latini, greci, o di Paesi che non conosciamo).
Insomma, è la propaganda politica che ci addita l’ arte, o gli artisti, la cui vita viene identificata con la loro arte perchè serve. O anche solo con la loro nazionalità, come stiamo vedendo in questi tempi bui. I sommersi ed i salvati: non sempre per le loro qualità artistiche.
Se ci prendessimo il tempo per rileggere una poesia come questa, capiremo il perchè di tanta popolarità e riusciremmo a non confonderla con una vita sopra le righe e dalla parte “sbagliata”. Insomma, D’ Annunzio sarà stato un grande fascista ma era un grande poeta… Non confondiamo le cose. Magari ricordando che se molte parole ci paiono “vetuste” ai tempi si scriveva così.
https://www.viv-it.org/schede/da-alcyone-stabat-nuda-aestas
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In my opinion
Ugo Rosa stai ottenendo l’effetto opposto.
Stai facendo pubblicità a un intellettuale(il più delle volte strumentalizzato) che è ampiamente fuori dalla “classifica”dei primi 200 letterati della nostra cultura millenaria.
Chi nomina gli slogan dannunziani oggi in auge
Sono gli stessi che nominano Il “più pilo per tutti” di Cetto Laqualunque.
Il livello è questo.
Se vuoi,accanisciti sugli ignoranti che lo nominano,
non su un poeta che è comunque destinato ad essere preda,molto prima di altri, dell’oblio del tempo,vero giudice di chi ha lasciato veramente traccia nella cultura.
E’ un falso problema.
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Il solito perbenismo di sinistra: scommetto che ti sperticheresti in lodi smisurate per Pasolini e Calvino
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Mai votato Pd in vita mia,
tuttora sono privo di ideologia,ma se devo riconoscermi in qualcosa,questo qualcosa è l’anarchismo di Malatesta,Tolstoy,Bakunin,Diogene di Sinope;adesso che hai un po’ più di tempo visto che il tuo partner Gatto non si fa più vedere(😂😉)potresti leggere qualcosa di loro: eviteresti la prossima volta di parlare a vanvera e di rompere le balle al sottoscritto,cara la mia serpe democristiana.
Preferisco rileggere per la 20 volta “il fu Mattia Pascal” che una sola riga di D’Annunzio o Pasolini.
Pirandello non mi sembra che fosse di sinistra o anarchico,sbaglio minchione?
Vale più un solo romanzo di Pirandello,o di Italo Svevo che tutta la produzione dei due sopraindicati.
Mia opinione,ma non solo la mia,credimi.
Poi se ti senti solo,leggere D’Annunzio è sempre meglio che scassare le palle di Domenica
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Democristiana è tua sorella,sempre votato Pannella e Cappato fin quando è stato possibile.
Parlare di D’Annunzio con te è fuori luogo visto che non ne hai mai letto una riga.Ignorante!
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“sempre votato Pannella e Cappato”
Il cappone CASTRATO, non la serpe di campagna, da dare in pasto ai PORCI.
Il bello è che te ne vanti pure…
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Mi vanto di non essere mai stato una banderuola…
Ho le mie idee e non le ho mai cambiate;non mi sono mai turato il naso!Non voto da anni.
Tu invece ascolta Myrta Merlino che vai bene.
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Ragazzi, tranquilli. Certo che Pirandello è più vicino a noi di D’Annunzio, lo leggiamo più volentieri, lo ammiriamo di più, troviamo più moderno il suo linguaggio anche per il fatto che canta la…psicanalisi, molto ancora di voga tra noi.
Non si possono mettere a confronto giornalisti (Pasolini a Malaparte), scrittori di grandi classici (Tolstoj) con un D’Annunzio creatore di best sellers, ben scritti ma che non resistono al passare del tempo.
Come poeta invece penso sia stato grande. A dispetto del linguaggio vetustamente aulico e forbito, io quella estate la vedo, la sento sulla pelle. E mentre leggo questa, come altre sue poesie, non mi importa se fosse fascista e combattente della XMas.
Penso che, per quanto riguarda l’arte, occorra sforzarsi di dividere la biografia dall’opera artistica.Se non lo facessimo faremmo a meno dell’opera dei nostri migliori artisti, da Orazio a Caravaggio.
L’esempio dell’ostracismo agli artisti russi dovrebbe farci da monito.
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“ E mentre leggo questa, come altre sue poesie, non mi importa se fosse fascista e combattente della XMas.”
Giusto atteggiamento.Concordo.
Poi ognuno ha le sue legittime e personali preferenze.
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Almeno riguardo all’ arte ci meritiamo un po’ di libertà! I gusti sono gusti, si dice. Non vorrei che si arrivasse ad ostracizzare una ricetta di cucina perchè inventata, in tempi lontani, da un fescista ( ormai siamo su quella strada…)
Poi le biografie e le appartenenze politiche sono un’ altra cosa.
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