(DI MASSIMO FINI – ilfattoquotidiano.it) – Una notte, tanti anni fa, mi trovavo, verso le 3, in una pizzeria affianco di Bossi. Si parlava non solo di politica, ma anche di donne, amori, motori, che sono i discorsi dei ragazzi (o perlomeno lo erano, perché adesso vedo che i giovani sono molto più preoccupati della situazione economica), quando gli feci improvvisamente una domanda a tradimento: “Umberto, tu sei più di destra o di sinistra?”. “Di sinistra, ma se lo scrivi ti faccio un culo così”. Va da sé che lo scrissi, anche se molti anni dopo, quando questa sua affermazione non aveva più un valore politico. Comunque – avvertenza per i lettori – non bisogna mai dire nulla a un giornalista, perché prima o poi te lo ritrovi sulla pagina.
Di recente, in concomitanza con una cerimonia per i quarant’anni della Lega tenuta a Varese, luogo simbolo del fu indipendentismo leghista, Umberto Bossi ha preso decisamente le distanze da Salvini e dalla Lega di quest’ultimo. Non gli va a sangue, all’Umberto, la posizione di estrema destra presa dalla Lega di Salvini in un governo già di destra, né tantomeno il razzismo antropologico espresso dall’attuale Lega. La mitica Padania della prima Lega era di “chi ci vive e ci lavora”, senza fare esami del sangue a chicchessia (Bossi, lo ricordo, ha una moglie siciliana). Mentre Matteo Salvini tende a scaldare la sedia sua e dei suoi, Bossi, in concordanza col grande costituzionalista Gianfranco Miglio, aveva, come si dice oggi, una visione visionaria e totalmente in anticipo sui tempi. Pensava che in un’Europa politicamente unita i punti di riferimento periferici non sarebbero più stati gli Stati nazionali, ma macroregioni coese economicamente, socialmente, culturalmente e anche dal punto di vista climatico.
Non c’è nessuna ragione, per fare qualche esempio, che la Liguria di Ponente abbia un regime diverso dalla costa nizzarda o che Alto Adige e Tirolo siano divisi. Così come, e al contrario, non c’è nessuna ragione per cui poniamo un professore di scuola di Milano guadagni la stessa cifra di uno di Canicattì, dove il costo della vita è il 30 per cento più basso che a Milano. È il principio delle “gabbie salariali” che Bossi voleva introdurre e per cui fu accusato di razzismo antimeridionale.
Visione visionaria, dicevo. L’Europa politicamente unita non si è fatta, anzi è più che mai disunita avendo voluto allargarla a 27 Paesi, troppo lontani tra di loro per storia e cultura. Ma, poiché ognuno ha diritto di veto, l’Europa si trova di fatto paralizzata, come dimostra la sua totale inconsistenza nei grandi problemi globali. La prima Lega di Bossi, essendo sostanzialmente un movimento antipartitocratico, fu ovviamente osteggiata in tutti i modi dai partiti (“le tre repubblichette”, per dirla col socialista Ugo Intini), come avviene oggi per i 5 Stelle. L’ascesa della Lega, di quella Lega, si lega strettamente alle inchieste di Mani Pulite che stavano scoperchiando il vaso di Pandora della corruzione della classe dirigente politica ed economica. Più i magistrati di Mani Pulite facevano il proprio, doveroso, mestiere, più cresceva la Lega di Bossi, che spezzava finalmente il consociativismo (alleanza, di fatto, fra Dc e Pci/Pds) che garantiva l’impunità alla classe dirigente, politica e imprenditoriale.
Gli errori di Umberto Bossi furono sostanzialmente due. Il primo, e più grave, è stato unirsi all’avanzante Silvio Berlusconi, che pur Bossi aveva sprezzantemente chiamato Berluscaso, Berluschì, Berluscosa, Berluskaz. Il terrore di Bossi era la moltitudine di reati da cui era stato investito. La sua Lega non aveva i quattrini sufficienti per farvi fronte. Io cercavo di spiegare a Umberto che i suoi erano reati di opinione (vilipendio alla bandiera etc), molto diversi da quelli prettamente criminali di Berlusconi. Gli dicevo: “Fai una campagna contro i reati d’opinione, residuo del codice fascista di Rocco, e troverai molti alleati”. Ma non ci fu niente da fare. Il secondo errore, forse meno perdonabile perché Bossi non vi era spinto da alcuna esigenza, è stato l’atavico familismo italiano, per cui diede al figlio Renzo, il delfino, il “trota” nel linguaggio di Bossi che non ha mai mancato di ironia, il ruolo di consigliere regionale della Lombardia, dove Renzo fu coinvolto proprio in quei reati di appropriazione indebita dei rimborsi elettorali che erano stati una delle basi delle critiche della Lega bossiana a quello che allora si chiamava il “sistema”. Bossi è sempre stato accusato dai vari monsignor Ernesto Galli della Loggia e simili di rozzezza linguistica e personale (la “canotta bianca” che invece voleva simboleggiare, e simboleggiava, la vicinanza della Lega ai ceti popolari) e istituzionale. Ebbene, nel discorso in Parlamento del 22 dicembre 1994 in cui Bossi fece cadere il primo governo Berlusconi, non c’è rozzezza né linguistica né istituzionale. Quel discorso, se non ricordo male, terminava così: “Oggi finisce la Prima Repubblica”. Si illudeva, povero Umberto. E poveri noi.
Quarantanove milioni di kzzate.
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A Massimo Fini… e svejateeeeeeeee! A chi vorresti darla da bere, ad un lettore che ha conosciuto quali personaggi gravitassero intorno alla Lega, anche ai massimi livelli? Perché se è vero che “chi va con lo zoppo impara a zoppicare” ebbene nella Lega, fin dai primi passi, gli sciancati erano davvero tanti, troppi e quando mi chiesero di farne parte, nella lista della città dove abito, non ci pensai 2 volte a rifiutare.
E poi, una volta per tutte, basta con sto Berlusconi! Il Cavaliere, ex datore di lavoro di un killer di mafia (sic!), ha avuto migliaia di “nemici” (remember i finti girotondi?) e milioni di alleati, Lega e Bossi compreso. BASTA raccontare quella dell’uva (non i raggi ultravioletti..): il defunto Silvio Berlusconi è stato P.d.C. 4 volte(QUATTRO VOLTE, record assoluto). Domanda, chi l’ha eletto, chi votava il suo partito, chi ha sostenuto, da alleato, la sua candidatura per la carica probabilmente più rappresentativa del Paese? Costituzione, ARTICOLO 92: Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica NOMINA (ennesimo sic!) il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. ARTICOLO 93: Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano GIURAMENTO nelle mani del Presidente della Repubblica. ARTICOLO 94: Il Governo deve avere LA FIDUCIA delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.(omissis) ARTICOLO 95: Il Presidente del Consiglio dei ministri DIRIGE LA POLITICA del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
PER 4 VOLTE abbiamo avuto P.d.C., Berlusconi… “Per colpa di chi, chi, chi, chi…, chichichirichi”? Ha fatto tutto da solo, eh? Tutti innocenti, tutti puri e casti, perché trovare il capro espiatorio è sport nazionale in Italia, così da poterci sentire lindi e puliti.
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grazie Massimo, avanti
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