Il filosofo in vista del 25 aprile: «È inevitabile che in campagna elettorale si possa cercare ogni mezzo per colpire l’avversario, ma dal punto di vista culturale e storico non serve a nulla, non esiste alcun pericolo fascista» 

Massimo Cacciari: «Ma quale pericolo fascista, quella che  serve  è una vera opposizione»

(di Silvia Madiotto – corriere.it) – Mentre il centrosinistra si schiera compatto e rilancia convintamente il monologo di Antonio Scurati sull’omicidio Matteotti e il fascismo, con la richiesta esplicita alla maggioranza di dichiararsi antifascista, il filosofo Massimo Cacciari, già sindaco di Venezia, sbotta. «Macché antifascismo! Non ha più senso, questa parola. Non serve a niente chiedere di dichiararsi antifascisti. È inevitabile che in campagna elettorale si possa cercare ogni mezzo per colpire l’avversario, ma dal punto di vista culturale e storico non serve a nulla, non esiste alcun pericolo fascista».
Professor Cacciari, perché ritiene che non abbia più senso parlarne? Probabilmente è la parola più discussa degli ultimi giorni…
«Perché no! Il mondo contemporaneo non presenta blocchi sociali, né interessi di classe che portino a totalitarismi. Non vuol dire che sia una democrazia perfetta, ma non ci sono forme autoritarie, nessun pericolo di totalitarismi fascisti, come sono stati quelli del Novecento. È solo propaganda, fatta quando destra e sinistra non hanno altri argomenti».
Quindi, secondo lei, questo appello all’antifascismo, rinvigorito dopo la censura al monologo di Scurati sulle reti Rai, parte da presupposti sbagliati?
«Bisogna essere onesti. Chi è veramente fascista oggi è un povero scemo fuori dalla realtà, chi dà senso a quella parola è semplicemente fuori dal mondo. Magari qualcuno c’è, ma sono pochi. E di sicuro non Meloni».
Perché no?
«Non credo che lo sia. Cerca di evitare di fare grandi autocritiche, ma nemmeno la sinistra le fa. Credo che Meloni abbia capito che il fascismo non esiste più, manca di prospettiva, di principio della realtà. L’ha capito lei e quasi tutti i suoi dirigenti. Antifascismo è diventato una parola vuota da quando non è più declinata o incarnata in dei progetti. È come dire che bisogna essere sempre onesti, o che la mamma è buona. Sono concetti generici».
Resta il fatto che il testo di Scurati è stato censurato per aver attaccato il governo di centrodestra. Ma questa censura ha avuto l’effetto di farlo girare ancora di più. Era un minuto in televisione, è arrivato su tutti i canali social, sui siti, sulle testate giornalistiche.
«E infatti lì hanno sbagliato. Laddove sei censurato, puoi avere un effetto rimbalzo, è naturale, succede spesso. Però io il testo non l’ho letto. Magari è un assoluto capolavoro, Scurati è un bravo scrittore e immagino che sia bello, ma non posso giudicarne il contenuto».

In Italia c’è ancora bisogno di parlare di Resistenza e fare Resistenza?
«Sì, come no. Ma anche qui, non contro Mussolini o un’invasione. È una resistenza rispetto a un sistema politico incapace di fare l’interesse materiale del proprio Paese, non contro qualcuno che ti assale, ma per imporre la linea nell’interesse del Paese. Ma c’è più bisogno di una vera opposizione, a mio modesto avviso».
Tornando alla terminologia. Le giovani generazioni sanno di che cosa parliamo quando parliamo di fascismo e antifascismo?
«Qualcuno lo sa, ci sono ragazzi che si informano, spesso mossi da interessi personali. Ma chi gli racconta la storia seria di quel periodo? Chi gli fa leggere De Felice o i grandi testi sul nazifascismo? Vengono informati adeguatamente? Oggi le giovani generazioni sanno tutto pressappoco. Dopotutto, le lezioni su questi periodi storici nei programmi scolastici sono i fanalini di coda. A volte le classi non ci arrivano nemmeno, altre ci si ferma lì e non si affrontano i decenni seguenti, per capire come le cose si sono trasformate dopo la metà degli anni Cinquanta. Per questo dico che queste parole hanno solo un significato storico. Oggi i ragazzi ignorano chi è stato Aldo Moro, chi è stato Palmiro Togliatti, forse lo sa uno su un milione. La storia di oggi è ignorata, si arriva solo ai totalitarismi della prima metà del Novecento. E finisce che si parla solo di fascismo e antifascismo, destra e sinistra, senza che siano adeguati alla storia».
Lei cosa farà in questo il 25 aprile?
«Non lo so, al momento penso niente… Spesso ho tenuto dei discorsi, anche di recente. Sono stato in luoghi simbolici della storia di quegli anni, anche a Marzabotto. Ho parlato di storia, una storia che pesa, che ha ferito, che ha diviso gli italiani e massacrato l’Europa. È un passato che bisogna conoscere».