La nomina della presidente nel giorno del ricordo di Falcone è l’ennesimo “me ne frego” di Meloni, a conferma dell’occupazione delle istituzioni da parte della destra

(di Carlo Bonini – repubblica.it) – Il “me ne frego” con cui Giorgia Meloni ha voluto e imposto alla presidenza della commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo, suo avatar politico per anagrafe, storia e contiguità con un universo nero con cui FdI non vuole e non può recidere i suoi legami, è qualcosa di più e di peggio di un oltraggio. È la cartina di tornasole di un analfabetismo politico che confonde il governo con il comando. È l’ennesimo sintomo di una inesauribile e patologica ossessione predatoria nel dare l’assalto e finalmente occupare, quantomeno nominalmente, i luoghi in cui la sinistra avrebbe costruito nel dopoguerra repubblicano la narrazione alla base della conventio ad excludendum della destra oggi alla guida del Paese.
A chiedere di riconsiderare la nomina di Colosimo non erano state le opposizioni. Ma, prima di loro, e insieme a questo giornale, decine di associazioni di vittime della mafia e del terrorismo politico che in quella scelta vedevano una macroscopica incongruenza. Quella di insediare a San Macuto, alla presidenza di una commissione chiamata a indagare il complesso sistema di relazioni di organizzazioni criminali storicamente legate anche alla manovalanza neofascista, una giovane parlamentare di FdI che, per superficialità o per convinzione, aveva condiviso un tratto della sua esperienza politica alla Regione Lazio con le istanze di un vecchio arnese del terrorismo neofascista: l’ex Nar Luigi Ciavardini, semilibero dal 2009 e già condannato a 13 anni di reclusione per l’omicidio dell’agente di polizia Francesco Evangelista, a 10 anni per l’omicidio del giudice Mario Amato, a 30 anni per la strage di Bologna. E poco importa, evidentemente, che oggi Colosimo ridimensioni la frequentazione di Ciavardini farfugliando di una “persona come altre, semplicemente conosciuta perché parte di un’associazione che si occupa di diritti dei detenuti”. Non fosse altro perché nella giovane biografia politica di Colosimo si rintracciano altre inconsapevoli levità, come quella di farsi intervistare nella campagna elettorale del 2010 con alle spalle un manifesto di Corneliu Zelea Codreanu, fondatore della Guardia di ferro romena e noto sostenitore del nazifascismo.
Meloni avrebbe potuto ascoltare quelle voci non con l’arroganza e il fastidio con cui si liquida chi disturba il manovratore per partito preso. Da presidente del Consiglio avrebbe avuto il dovere, insieme alla sua maggioranza, di mettere la commissione Antimafia nelle condizioni di poter avviare il suo cammino libera da ombre e ambiguità. Accogliere quelle istanze sarebbe stato un gesto di forza consapevole. A maggior ragione da parte di chi ha più volte rimarcato come Capaci e via D’Amelio siano state l’epifania della propria passione per la politica e l’impegno civile. Al contrario, Meloni ha scelto la protervia. Che, del resto, è la cifra in cui mostra di trovarsi più a suo agio, probabilmente perché riflesso condizionato di una concezione tribale e ferina della politica, mal dissimulate da pose da statista. E per giunta nel giorno di un già complicato trentunesimo anniversario della strage di Capaci. Lasciando così che la nomina di Colosimo si trasformasse in tossico carburante utile a trasformare un pomeriggio palermitano di cortei di studenti e sindacati diretti all’albero di Giovanni Falcone in via Notarbartolo in una tesissima gimcana di piazza tra divieti, cordoni di polizia, spintoni, urla, manganellate, scudi alzati. Insomma, un pomeriggio di antimafia e di omaggio a uno dei suoi simboli trasformato in faccenda di ordine pubblico. Il che dovrebbe far riflettere il nuovo capo della polizia Vittorio Pisani e magari anche il ministro dell’Interno Piantedosi.
È un format che la destra di governo cerca dal primo giorno del suo insediamento. Nella sconsiderata convinzione che la politicizzazione di ogni interstizio del discorso pubblico, financo la grottesca opa sull’antimafia, rappresenti una nuova tappa di un mondo nuovo. Dove non si fanno prigionieri e chi non si adegua è perduto.
Non ne verrà nulla di buono. Per il Paese, prima ancora che per Giorgia Meloni. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione che riunisce i parenti degli 85 morti e dei 200 feriti della strage di Bologna, ha chiesto ieri che Chiara Colosimo si astenga dal partecipare alle cerimonie, il prossimo 2 agosto, in ricordo della bomba del 1980. E nelle sue parole c’è tutta la dignità, compostezza e resilienza di chi vive sulla propria pelle l’affronto che si è consumato ieri alla memoria del nostro Paese, alle poche ma solide verità sul ruolo che il terrorismo neofascista ha giocato nelle vicende repubblicane e in quelle di Cosa nostra siciliana. E non c’è protervia che riuscirà a cancellare questo deposito di conoscenza. Meloni non lo dimentichi. Non riuscirà a riscrivere la storia d’Italia né con dei nuovi palinsesti Rai, né con una commissione Antimafia presieduta dall’animatrice delle feste di Atreju. Né, tantomeno, con cordoni di reparti celere nelle strade di Palermo.
Standing ovation 👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻
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Mi associo con fermezza👍🏼
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in Italia fa la ducetta e accusa tutti, tanto sono tutti ai suoi piedi, a spazzolare o leccare.
in giro per il mondo (portandosi la claque) fa le fusa, abbraccia e bacia tutti dicendo signorsì signore!
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il sistema italia è questo. chi vince piglia tutto. lo fanno da sempre tutti i partiti, a prescindere dalle qualità dei soggetti nominati. peggio di questa nomina ci sono i presidenti di camera e senato, che non dovrebbero neanche sedere in tali contesti. il popolo tifoso, comunque è felice, perché i loro squallidi idoli stanno perculando i rosiconi avversari.
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Più dura sarà la caduta
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Dopo la Colosimo presto in arrivo nuove nomine: Previti all’anticorruzione, Dell’Utri all’antimafia, Fiorani alla Banca d’Italia, Ricucci all’edilizia, Fausto Tonna (Parmalat) alla Consob. Spiace non ci siano più Sindona e Gelli sennò antiriciclaggio e sicurezza interna gli spettavano di diritto.
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“tu sei un pollo di allevamento, ti hanno allevato per fare quello che hai fatto”
Nel libro ” che cosa sono le BR” Alberto Franceschini considera quella frase, a lui appioppata da un compagno che con lui condivideva la cella, profondamente vera.
Ebbene, ancora oggi ci sono tanti polli che vengono allevati nell’ambiente culturale sinistrato per scrivere quello che scrivono. E i polli scrivono quello che scrivono perché gli allevatori sinistrati non vogliono fare i conti per le responsabilità di cui si sono macchiati in un passato che hanno rimosso.
Insomma, quei sinistrati temono che la ventata di aria fresca arrivata al governo possa squarciare le tenebre che hanno tenuto nascosti i mandanti delle “stragi fasciste organizzate dallo Stato deviato”, nonché i protettori dei terroristi comunisti.
L’unico modo per bloccare sul nascere questa possibilità è spargere fango sulle facce pulite che stanno prendendo in mano le redini del paese.
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“la ventata di aria fresca arrivata al governo possa squarciare le tenebre”.
Condivido spesso il tuo pensiero, ma, francamente, permettimi di dirti che stai un pochino, appena, appena, eh?, esagerando 🙂
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Ma chi sei Emilio fido in incognito?
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