
(Dott. Paolo Caruso) – Il quindici maggio ricorre il giorno dell’autonomia speciale siciliana, il settantasettesimo anniversario da quel lontano 1946 in cui si concretizzò lo Statuto autonomistico e sul quale molti tra intellettuali, meridionalisti e politici riposero grandi speranze e insieme a molti siciliani intravidero la possibilità di realizzare un grande sogno per lo sviluppo dell’isola. Questa data però non rappresenta altro che la ricorrenza di un progetto mai attuato, della mancata attuazione dello Statuto Autonomistico Siciliano. Dello Statuto del resto c’è poco da festeggiare se non in maniera retorica la storia, il patrimonio culturale, e le tradizioni, ma nulla più che possa essere vanto del parlamento più antico d’Europa, e dei politici che negli anni ne hanno calcato la scena. Infatti l’inettitudine della classe politica siciliana si specchia su tutto l’iter dei 77 anni di governo regionale, costellato di menzogne, di mistificazioni, di malaffare, e colpevolmente responsabile del mancato sviluppo economico dell’isola, una eredità pesante per le future generazioni. In questo momento di scontro politico in cui il governo nazionale approva il disegno di legge per dare al Paese l’Autonomia Differenziata con materie che vanno ad interessare tra le altre, l’istruzione, la sanità, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, il commercio con l’estero, la gestione di porti, aeroporti, le reti dei trasporti, non può che risaltare agli occhi dei cittadini quanto questa sia deprecabile per la Sicilia e per tutte le regioni del meridione d’Italia, regioni economicamente svantaggiate, prive di infrastrutture e di servizi efficienti, lontane anni luce dagli standard europei. Questa proposta voluta dal leghista Roberto Calderoli viene fermamente contestata da molti governatori, dai partiti di opposizione, e da isolate frange di parlamentari della maggioranza, sia per gli aspetti tecnici sia per i possibili effetti sociali estremamente negativi in grado di aumentare le disuguaglianze a livello interregionale e il divario tra Nord e Sud. Infatti insieme alle nuove competenze le regioni potranno trattenere il gettito fiscale che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive, una vera e occulta “secessione” delle regioni ricche che potrebbero avvalersi di molti più finanziamenti in base alla spesa storica più alta rispetto a quelle del sud dove ci sono meno risorse e quindi una spesa storica più bassa. I cosiddetti “LEP”, i livelli essenziali di prestazione, che in base alla Costituzione tutelano i diritti civili e sociali di tutti i cittadini saranno poi capaci di garantire su tutto il territorio nazionale tali necessità? Ai posteri l’ardua sentenza! Secondo i governatori di alcune regioni del nord il percorso intrapreso verso l’autonomia e verso il federalismo rappresenta una scelta di modernità e di responsabilità. Questo progetto legato all’autonomia differenziata fa emergere in tutta la sua drammaticità le condizioni economiche e strutturali profondamente depresse del Sud e della Sicilia, venendo a rappresentare la cartina tornasole delle responsabilità dei vari governi centrali succedutesi negli anni e le politiche periferiche, spesso legate in un connubio inscindibile con il sistema malavitoso e clientelare. Un vero e proprio spettacolo di inefficienza e disorganizzazione che rende evidente quanto poco credibile sia l’attuazione della Autonomia differenziata. Il senso di impotenza che si avverte di fronte il marasma delle politiche regionali fa si che la riduzione dei compiti del governo centrale e il venir meno del ruolo dello Stato nell’equa distribuzione di risorse finanziarie tese a garantire lo sviluppo socio economico dell’aree più depresse del Paese, provocheranno una vera spaccatura tra Nord e Sud. Basterebbe guardare la realtà della Sicilia, il suo abbandono totale, lo stato di degrado, priva di infrastrutture con una rete stradale e ferroviaria estremamente fragile e vetusta, con una edilizia scolastica precaria e una rete ospedaliera deficitaria. Questa ricorrenza del 15 maggio 2023 rappresenta la Sicilia (autonomista?) dei nostri governanti, di Schifani, di Cuffaro, di Lombardo, di Dell’Utri e di tanti altri che presiedono oggi le Istituzioni, l’immagine scolorita di un isola bellissima, simbolo di una terra dimenticata da una politica distante anni luce dai veri interessi dei cittadini, una casta arroccata all’interno del “Palazzo” a difesa dei tanti privilegi, una terra matrigna sfregiata nella sua anima dai continui flussi migratori di tanti giovani alla ricerca di un posto di lavoro. Oggi c’è poco da festeggiare. Il sogno svanito di uno Statuto Autonomistico autentico modello di civiltà e di progresso socioeconomico che nessun politico, nessun figlio autorevole di questa terra si è mai preoccupato di far rispettare e di garantirne in pieno i veri valori costituenti. E l’informazione sempre più servile al potere, cieca di fronte all’amenità autonomistica della Lega, resta sorda e muta dinanzi la tragedia che investirà in un prossimo futuro l’integrità del Paese.
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Caro Dott. Caruso, La leggo sempre con grande interesse. Le sue riflessioni sono le mie, e penso che se il gregge non si traforma in
una Società – Civile, consapevole, critica e appassionata, le cose ,purtroppo, andranno sempre peggio per questo bellissimo e sfortunato Paese.
Un saluto di vero cuore.
"Mi piace""Mi piace"
Ciao Luigi noto con piacere che spesso il tuo pensiero si avvicina al mio come in questo caso. Sei siciliano? Un abbraccio
"Mi piace""Mi piace"