
(Giuseppe Di Maio) – Alla fine del “Grand Siècle” (XIX sec) l’Europa aveva ¼ della popolazione mondiale e la razza bianca spadroneggiava su tutto il pianeta. Oggi il vecchio continente ne ha meno di ⅒ del totale e la sua popolazione non è bianca manco a casa propria. Questa è stata la conclusione del “Secolo breve” (XX sec), ed ora è il triste orizzonte di ciò che l’ha seguito.
Fare dei figli è una faccenda del tutto animale, eppure per l’uomo è il risultato di numerose precondizioni. Difatti, come per ogni cosa animale tradotta all’interno della nostra civiltà, anche fare figli subisce l’inevitabile disagio: una trasformazione dell’istinto originario che stravolge le leggi naturali. Il ritardo fisiologico, cioè il delais tra maturazione psichica e fisiologica che distingue la specie uomo dalle altre, è con molta probabilità l’impronta congenita della civiltà, la trascrizione nel genoma umano dell’organizzazione sociale della specie. La lotta di classe è il motore di questa struttura.
In Europa il tasso di fecondità varia da 1,1 a 1,9, molto lontano dal tasso di sostituzione (2,1). L’Italia conduce questa classifica negativa dopo che in 60 anni dal baby boom e quasi cento dal “date figli alla patria” ha visto cambiare il nucleo originale di produzione della prole, e le motivazioni procreatrici maschili e femminili. In primo luogo si è affermata ciò che passa per “emancipazione della donna” che ha allontanato l’animo femminile dalla maternità e dalle sue rinunce. Simmetricamente, il nuovo diritto di famiglia ha spento dal 1970 le ambizioni riproduttive maschili, inaugurando per maschi e femmine il rifiuto del matrimonio e dell’usuale trasmissione dello spirito. Infine, con il benessere economico si pretende di offrire al nascituro tutte le agevolazioni per crescita e formazione che hanno un costo sempre più elevato. Perciò, tra fattrici che non vogliono più esserlo, paura del matrimonio e delle sue trappole, costo economico della prole, i rari nuovi nati sono il risultato di un aspro compromesso.
Una volta i poveri erano proletari, cioè ricchi solo di prole. Oggi avere discendenti è a tal punto l’esito di uno scontro sociale, che i figli sono figli della lotta di classe. Passo nelle campagne vicine ai centri abitati del nord/est e vedo qualche fiocco azzurro o rosa grande quanto una casa: gravidanze assistite, maternità surrogate, primipare di 50 anni; ai cancelli ragazzi indiani in bici sgangherate recapitano propaganda. Lontano da qua, barconi pieni di gente assaltano una fortezza incapace di conciliazione prima che sprofondi nell’egoismo, nel sospetto, nell’ingiustizia, davanti a un monitor a cui tra poco mancherà la luce.
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Dall’Africa eravamo abituati a veder arrivare i venti caldi…
Se ne faccia una ragione la papessa, con cognato e ministri annessi.
All’inizio erano soltanto venti.
Poi sono diventati venti mila.
Fra qualche anno saranno venti milioni.
Fra qualche secolo saranno venti miliardi.
Tutti provenienti dall’Africa.
E tutti caldi.
Per riscaldare i lunghi inverni del cuore gelido della terra.
Il vignettista del fatto sarà venerato come un profeta..
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Il problema è che porteranno la loro ” cultura”. E ci potremo scordare ” diritti” e ” parità della donna”. Almeno per un bel po’. Non è facile ” integrarli” , le banlieue francesi ne sono testimonianza. Non basta la buona volontà, e del tutto legittimamente chi arriva cerca di mantenere la propria cultura, se può. E se saranno tanti, tanti, potranno.
Contenti voi…
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