
“La domenica delle salme
Non si udirono fucilate
Il gas esilarante
Presidiava le strade
La domenica delle salme
Si portò via tutti i pensieri
E le regine della tua culpa
Affollarono i parrucchieri”
(“La Domenica delle Salme”, Fabrizio De André)
(DI MASSIMO FINI – Il Fatto Quotidiano) – Stiamo riuscendo a fare una figura di palta, cosa che peraltro non ci è mai stata difficile, in Europa e davanti all’intera Europa. A luglio del 2020 l’Italia era riuscita a ottenere per il Recovery Fund – grazie al dileggiatissimo governo Conte (due), con l’aiuto determinante di Angela Merkel, che aveva messo a sedere i cosiddetti Paesi “frugali” che, non senza qualche buona ragione, diffidavano – circa 209 miliardi di cui 81,4 a fondo perduto e i restanti 127,4 in prestiti agevolati, più di qualsiasi altro Paese europeo.
Le cose si sono messe male fin dall’inizio. Probabilmente Draghi non aveva fatto bene i conti, che dovrebbe essere il suo mestiere, non conoscendo che ne abbia mai fatto un altro. Siamo stati quasi subito costretti a chiedere a Bruxelles dilazioni per i progetti che avevamo presentato e che dovevano essere eseguiti e completati entro il 2026, e anche una maggiore flessibilità perché risultava che alcuni progetti erano del tutto inattuabili e dovevano essere quindi riconvertiti. La Commissione europea si era messa sul chi va là quando aveva visto che parte dei quattrini del Recovery era destinata alla riqualificazione o al rifacimento degli stadi di calcio di Firenze e Venezia. Sulla necessità di questi lavori una domanda avremmo dovuto forse porcela noi prima degli altri, ma in Italia c’è un certo fanatismo, soprattutto da parte delle cosiddette destre, per le “grandi opere”, vedi il ponte sullo Stretto di Messina che non è compreso nel Recovery ma che Salvini ritiene inderogabile (ma che cosa abbiamo fatto di male per avere costui?), nonostante le centinaia di milioni spese per progetti sul ponte che si sono già rivelati impossibili, e urgentissimo, come se in Calabria e soprattutto in Sicilia non ci fosse la necessità di adeguare il sistema ferroviario e stradale prima di tutto il resto. Ma questi sono lavori minori, meno appetibili dalle mafie locali, in stretto legame con l’intero sistema mafioso nazionale (la Mafia propriamente detta e gli imprenditori “collusi”), mentre sulle “grandi opere” il ricavo può essere molto succulento.
In Europa non ci caga più nessuno, pur essendo l’Italia, insieme alla Germania e alla Francia, uno dei Paesi fondatori della stessa idea di Unione europea. Nella considerazione collettiva siamo stati superati anche dalla Spagna, che con il governo socialista di Sanchez ha introdotto una seppur limitata patrimoniale e ha preso importanti provvedimenti per limitare l’utero in affitto che, secondo la ministra dell’Uguaglianza Irene Montero, è un cinico sfruttamento del corpo della donna (“una violenza contro la donna” per usare le sue parole).
Nel febbraio scorso Macron e Scholz si sono incontrati a cena a Parigi con Zelensky per convincerlo ad arrivare a un accordo con la Russia. Italia non pervenuta. Recentemente in Cina, dopo Sanchez, c’è andato Macro, con una cinquantina di imprenditori al seguito, per concludere ottimi affari, attraverso il governo di Xi, in quella enorme area geografica che è diventata attraente anche per gli occidentali perché anche in Cina è arrivato il capitalismo, sia pure un capitalismo di Stato. E questa è un’occasione che abbiamo perso, perché era stato proprio il governo Conte attraverso il bistrattatissimo ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad aprire l’Italia alla “via della seta”. Naturalmente poi non se ne è fatto nulla per il niet degli Stati Uniti a cui Draghi è stato sempre appecoronato (questo è il suo vero lavoro). E ora pare che Meloni &C. vogliano addirittura disdettare gli accordi ddi Conte e Di Maio. Però lo sforzo di “Giuseppi” e “Giggino” non è stato del tutto infruttuoso, visto che i giornali cinesi affermano che tra i Paesi occidentali l’Italia è quello che va meno criticato perché ha sottoscritto “la nuova via della seta” (Belt and Road Initiative). Insomma, svillaneggiati in Europa, potremmo trovare un qualche rifugio à côté della Grande Muraglia.
Grazie Massimo, avanti.
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Così è.
Non scordiamoci però mai dei disastri perpetrati dal novello giornalaio-direttore.
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Anche solo per questo sti topi neri dovrebbero annà a casa.
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L’utero in affitto fa parte delle cose inserite nel PNRR ?
La via della seta, PNRR ?
Il titolo NON c’azzecca proprio
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Poche idee ma confuse, con il sempiterno riferimento alla sovranità nazionale di un paese che vorrebbero straccione, abitato da cuochi, camerieri e braccianti indigeni da schiavi zare, per difendere le rendite corporative degli ignoranti sfruttatori che li votano.
https://www.google.com/amp/s/www.agenzianova.com/news/tutela-interessi-nazionali-il-ministro-urso-sul-porto-di-trieste-non-ci-consegneremo-in-mano-ai-cinesi/amp/
IL disegno originale dell’accordo firmato coi cinesi prevedeva un posizionamento strategico italiano nel commercio tra Europa ed Oriente.
I porti italiani hanno perso il loro ruolo di supremazia storica, basti ricordare le repubbliche marinare, dopo la scoperta delle Americhe che portarono l’effetto collaterale di uno sviluppo delle rotte oceaniche.
Il progetto di Conte era quello di prevedere per Trieste il ruolo di hub dei traffici verso la mittleuropa, Germania in primis, erode do notevoli quote di mercato ai danni di Rotterdam e Amburgo.
Oggi le navi cargo circumnavigano l’africa invece di attraversare il canale di Suez per mancanze di decenti infrastrutture di approdo italiche.
Il paradosso è che le merci sbarcato nei due porti nordeuropei invadono il resto del continente, Italia compresa.
Lo sviluppo commerciale di Trieste, naturale canale di scambio per la Germania, non porterebbe benessere all’Italia che lo controlla?
Il peccato originale da redimere con le penitenze è che tale visione sia stata proposta da Conte, visto come il Male, mentre gli attuali e inconcludenti cialtroni farebbero del bene, ma solo a se stessi.
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