Le casalinghe disperate passano all’incasso

(Caterina Maniaci – Libero quotidiano) – Niente più casalinghe disperate. Quei tempi sono tramontati. O almeno lo si potrebbe pensare alla luce della sentenza – di cui tutti parlano – promulgata in Spagna: Ivana Moral, spagnola, 48 anni, di Velez-Malaga, dovrà essere risarcita dall’ex marito di 204.624 euro come ricompensa per i lavori domestici svolti durante i 25 anni di matrimonio. Lo ha stabilito il tribunale che ha accolto il ricorso.

Una storia non inconsueta. Ivana si sposa nel giugno 1995, in regime di separazione dei beni. D’altra parte, perché pensare a cavilli legali? Il matrimonio è qualcosa che si costruisce insieme, no? Anzi, bisogna che tutto sia concentrato sulla riuscita del marito, lui sì che deve far carriera, ha un vero istinto da imprenditore.

Quindi 25 anni a cercare di far funzionare ogni cosa, in casa, con le figlie, mentre lui diventa una sorta di star, proprietario di palestre, con una vita sociale brillante. Il tempo passa, Ivana vede crollare le sue certezze, il matrimonio non regge più. Che fare? Il divorzio, certo, ma come andare avanti? Perché Ivana si ritrova non più giovanissima, senza lavoro, senza soldi.

L’avvocato non ha dubbi: bisogna intentare una causa per chiedere un risarcimento per il lavoro domestico svolto di Ivana durante il matrimonio, in quanto svolgeva tutte le mansioni domestiche «in esclusiva» e la cura delle figlie in comune, e aiutava il marito nel lavoro senza ricevere nulla.

Non solo, ma la donna aveva anche studiato per diventare istruttrice ma non aveva ricevuto alcuno stipendio né era stata messa in regola con i contributi. La sentenza però può essere impugnata e l’ex marito ha già annunciato l’intenzione di farlo. L’uomo, guadagna più di 3.000 euro al mese e ha un patrimonio fino a 6 milioni di euro.

Oltre al risarcimento, il giudice lo ha obbligato a versarle una pensione di 500 euro per due anni. E dire che le casalinghe, per scelta o per forza, svolgono un lavoro che se fosse retribuito secondo i parametri consueti, potrebbero contare su uno stipendio mensile di circa 7 mila euro.

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4 replies

  1. Semplice: quando si decide, entrambi, che uno dei due resta a casa ad occuparsi di figli e lavori vari, l’ altro gli versa uno stipendio.
    Oppure si fa un accordo prematrimoniale (dovrebbe essere obbligatorio, in fondo il matrimonio è un contratto) in cui si rinuncia formalmente e ci si prende , poi, la responsabilità di ciò che si ha sottoscritto senza recriminare.
    Non tutte le donne vogliono “avere le palle” (ricorda niente?) e diventare manager o piuttosto (molto più di frequente) pulire i cessi altrui o crescere i figli di altri, quindi, se restano in casa, vanno pagate. Lo stato, se il coniuge guadagna poco, verserà loro quello che spenderebbe per un asilo nido oltre ad un contributo per i lavori domestrici: sempre lavoro è.
    Ci si chiede sempre più spesso “Dove sono i genitori”? Semplice, al lavoro. Ormai i figli chi li vede più? Gia a pochi mesi vengono cresciuti da altri, anzi, da “altre” (nessun maschio nei Nidi: quote azzurre?), per lo più insoddisfatte e sottopagate. La balla del “poco tempo ma ben speso”, pubblicizzata da chi vuole che le donne contribuiscano al PIL direttamente , con le medesime mansioni maschili, sta mostrando chbiaramente i propri frutti.
    Le donne non possono scegliere: solo il doppio lavoro le aspetta. E lo chiamano “realizzazione” mentre è solo una questione di soldi che non bastano mai.
    Ma fa comodo che le donne diventino uomini, mettano su “le palle”, cioè lavorino fuori casa – sottopagate – ed anche in casa, con tanto “amore”. Perchè altrimenti ci sarebbe, in un modo di uomini, tanta enfasi nei confronti dell’ “emancipazione femminile” (leggi fai il doppio lavoro)?

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  2. Sui fogliaccidi carta igienica del destrume sfascista si trovano in imbarazzo a commentare simili notizie. Pesa il peccato originale delle richieste a SB della sua ex seconda moglie Veronica Lario. Un pò la bastonavano, un pò stavano attenti a non inimicarsi i figli. L’equilibrio giornalistico di questi schiavi consapevoli.

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