Quelli che…

(Stefano Rossi) – Si apprende che la procura di Bergamo indaga contro i vertici del governo Conte2, cioè, l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana (con l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera) e ancora il presidente dell’Istituto superiore della sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell’emergenza.

E’ pur vero che il procuratore avrebbe detto che si tratta di atto dovuto e che non se la sentivano di richiedere l’archiviazione nei confronti dei parenti delle migliaia di vittime ma alcuni pennivendoli hanno già cominciato a sparare contro il Prof. Giuseppe Conte, come il Giornale che ha titoli solo per lui e perché si è materializzato non un decreto ma una bozza di decreto, quindi una minuta, a firma solo di Speranza senza quella dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Cercherò di essere breve e di ricordare un particolare fondamentale di quel periodo bruttissimo per tutti noi.

Parto dalla fine del ragionamento ricordando l’art. 414 del c.p., che così recita nella sua prima parte: ” Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione:

  • con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; ….”.

Se tutte le persone indagate venissero rinviate a giudizio sarà necessario aggiornare la lista degli imputati con un numero sterminato di magistrati, avvocati, professori universitari che hanno istigato il governo a desistere dal prendere provvedimenti emergenziali contro il Sars-covid2.

Financo alcune autorità di governi stranieri che citerò alla fine; ma andiamo per ordine.

All’indomani dei provvedimenti intrapresi dal governo Conte2, vennero firmate alcune lettere da parte di numerosi magistrati, presidenti di tribunali, avvocati, presidenti delle Camere Penali, professori universitari di materie giuridiche delle città di Aosta, Torino, Pisa, che al momento ricordo, con le quali si chiedeva in punto di diritto di revocare i provvedimenti emergenziali.

Nell’aprile 2020, la lettera di insigni giuristi di Torino così riportava: “Il Governo ha dichiarato lo “stato di emergenza”, “in conseguenza del rischio sanitario” connesso con l’insorgenza del coronavirus, con una delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. La nostra Costituzione non conosce alcuno “stato di emergenza”, prevedendo solo lo “stato di guerra” (che ex Art. 78 Cost. va deliberato dal Parlamento e dichiarato dal Presidente della Repubblica). Infatti la delibera del Consiglio dei Ministri invoca una legge ordinaria, segnatamente gli artt. 7 e 24 del D. Lgs. 2/1/2018 n. 1 (codice della protezione civile). Ma questa legge, per un verso, non contempla il caso di pandemie e, per altro verso, consente di emanare ordinanze di protezione civile in ambiti del tutto diversi da quelli oggetto delle misure qui in discussione…”.

Seguivano le firme di insigni magistrati e avvocati alcuni dei quali molto famosi.

Anche oltralpe si sono distinti per lungimiranza.

Sibeth Ndiaye era o è la portavoce di Macron, anch’essa ebbe a dire che mai la Francia avrebbe adottato le misure restrittive italiane.

Quando poi il numero dei morti aumentò anche Macron copiò le misure intraprese da Conte.

Nella denegata ipotesi che effettivamente il Prof. Conte e i suoi collaboratori sopra citati avessero mai commesso reati per non aver aperto in tempo le zone rosse nella bergamasca, allora, per logica ed equità dovranno seguire le centinaia di magistrati, avvocati, professori universitari, giornalisti, attori e tutti coloro che pubblicamente sostenevano che quelle misure non andavano intraprese perché incostituzionali quali imputati nel medesimo processo.

Vediamo che giustizia uscirà dal Tribunale di Bergamo.

2 replies

  1. Concordo con l’articolo di Rossi.
    I giornali di destra hanno trovato un altro appiglio per ampliare il loro crucifige mediatico nei confronti di Conte dopo quello attuato in campagna elettorale e mai concluso, sul reddito di cittadinanza.

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