Meloni e i 100 giorni in bilico su Colle Oppio

Come la gazzella della favola, ogni mattina quando sorge il sole, Giorgia Meloni sa che dovrà correre più veloce delle parole fuori luogo dei suoi ministri o delle proposte a capocchia dei fratellini d’Italia o delle stilettate dei cari alleati Berlusconi […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Come la gazzella della favola, ogni mattina quando sorge il sole, Giorgia Meloni sa che dovrà correre più veloce delle parole fuori luogo dei suoi ministri o delle proposte a capocchia dei fratellini d’Italia o delle stilettate dei cari alleati Berlusconi e Salvini. Nella galleria meloniana dei furori spiccano gli attacchi alzo zero sferrati da Guido Crosetto alla Bce (che ci tiene per i cordoni della borsa). O la tempistica guerra scatenata da Carlo Nordio contro l’uso delle intercettazioni da parte dei magistrati (nelle ore della cattura dell’intercettato Matteo Messina Denaro). Per non parlare della popolare proposta Cirielli per ripristinare il carcere a chi si “apparta in auto” con una prostituta (o con la fidanzata, fa lo stesso). Nei cento giorni di governo, la figura identitaria di Io sono Giorgia, donna, madre e cristiana è andata gradualmente a scolorirsi sostituita dal profilo istituzionale di una premier perfettamente a suo agio mentre è a colloquio con i grandi della Terra o quando tratta massicce forniture di gas e petrolio con algerini e libici. Quanto ai cambi di location, come appare distante da Palazzo Chigi la famosa sezione missina di Colle Oppio. A proposito della furibonda propaganda elettorale antifascista genialmente promossa dagli strateghi di Enrico Letta per sbarrare la strada alla leader della destra con i risultati che sappiamo. Una campagna talmente fuori sincrono che ormai sulle nostalgie canaglia del Benito La Russa sghignazza Fiorello (che poi fa cantare Bella Ciao al multiforme Crosetto). Liberatasi dallo stigma marcia su Roma, si ha come l’impressione che la Meloni debba ora guardarsi dalle milizie, queste sì cingolate, della marcia sulla Rai e dagli arditi pronti a occupare le meglio poltrone della sanità o di qualunque altra presidenza a disposizione. Niente a che vedere, chiariamo subito, con l’eroico combattente Matteo Bassetti, l’infettivologo che dalle colonne de LaVerità lancia alto e forte il suo grido per “liberare dal giogo della sinistra la sanità, la magistratura e la cultura dominate dal pensiero unico rosso” (segue presa dell’Alcazar). Dalla premier, decisa a resistere alle “lusinghe del potere” (come da lettera della sorella Arianna), ci aspettiamo, quando sarà, la pubblicazione del diario che avrà preso nota di tutte le suppliche recapitate a Palazzo Chigi, quasi esclusivamente da chi, prima, neppure le rispondeva al telefono. Tutta gente che soffre per la discriminazione politica subita e ora, finalmente, s’offre.

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