
(Rosaria Amato – la Repubblica) – Neanche un contratto a tempo indeterminato salva dal lavoro povero. Secondo Eurostat la percentuale dei “working poors” con un rapporto di lavoro stabile in Italia nel 2021 è passata all’8,1% del totale, dal 7,7% del 2020. Non sorprende, quindi, che la nostra quota di lavoratori dipendenti a rischio povertà sia la più alta tra i Paesi Ue, solo la Spagna ha un dato peggiore.
Considerando tutti i tipi di contratto, i lavoratori che guadagnano troppo poco per avere un tenore di vita decente, è passata in Italia dal 10,8% del 2020 all’11,7% del 2021, emerge dalle tabelle aggiornate dall’Istituto Ue di statistica. Naturalmente i working poors con contratto a termine sono molti di più (passati dal 15,4% al 21,5%): una quota simile a quella dei lavoratori part-time, considerato che quasi mai si tratta di una libera scelta.
A rischio di povertà per via degli stipendi troppo bassi sono soprattutto i giovani (15,3% della fascia di età tra i 18 e i 24 anni) e i lavoratori autonomi. Dai dati emerge che la situazione sarebbe peggiore senza gli aiuti statali, che arrivano a sostenere solo le classi di reddito più basse: le classi medie registrano così i peggioramenti maggiori.
Ora invece di sfruttamento si chiama working poors. Ne inventano una più del diavolo
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Martello, lo sfruttamento è il metodo, il “working poors” il risultato.
Poveri nonostante il lavoro. 😞
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Alza le braccia e guarda i piedi (volevo mettere una croce dietro), ora abbracciami.
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Penso che controllino tutti i giorni il dato di povertà!! Finché si mantiene sotto il 30 per cento c è vita per tutti…poi ad un certo punto però i parassiti scappano se no li fanno a pezzi mangiandoli!!
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