Lucia Annunziata: L’autonomia del giornalismo minacciata dalla politica

I governi, comodamente e molto spesso, si liberano da ogni critica giornalistica semplicemente etichettandola di essere al servizio dell’opposizione, di questa o quella causa

(LUCIA ANNUNZIATA – lastampa.it) – “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. È l’articolo 21 della nostra Costituzione, e regola uno dei diritti vitali dell’uomo: la garanzia della sua esistenza, attraverso la libertà della sua voce. Ed è una amara riflessione su quel che siamo, il fatto che il 21 è anche l’articolo meno rispettato dalle nostre democrazie in crisi. La complicata storia del dopoguerra (considero questa data che è per noi quella dell’approvazione della nostra Carta) ci indica a quale ritmo accelerato stia sparendo questo bene essenziale.

Il 3 maggio è la giornata mondiale della libertà di stampa, proclamata dall’Onu nel 1993 in omaggio alla Dichiarazione di Windhoek che stabilisce i principi sul pluralismo e la libertà di espressione. In quella data ogni anno la Ong Reporters sans frontieres pubblica un rapporto sullo stato della libertà di stampa nel mondo, il World Press Freedom Index. Nel 2022, l’Italia si è fermata al 58esimo posto. I primi sono i paesi nordici Europei, la Norvegia, la Danimarca e la Svezia; al 16esimo si trova la Germania, al 24esimo il Regno Unito e al 26esimo la Francia. Gli Stati Uniti sono ancora più in basso, al 42esimo posto. Ultima in classifica è la Corea del Nord preceduta da Eritrea e Iran. Ma l’indicatore peggiore è quello sulla tendenza – negli anni l’indice testimonia un calo costante. Nel 2021 l’Italia aveva perso 17 posizioni, ma il calo riguarda tutti i 180 Paesi, di cui il 73% presenta situazioni “molto gravi”, “difficili” o “problematiche” mentre solo otto stati, (12 nel 2021), presentano una “buona situazione” .

L’index spiega che due dinamiche differenti si muovono nel nuovo spazio informativo online globalizzato e non regolamentato. Da un lato, all’interno delle società democratiche crescono i circuiti di disinformazioni amplificati dai social media, mentre dall’altro lato i regimi dispotici controllano sempre di più i media e le piattaforme online e conducono così guerre di propaganda massicce contro i Paesi democratici. Il caso della Russia e la guerra in Ucraina è l’esempio principe di queste tendenze.

Eppure, niente di tutto questo ci mette l’animo in pace. Se le dinamiche nei paesi assolutisti si capiscono, più difficile è rispondere sul perché la libertà di stampa declini nei paesi democratici, paesi europei e Stati Uniti. La spiegazione, a mio parere, è da cercare nel meccanismo politico. L’organismo che dovrebbe assicurare questa libertà è in effetti lo stesso che tecnicamente soffre di più dei risultati di questa libertà – i governi. Un paradosso che illumina bene anche un’altra evoluzione delle democrazie occidentali: la politica dei nostri paesi – grazie anche alla potenza del nuovo spazio online- è diventata sempre più comunicazione, il racconto, la narrativa, il suo strumento. In altri termini, l’informazione è passata da essere “interfaccia” della attività della politica, a esserne inglobata. È la sua tradizionale sfera di autonomia che subisce le pressioni uguali e contrarie dei governi, e in questa pressione spesso sparisce del tutto.

Non a caso il controllo dei media direttamente da parte della politica negli ultimi 30 anni si è profondamente intrecciato con il business della politica/governi. La politicizzazione diretta dei media a fini di controllo è spesso poi divenuta anche fonte di ottimi risultati economici. È una delle forme prese dal conflitto di interesse (che si applica anche ad altri ambiti del rapporto fra politica ed economia) e non è un caso che venga definito spesso in ambito delle scienze politiche una “malattia tipica” delle democrazie occidentali.

In questa tenaglia non solo soffre la credibilità giornalistica, ma è stata vanificata l’idea stessa dell’autonomia della stampa. Per questa strada, infatti, i governi, comodamente e molto spesso, si liberano da ogni critica giornalistica semplicemente etichettandola di essere al servizio dell’opposizione, di questa o quella causa.

Non che i giornalisti siano fuori dalla politica. Ed è naturale. Nessun uomo o donna può mai presentarsi al mondo come tabula rasa. Nessuno è privo di opinioni, che sono il frutto di esperienze e memoria. Tuttavia nel giornalismo è insisto un sistema di sicurezza che fa da salvaguardia della sua credibilità: la capacità di trovare nei fatti la radici delle opinioni e non viceversa. Essendo i fatti divorati dall’enorme circuito sotto cui è caduta la verità, non è un processo facile da seguire e da affermare agli occhi della pubblica opinione. Ma rimane un solido terreno di lavoro – che è possibile dimostrare.

Non così i governi che, nel tramonto delle democrazie, si sono liberati di ogni idea di costituire la rappresentanza di tutti i cittadini, inclusi quelli che non li hanno votati. Scomparsa l’idea del bene comune, la lotta politica si è sempre più avvitata intorno agli interessi di coloro che li voteranno ancora. Come si vede, a voler definire il percorso della libertà di stampa si trova subito la fragilità dell’articolo 21. Ma alla fine questa è anche la sua forza. La libertà è , per tutti gli umani (e qui non parliamo più di informazione) una ricerca altamente individuale, che non finisce mai, perché si trova nella nostra parte più privata, la propria coscienza. Ed è in questa coscienza che ognuno di noi, incluso chi fa il giornalista, renderà alla fine conto di sé stesso.

ARTICOLO 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art. 111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

7 replies

  1. Bella faccia tosta parlare di autonomia da parte di una che dovrebbe vergognarsi a definirsi giornalista essendo da sempre appecoronata a 90 gradi davanti a chi comanda.

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  2. Annunziata me ricordo quando rompevi li cojotes ai five stars che governavano e garantivano ai programmi della RAI di parlare male a prescindere del governo mo’attaccate al tram e tira Forte.

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  3. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il loro pensiero.
    Ovviamente, non c’è scritto nessuno ha il diritto di criticare i giornalisti sinistrati, specie quelli che hanno occupato anche i sotto scala dei palazzi RAI, quindi, piaccia o no alle varie Annunziata, tutti possono criticare le panzane che loro raccontano da sempre.

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