Più che politici, peraltro quasi sempre di basso cabotaggio, i dimaiani sono una strana categoria dello spirito. Una sorta di mix tra voltagabbanismo, horror vacui, mestizia e incoerenza. Dei miseri Highlander […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano.it) – Più che politici, peraltro quasi sempre di basso cabotaggio, i dimaiani sono una strana categoria dello spirito. Una sorta di mix tra voltagabbanismo, horror vacui, mestizia e incoerenza. Dei miseri Highlander da discount: “Ne resterà soltanto Uno”. Anzi nessuno. Se gli ex 5 Stelle sono di per sé un caravanserraglio che basta da solo a mettere in discussione la sacralità del suffragio universale, i dimaiani sono oltre, come ha dimostrato il successo della gioiosa macchina da guerra dimaio-draghian-tabacciana comicamente denominata “Insieme per il futuro” (né insieme, né men che meno con qualsivoglia futuro).
Il poker d’assi tornato alla ribalta (si fa sempre per dire) in questi giorni fa tremare i polsi e ancor più fa smottare le gonadi: Di Maio, Di Stefano, Castelli, Cancelleri. Dei veri e propri supereroi, che lottano come nessuno contro loro stessi. Quello che sta meglio – parlandone da vivo – è ovviamente Luigi Di Maio. Il più scaltro, il più insondabile, il più sfuggente del lotto. Impossibile valutarlo a livello umano, perché tutti quelli che credevano di conoscerlo si sono resi conto che in confronto a lui Giano Bifronte era tutto sommato un tipo coerente.
Dopo la Waterloo delle elezioni, quel che resta di Di Maio ha brigato per mesi per ottenere un incarico di pregio. C’è riuscito, grazie al suo Draghi ma pure alla sua bravura da democristiano fuori tempo massimo di seconda fila: inviato speciale Ue per il Golfo Persico. Mica niente. Secondo Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per la politica estera, Di Maio ha “il profilo ideale”. Chissà. Magari si rivelerà davvero bravo, l’uomo tutto è fuorché impreparato e stupido. Resta però avvilente la parabola di questo ex leader 5 Stelle, nato sgrammaticato ma senz’altro incendiario e finito anzitempo azzimato, annacquato e irricevibile. Una sorta di Casini 2.0 senza più voti né consensi (nel mondo reale), che se cammina per strada rischia quasi il linciaggio: complimenti!
In compenso i suoi apostoli stanno parecchio peggio. Tipo l’ex sottosegretario agi Esteri Manlio Di Stefano. Il Foglio ha scoperto che sarebbe ora “senior advisor della Axiom Space, colosso dell’industria aerospaziale con quartier generale a Houston”. Problema: Di Stefano, nel governo Draghi, aveva le deleghe alle “questioni relative allo spazio e all’aerospazio”, e la legge Frattini sul conflitto d’interessi reputa “incompatibile” “esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati”, nei dodici mesi successivi dalla fine dell’incarico di governo. Ops. C’è poi Laura Castelli, sottosegretaria e viceministra all’Economia nei Conte I e II, che anche ai (suoi) bei tempi incarnava tutto quello che non funzionava – in termini di credibilità e competenze – nel M5S. Che fa, oggi, questa povera statista decaduta? Consulenza per le imprese, e ci sta. Ma fa pure la portavoce di Sud chiama Nord, il partito fondato dall’ex sindaco di Messina, Cateno De Luca, e questo ci sta molto meno: solidarietà. Resta poi il mitologico Giancarlo Cancelleri. Grillino della prima ora e frontman 5 Stelle in Sicilia. Non essendo stato ricandidato (aveva già fatto due mandati) da Conte, prima ha bussato alla porta di Cateno De Luca (ancora!) e poi si è gioiosamente accasato in Forza Italia. Salvatore Borsellino l’ha sfanculato, e non solo lui, ma Cancelleri ha tirato dritto: “Il partito di Berlusconi è una famiglia di valori”. Certo. I valori di Schifani. I valori di Dell’Utri. I valori perfetti per chi, in casa, ha gli specchi foderati di ghisa radioattiva.
Se il mercato ha prodotto il CANTASTORIE che 6
anche loro hanno potuto brucare in verdeggianti
pascoli, liberi, cinti e monitorati
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grande scanzo, che usa la stessa retorica che usava quando questi guitti li esaltava, come i nuovi Che Guevara.
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Checché se ne dica la folgorante carriera politica di Di Maio la sognano l’ottantotto per cento degli italioti forse anche l’ottantanove e mi tengo basso per difettto. Non dimentichiamo che non è diventato presidente del consiglio per sua scelta proprio per dare in cubo al berlusca…La verita’ è che in fondo al cuore ma anche sopra sopra siamo tutti ggiggini noi italiani e stiamo lì a scavare nonostante che il fondo lo abbiamo toccato da parecchio.
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