RESISTENZA E GUERRA – Memoria tradita. Da centro, destra e Pd paragoni tra lotta partigiana e armi a Kiev. Le sigle arcobaleno: “Discorsi pretestuosi e sbagliati”

(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – Non è solo la destra di governo a mettere in discussione la memoria condivisa del 25 Aprile, la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Nell’opinione pubblica c’è un’altra faglia, quella alimentata da chi fa coincidere la storia della resistenza italiana con quella di Kiev e infila il tema delle armi all’Ucraina nelle celebrazioni di oggi. È successo l’anno scorso, con la polemica sulle bandiere della Nato e si ripete in queste ore con una serie di messaggi trasversali. Come quello del sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago: “È una giornata in cui tutti gli Italiani, alla luce anche di quanto sta accadendo in Ucraina, si riconoscono nel dire ‘no’ alle aggressioni e alle violenze che vogliono piegare le democrazie”. O Pina Picierno del Pd: “Alla vigilia del 25 Aprile, mentre il Gruppo Wagner annuncia che non farà più prigionieri e ucciderà ogni nemico sul campo, non possiamo permetterci alcun tentennamento. I promotori del referendum contro l’invio degli aiuti a Kiev rivelano il vero intento di questa battaglia: fare da cassa di risonanza alla propaganda del Cremlino”. Altri si affidano a scelte simboliche, come il sindaco dem di Bergamo, Giorgio Gori, che festeggerà insieme ad Anatolij Fedoruk, primo cittadino di Bucha, la città ucraina teatro di terribili crimini russi. O come i radicali di +Europa, che hanno intitolato il loro corteo a Roma “contro il fascismo di Putin” e sfileranno (insieme a quel che resta del “terzo polo”) sventolando bandiere gialle e blu.
Nella composita galassia del pacifismo italiano, questa operazione di riscrittura storica viene osservata con distacco e perplessità. “Paragonare la resistenza italiana a quella ucraina è una forzatura polemica fuori luogo – sostiene Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, l’associazione dei partigiani –. Tutti i popoli di Paesi invasi hanno diritto alla resistenza e ciascuna si svolge in condizioni storiche e geografiche diverse. Non ha senso paragonare la resistenza afghana all’invasione americana, o quella irachena, con la resistenza ucraina. Perché allora paragonare la resistenza ucraina con quella italiana?”. C’è chi osserva che anche i partigiani italiani abbiano ricevuto arsenali dagli Alleati. “È vero – replica Pagliarulo –. I partigiani avevano le armi, poche, dagli Alleati che erano in guerra da anni. Non mi risulta ancora che l’Unione europea sia in guerra con la Federazione russa. Né che i partigiani avessero dagli Alleati i carri armati e l’armamento pesante”.
Secondo Walter Massa, presidente nazionale dell’Arci, le tesi di chi confronta la guerra in Ucraina con la lotta partigiana sono “storicamente pretestuose”. E aggiunge: “Per età anagrafica, faccio parte di una delle ultime generazioni che hanno avuto la fortuna di ascoltare dal vivo le testimonianze dei partigiani della Resistenza: non ne ho sentito nemmeno uno fiero di aver fatto la guerra, orgoglioso di aver dovuto uccidere un altro uomo. Anzi, erano tutti convinti che l’articolo 11 – quello per cui l’Italia la guerra la ‘ripudia’ – fosse il risultato più alto della lotta di Liberazione. Un modo per dire ‘mai più’. Gli ucraini hanno tutto il diritto alla difesa da un’invasione militare tremenda e pericolosa, ma oggi non siamo più alla sola difesa, è una guerra a tutto tondo, anche di riconquista. E mi dispiace che non ci sia la stessa sensibilità per altre guerre di resistenza che si combattono nel mondo, come quella palestinese”. Concetti ribaditi dal presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia: “C’è l’urgenza, a più di un anno dall’aggressione russa, di spingere il governo italiano e l’Europa a una vera iniziativa diplomatica per aprire uno spiraglio di trattativa per una pace duratura. L’aspirazione fondamentale dei molti cattolici che si impegnarono nella Resistenza era quella di chiudere il capitolo sanguinoso della guerra, anzi di espellere il concetto stesso di guerra dalla storia dell’umanità”.
Padre Alex Zanotelli dice di essere “scioccato”: “È una festa fondamentale per la Repubblica italiana e non possiamo permetterci divisioni, con la destra che abbiamo al governo. Gli ucraini hanno chiaramente ogni diritto di difendersi, ma dobbiamo guardarci in faccia prima di rispondere con altre armi: è da 9 anni, dai trattati di Minsk del 2014, che non abbiamo fatto altro che armare Zelensky, trasformando quel conflitto in una guerra per procura. Ma come si fa a confrontarla con la Resistenza italiana? Io la penso come Papa Francesco, corriamo verso il rischio di un’esplosione atomica”.
Vauro Senesi si affida, com’è suo mestiere, all’ironia: “Festeggiano la Resistenza con le bandiere ucraine? Magari porteranno anche qualche bandiera dei partigiani ucraini, quelli con la svastica. Ovviamente non dico che tutti gli ucraini siano nazisti, però che le armi occidentali finiscano anche ai battaglioni filonazisti è un fatto noto”. Quella in Ucraina, dice, si chiama guerra, non resistenza: “Le forze che hanno liberato l’Italia e che scrissero la Costituzione repubblicana avvertirono l’urgenza di scrivere l’articolo 11, che parla di ‘ripudio’ della guerra, un termine definitivo. Lo fecero perché quella di Liberazione fosse l’ultima delle guerre che l’Italia avrebbe dovuto vivere. Ora si vogliono festeggiare quei partigiani e quelle partigiane mentre siamo coinvolti in un’altra guerra. Mi pare addirittura blasfemo”.
Grande è stato il tributo di sangue dei partigiani sovietici in Italia.
Sono circa 500 le tombe di militari sovietici sparse nei cimiteri italiani. 👇
https://www.anpi.it/omaggio-ai-caduti-russi-la-liberta
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La resistenza vera in Ucraina l’hanno fatta gli abitanti delle oblast russofone per otto anni contro gli aguzzini Azov di Kiev .
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Cesare, non mi prende il like. 👍🏻👍🏻👍🏻
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Massì, tutto fa brodo.
Tanto chi studia più? Al massimo si…linka…
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