Memoria senza retorica

(Marcello Veneziani) – Da anni critico il monopolio della memoria e l’abuso, politico, ideologico, retorico, mediatico e perfino mercantile della Shoah. Lo faccio a viso aperto, in solitudine apparente, sopportando qualche conseguenza. Ma nella giornata della memoria vorrei stavolta parlarvi, senza ipocrisie, di due opere di Primo LeviSe questo è un uomo e La Tregua di Primo Levi. Mi hanno toccato profondamente. Ho tardato a leggerle, per il rigetto che provo quando una lettura è obbligata, da ossequiare a priori. Ma rilette al di fuori di quel cono mediatico ed enfatico acceso giorno e notte; rilette da uomo a uomo, con mente e cuore aperti, le ho trovate di struggente umanità.

Le ho lette, certo, con la mia, personale sensibilità e sono stato toccato in particolare da due cose che di solito passano in secondo piano: il suo pensiero del ritorno e la sua nostalgia della casa, dell’Italia, degli italiani.
“Mi stava nel cuore il pensiero del ritorno” scrive Levi mentre lo deportavano e passando il Brennero figurava “l’inumana gioia” del passaggio inverso, in libertà, verso l’Italia, coi “primi nomi italiani”. Un’altra volta nel lager, sentendo passare un treno e sibilare la locomotiva, Levi sogna il treno del ritorno a casa: “sentirei l’arie tiepida e odore di fieno, e potrei uscire fuori, nel sole: allora mi coricherei a terra, a baciare la terra, col viso nell’erba. E passerebbe una donna e mi chiederebbe: “Chi sei? In italiano e io le racconterei, in italiano, e lei capirebbe e mi darebbe da mangiare e da dormire”. “In italiano”, ripete, con una densità evocativa del tutto priva di retorica.

Poi ne La tregua, Levi racconta la nostalgia come “una sofferenza fragile e gentile, essenzialmente diversa, più infima, più umana delle altre pene che avevamo sostenuto fino a quel tempo: percosse, freddo, fame, terrore, destituzione, malattia. E’ un dolore limpido e pulito, ma urgente; pervade tutti i minuti della giornata, non concede altri pensieri, e spinge alle evasioni”. E la voglia di raccontare, il veleno di Auschwitz dentro le vene, quei versi memorabili: “Sognavamo nelle notti feroci/ Sogni densi e violenti/ Sognati con anima e corpo/Tornare; mangiare; raccontare”. In quei tre verbi è riassunta non solo la speranza di chi è internato nei campi (non solo nazisti) ma anche di ogni agognato ritorno: il cammino a ritroso è spinto dalla fame originaria del cibo di casa, le pietanze della madre nell’infanzia, il pane condiviso coi famigliari e i commensali (compagni da cum-panis, non compagni politici). E raccontare, perché solo dicendo, condividendo, è possibile sgravarsi da quell’immane peso. Levi parla di ritorno, non di esodo, parla di casa e d’Italia non di terra promessa.

Levi, lo ricordano in pochi era stato balilla e avanguardista, proveniva da una famiglia blandamente fascista, suo padre indossava la camicia nera, come molti ebrei che parteciparono alla marcia su Roma, furono fascisti o si sentirono soddisfatti quando nel 1931, il regime fascista firmava un concordato con la comunità israelitica, riconoscendo per la prima volta statuto giuridico alla comunità ebraica. Poi arrivò la feroce demenza delle leggi razziali e Lefi, come altri ebrei, diventa antifascista. Il suo capolavoro, Se questo è un uomo, dapprima rifiutato da Einaudi, pubblicato da de Silva, è il canto dolente di ogni uomo di ogni tempo, terra e razza. E racconta il male patito da ogni uomo. Se parla all’umanità intera non può che raccontare il male universale e non uno, esclusivo, unico, assoluto. Sconfiggi il razzismo se rispetti le differenze ma comprendi che gli ebrei sono come noi, né eletti né maledetti. E vanno riportati all’umanità, rispetto a cui non stanno né sopra né sotto, né a lato, ma dentro. Come tutti noi.

(La Gazzetta del Mezzogiorno)

11 replies

  1. Ottimo Veneziani!

    Ricordo di un libricino che lessi molti anni fa, prima ancora che iniziassi a sfruccugliare su wikipedia, quale unica mia FONTE di apprendimento, il cui solo titolo sintetizza molto bene ciò che Veneziani sviluppa in modo egregio nel suo articolo:

    “Dallo sfruttamento NEI lager allo sfruttamento DEI lager (Una messa a punto marxista sulla questione del revisionismo storico)”!

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  2. “nel 1931, il regime fascista firmava un concordato con la comunità israelitica, riconoscendo per la prima volta statuto giuridico alla comunità ebraica”

    come al solito mistifica, quel concordato fu la prima fase per la discriminazione razziale e propedeutico per le leggi razziali.
    Non c’era nessun concordato da firmare per degli ITALIANI con diversa religione, fu un modo per censirli.
    Gli italiani di origine ebraica erano poco più dell’ 1% della popolazione era veramente necessario catalogarli?
    La comunità ebraica ha ottenuto la sua emancipazione col risorgimento e l’Unità d’Italia.
    Che qualcuno abusi della Shoa per tornaconto, è il normale sfruttamento degli ipocriti profittatori, come è successo SEMPRE nei tempi chiamato anche “reducismo”.
    Questo però non significa travisare la storia o chiamarsi fuori, come ha fatto la seconda carica dello stato ieri che non è andato all’incontro in SENATO con Modiano e gli studenti sulla Shoah GIUSTIFICANDOSI: “Non volevo politicizzare il tema”.
    Non voleva dare un dispiacere ai suoi ACCOLITI.
    Veneziani dovresti anche leggere BASSANI, forse impareresti qualcosa di più normale degli italiani di religione ebraica, che erano, anche nei difetti, profondamente ITALIANI.

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    • “come al solito mistifica, quel concordato fu la prima fase per la discriminazione razziale e propedeutico per le leggi razziali.”.

      Che quel concordato fosse dettato da interessi del tutto avulsi da quello che appariva in realtà (e quali concordati, firmati da destra, sinistra, avanti e indrìo, sarebbero esenti da queste dinamiche, Metropolis?) è cosa risaputa, ma chi mistifica non è certo Veneziani, gioia!

      https://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_Settembre_07/Il-breve-concordato-tra-l-ebraismo-e-il-fascismo_02ed80ea-1785-11e3-8a00-11cf802b0067.shtml

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      • “ma chi mistifica non è certo Veneziani, gioia!”
        COSA CAMBIA CON LA RISPOSTA DI ROMANO?
        quella legge è stato un errore della borghesia ebraica, che pensava opportunisticamente di diventare una corporazione affiliata al regime, e in questo sono del tutto italiani, ma non cambia il fatto che sono stati perseguitati per la loro appartenenza, anche solo alla lontana, alla religione ebraica.
        Hanno fatto deportare persino chi si era battezzato.

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      • Ma scusa, Metropolis, cambia che quel concordato NON fu la (volontaria) prima fase per la discriminazione razziale e propedeutico per le leggi razziali, come maldestramente sostenuto da te, gioia! Ma fu dettato da altri circostanze che, anche se non dichiarate, erano di interesse comune, GIOIA!

        La dovete smettere di riscrivere la storia ad usum delphini: ci cascate solo voi, ormai, nel buco che avete scavato per gli altri.

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      • con la scusa del concordato volevano censirli.
        l’hanno chiamato concordato per assonanza con quello del Vaticano, ma l’intento era ben diverso
        questi sono fatti di cui è fatta la storia

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      • E niente (cit.), questi tirano dritti come un sì-vax qualsiasi: a nulla serve documentare.

        “Chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Dove andate? Un fiorino!”

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  3. Cit.
    “La memoria delle vittime della Shoah ci convoca all’impegno contro tutte le guerre, contro tutte le stragi, contro tutte le uccisioni.
    Ci convoca all’impegno contro il razzismo, contro la segregazione, contro la schiavitu’, contro l’oppressione che rapina e devasta, uccide e divora.
    Ci convoca all’impegno contro ogni totalitarismo, contro ogni terrorismo, contro ogni fanatismo.
    Ci convoca all’impegno contro la distruzione del mondo vivente, quest’unico mondo vivente di cui l’umanita’ intera e’ essa stessa parte e deve quindi essere amorevole custode.
    Ci convoca all’impegno contro il maschilismo che e’ la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
    Ci convoca all’impegno di contrastare la violenza con la scelta nitida e intransigente, concreta e coerente della nonviolenza.
    Ogni vittima ha il volto di Abele.
    Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita’, alla solidarieta’.
    Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
    Salvare le vite e’ il primo dovere.”

    Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”

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  4. Mi piacerebbe che , nelle scuole, oltre al Diario di Anna Frank, si facesse leggere anche “Mille gru”, di Yasunari Kawabata. Libro assai poco pubblicizzato che invito a leggere e a far leggere ai ragazzi.

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