(Massimo Gramellini – corriere.it) – In base alla famosa legge della impenetrabilità dei talk (a ogni riduzione di professore pacifista corrisponde un aumento uguale e contrario di virologo allarmista) lo stallo della guerra ha prodotto una recrudescenza immediata dell’emergenza pandemica.

Il ritorno di Crisanti, molto atteso, non ha deluso le speranze di chi, e siamo tanti, gira con la mascherina al polso per essere pronto a indossarla al primo avvistamento umano: se la situazione non precipiterà a ottobre — ha vaticinato il principe delle tenebre — è perché precipiterà già a luglio, dato che i vaccini non riescono a stare dietro alle varianti. Un Crisanti a suo modo rassicurante, in quanto identico a quello che avevamo lasciato il giorno in cui Putin invase l’Ucraina pur di farlo tacere.

Invece Pregliasco si è ripresentato con un colpo di genio. In questi mesi di forzato digiuno mediatico ha capito che, per attirare l’attenzione di un pubblico sempre meno fiducioso nel potere delle parole, era necessario ricorrere al fascino dei numeri. Così, quando a Un giorno da pecora gli hanno chiesto di definire l’ultima variante, non è ricorso alle solite perifrasi (più di un raffreddore, ma meno di un’influenza; più di un’influenza, ma meno di una scissione dei Cinque Stelle) e ha detto: «Omicron 5 è quattro volte un’influenza forte».

Perché quattro e non tre o cinque? O dodici volte un’influenza leggera? Nessuno lo sa, forse neanche lui. Ma adesso che ho un numeretto a cui aggrappare la mia ansia, mi sento già meglio.