In un articolo di qualche giorno fa (Repubblica, 21.04), ripreso poi in un’intervista alla Stampa (23. 04), Michele Serra lamenta quello che chiama “l’autogol” della sinistra italiana affetta da una “forte dose di scemenza” […]
(DI DONATELLA DI CESARE – Il Fatto Quotidiano) – In un articolo di qualche giorno fa (Repubblica, 21.04), ripreso poi in un’intervista alla Stampa (23. 04), Michele Serra lamenta quello che chiama “l’autogol” della sinistra italiana affetta da una “forte dose di scemenza”. E parla di “caciara irrispettosa e ingombrante”, di “disastro polifonico”.
In breve: questa guerra, che avrebbe dovuto mettere in difficoltà la destra degli ex amici di Putin, ha invece diviso la sinistra. Il suo punto di vista è solo apparentemente super partes, perché poi Serra indica la causa dello “sconquasso”: la sfortuna di avere troppi intellettuali, molto loquaci e onnipresenti sui giornali e nei talk show. Questa interpretazione guarda oculatamente già al futuro e avverte tra le righe che, semmai le destre dovessero prendere un bel po’ di voti alle prossime elezioni, com’è facile prevedere, la colpa andrebbe imputata non al Pd e alle sue avventate scelte militaristiche, come sembrano indicare le piazze del 25 aprile, bensì a coloro che, in questi due mesi di guerra, hanno osato parlare di pace.
Il ragionamento è davvero singolare. Ma quel che colpisce di più è che nella compattezza di giudizio viene visto un valore da salvaguardare, mentre dissenso e opposizione sono additati come un ingombro, se non un rischio. Ho sempre pensato il contrario, cioè che un dibattito è democratico perché sa ospitare voci discordanti. Il problema riguardante la sinistra è, però, se la divisione emersa in questi giorni sia casuale, temporanea, dovuta a polemiche inutili, e perciò alla fin fine superflua. Non lo credo. Nel popolo della sinistra italiana c’è una rottura profonda, che si è aggravata negli anni, e che ora appare in tutto il suo spessore e in tutta la sua serietà. È forse ormai una frattura insanabile. Anche questo è un portato della nuova guerra europea. D’altronde il tema delle armi, la pulsione bellica, il progetto di riarmo non sono minuzie e banalità.
Devo ammettere che, percependo da tempo quella rottura politica, mi sarei attesa in un frangente così delicato, un confronto aperto da parte di chi a sinistra ha responsabilità di dirigenza e di governo. Era questo il momento giusto per tentare di riannodare un rapporto con la base e con le voci degli intellettuali che la pensano diversamente. Il blocco politico-mediatico intorno al Pd (e ad altre forze affini), che ha un dominio, ma non un’egemonia, si è invece arroccato ancor più, si è ottusamente militarizzato, limitandosi ad attacchi pretestuosi e personali contro chi osi criticare – attacchi non di rado appaltati a blog anonimi sui social. Metodi staliniani per intimidire e silenziare. Dunque: né intellettuali, né popolo. Mi chiedo da che parte vogliano andare questi generali senza esercito.
Sono loro ad avere i paraocchi ideologici, non solo mentre interpretano questa guerra come uno scontro di civiltà fra democrazie e autocrazie, ma anche quando pretendono di bollare chi li critica da sinistra, le cui posizioni sarebbero autoritarie, antistoriche, sovietiche, neostaliniste, putiniste, ecc. Loro sarebbero progressisti e gli altri arretrati. L’impressione è di essere ricacciati in un orizzonte novecentesco. La conferma viene dall’uso aberrante della parola “resistenza” che, sovrapponendo due periodi storici, serve solo a legittimare l’interventismo italiano. Questo grottesco ritorno al Novecento in pieno XXI secolo, e in piena guerra europea dai contorni nucleari, è molto frustrante per me, come per tutti coloro che in questi ultimi decenni hanno seguito il dibattito europeo e internazionale tentando di ripensare criticamente concetti tradizionali, quello di “nazione” e quello di sovranità”, di elaborare nuove categorie politiche come quella di “rifugiato”, di riflettere sul tema della democrazia, che non è un insieme di procedure da esportare, ma una forma di vita indispensabile. Per non parlare delle analisi sulla violenza, dunque sulla guerra globale, ma anche sulla pace che, come insegnano le grandi voci filosofiche degli ultimi anni, non è paralisi ed equidistanza, bensì capacità di guadagnare una prospettiva altra.
Che peccato che la sinistra di potere e di governo sia così lontana dal dibattito filosofico e culturale contemporaneo, prenda come bibbia le pagine datate di Bobbio, e si identifichi acriticamente in un vecchio neoliberalismo. Non stupisce che si condanni all’afasia su grandi temi come, ad esempio, la crisi migratoria e la cittadinanza, o si riduca, come in questa guerra, alla ripetizione di slogan reazionari. Letta ha parlato di “sinistra vincente”, ma non si sa su che base. Tanto più che nessuno ha capito quali siano visione e strategia politica al di là dell’invio di armi e degli elmetti che impediscono un confronto aperto. Vanno ricercate qui le responsabilità se le destre vinceranno, e la guerra avrà effetti devastanti sulla sinistra.
LA CANCEL CULTURE E IL NEOFASCISMO- Viviana Vivarelli.
“Stiamo scivolando verso la “dittatura” economica del globalismo imperante dove i popoli non contano più niente. Il profitto è sovrano; i ricchi sono sempre più ricchi; i poveri sempre più poveri; la classe media sta degradando; i servizi dello Stato che dovrebbero garantire un minimo di qualità della vita a tutti sono sempre meno e la società dell’informazione, vittima del “pensiero unico”, si sta allontanando dai principi democratici fondativi che l’hanno resa giusta e ricca. I principi della nostra Costituzione sono diventati cosa astratta che il potere politico tende a non rispettare.”
Ma là dove tutti si conformano, scorazza il pensiero unico, il potere uniforma il mondo e la gente smette di pensare, domina solo la filosofia del cimitero.
Cancel culture: cultura della cancellazione. Si attua sui media o con una influenza perversa sull’opinione pubblica, attaccando o denigrando qualcuno per danneggiare la sua reputazione e silenziarlo. Il delitto sarebbe non conformarsi al pensiero dominante, il cosiddetto mainstream, lo stesso per cui si paga un Damilano qualsiasi con 50 milioni per dire due cazzate al giorno o si arricchisce indebitamente, dandogli spazio mediatico, un Renzi qualsiasi che non sa più in che modo dichiarare la sua vera natura, o si allevano creatori di fake come Vespa, Formigli, Giletti, la Gruber, Mentana… Ovviamente la cancel culture se ne frega della libertà di espressione che anche secondo la nostra Costituzione fa parte dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e che è fondamentale per qualsiasi libertà. Alla cultura dell’oppressione ideologica la Costituzione gli fa un baffo come dimostrano tutti i giorni i politici incollati alle sedie e i media embedded governativi. E se non è fascismo questo!!
C’è una costante nella storia, ed è che il peggio ritorna a galla, come la feccia nei tombini.
Come c’è un analfabetismo di ritorno stiamo assistendo ad un massiccio fascismo di ritorno. ALLARMI, SIAM FASCISTI! Siam tutti NEOFASCISTI.
Le vittime della punizione ‘kulturale’ possono essere professori non ossequienti al sistema, giornalisti critici o non ‘copiativi’, che vanno a cercare la realtà dei fatti, intellettuali non venduti, politici che pensano in proprio e non secondo ordini ricevuti, studiosi che si distaccano dagli imbonitori di turno…
La “cancel culture” viene attuato in vari modi: rifiutando la pubblicazione di un libro o di un film; escludendo un intellettuale o un politico dal video e magari preferendogli un criminale, un evasore, un mafioso; invitando qualcuno a un talk show col solo scopo di denigrarlo, offenderlo, ridicolizzarlo, con una intervista che è in realtà una crocifissione; licenziare un professore universitario; silenziare chiunque non sia gradito al potere facendone un San Sebastiano trafitto dalle frecce della volgarità e dell’ignoranza…
Contro la cancellazione della cultura hanno protestato intellettuali di calibro come Noam Chomsky, J.K. Rowling, Salman Rushdie, Margaret Atwood, Francis Fukuyama … Qualcuno ha fatto una brutta fine. In quanto agli svelatori dei fatti contro le menzogne del sistema basta citare Assange per tutti.
Quando andai in Russia 45 anni fa, le guide ci raccontavano la storia russa cancellando Stalin e tutta la sua era. Al suo posto: un buco nero. Stalin non era mai esistito.
Noi oggi stiamo cancellando il fascismo. Vogliono farcelo rivivere. È un restyling!
E qualcuno si sguazza, chi per interesse di poltrona, chi per vocazione caratteriale, chi per stupidità congenita.
“Farenheit 451” che manda al rogo i libri e la storia è ora.
Ma dentro la più bieca sudditanza americana della storia le degenerazioni sono la norma.
La cosiddetta patria vera della democrazia da esportare scade nel grottesco:
nel Massachusetts una scuola ha eliminato dal programma di studio l’Iliade e l’Odissea di Omero perché opere “Razziste e non inclusive”. quindi non conformi ai dogmi del progressismo liberale.
L’Università di Oxford cancella dai suoi programmi autori come Omero e Virgilio ritenuti esempi di “mascolinità tossica” (ma Achille non era gay? Basta dirlo).
L’Università di Stanford nel 1987 cassò Dante, Omero, Platone, Aristotele, Shakespeare ecc. perché “razzisti, sessisti e reazionari”.
A San Francisco sono state rimosse dalle scuole della città persino i nomi di Washington e Lincoln. Non erano abbastanza a destra?
Il Columbus day è stato contestato perché autore di un genocidio. E Bush padre e figlio allora?
Il massimo si è raggiunto al Congresso USA dove durante una preghiera un deputato ha cambiato la parola “Amen” in “Amen and Awoman” per rispettare la neutralità di genere.
Non è da meno l’Europa migliore dove i Paesi nordici hanno censurato “Alice nel paese delle meraviglie”, perché avrebbe incitato a consumare droghe.. con tutti i suoi funghetti!
Oggi è all’indice la Zeta, che compariva sui carri armati russi per indicare “Za pobedu” che sta “per la vittoria”. Altri pensano di limitare l’uso della lettera “P” che richiama il nome Putin. Ma, se cancelliamo le iniziali di tutti i dittatori, restiamo a secco di parole.
Anche le sospensioni ridicole di Facebook per chi ha usato certi vocaboli appartengono a un Medioevo oscuro, dove per una parola si rischiava il rogo. Le querele per ‘diffamazione grave’ per chi ha usato una parola non consona nel post di un sociale, punite con 4 anni di carcere, perquisizione domiciliare e sequestro del pd, rispondono allo stesso oscurantismo bieco e dittatoriale.
Speravamo che il M5S, in quanto movimento popolare antisistema portasse un vento nuovo nella distorta realtà politica italiana, la notte dove tutte le vacche sono nere (Hegel). Ma i quesiti truffaldini, la scompasa dei meet up, lo sterminio della democrazia diretta, la sordità verso le richieste popolari, l’appecorinamente sotto Draghi, la mercificazione imperante, la cacciata di chiunque manifesti un’idea contraria a quella dei due capi e ora l’espulsione di Petrocelli dal M5S per una Zeta ci dicono quanto siamo caduti in basso e come tutto si accucci sotto un fascismo sostanziale. Si punisce la libertà di pensiero comandando il pensiero unico, pena l’espulsione, e un branco di idioti mentali applaude furiosamente. Questo è il vento che tira, Ma, comunque sia, è un vento di fogna.
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MICHELE SERRA.
il 25 aprile è la festa dell’antifascismo. Il dibattito nel centrosinistra pessimo” di HuffPost
“Continuiamo a dividerci sulla sua importanza e sul significato del 25 aprile perché una parte consistente di italiani la considera una festa comunista. Facendo un grave torto alla verità storica. È la festa dell’antifascismo, che fu un fronte ampio, cattolici, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, azionisti: da quell’alleanza sarebbe poi nata la nostra Costituzione”. Lo ha detto Michele Serra in un’intervista a La Stampa. “L’antagonismo non fu tra neri e rossi, ma tra fascismo e libertà? Il 25 aprile è il giorno in cui si celebra la morte della dittatura e, implicitamente, la nascita della democrazia”. I testimoni del 25 aprile sono sempre meno e sembra che a parte degli italiani quella data importi poco. Questo non lo stupisce perché “la memoria di questo Paese non è una memoria condivisa. Non abbiamo fatto lo stesso lavoro su noi stessi che hanno fatto i tedeschi”.
“Sì, si possono comparare tutte le storie dei popoli aggrediti che si ribellano all’invasore. A patto di farlo nel massimo rispetto delle differenze storiche, che sono rilevanti. E a patto di non usare una tragedia come questa per regolare i conti, di corto respiro, della politica italiana. In questo senso ho trovato pessimo il dibattito interno al centrosinistra. Una caciara irrispettosa e ingombrante, gente con l’elmetto che accusa chi è senza elmetto di essere amico di Putin, tartufi vecchi e giovani che leggono questa guerra come una manovra subdola dell’imperialismo americano. L’effetto, quasi grottesco, è che una guerra nazionalista fatta nel nome dei valori della Tradizione, che avrebbe dovuto mettere in difficoltà soprattutto la destra sovranista, ha lacerato la sinistra. HO UN FORTE SOSPETTO. CHE NELLA SINISTRA ITALIANA CI SIA UNA FORTE DOSE DI SCEMENZA. Con noi sedicenti intellettuali al primo posto in graduatoria”.
Per chi dice che la lotta dei partigiani era diversa perché la vittoria era possibile, Mussolini stava cadendo e gli alleati in arrivo, risponde che “la lotta per la libertà è legittima sempre. Non credo proprio che chi è salito in montagna nel ’43 fosse sicuro di vincere. Aveva i tedeschi in casa e i repubblichini alla schiena. Si calcola che i partigiani morti siano stati quasi cinquantamila. Quanto alla carneficina, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e le Fosse Ardeatine non bastano? Dire che i partigiani presero le armi per godere delle comodità di una vittoria sicura è una porcheria. Chi lo dice è il tipico italianuzzo mediocre, che essendo ignobile non concepisce nobiltà. Allo stesso modo, trovo stupido e meschino giudicare la resistenza ucraina su una base di convenienza. Certo è legittimo e anche doveroso augurarsi che non ci sia una escalation, e che il conflitto non duri anni. Tifare per la pace non è un delitto, mi pare, soprattutto in considerazione del fatto che questa guerra ha già moltitudini di tifosi. Ma non so dare consigli nel merito, posso solo dire che di trattative di pace si parla sempre meno, e sempre più di armi e strategie di guerra”.
Pensa che la frattura dell’Anpi sulla questione Ucraina nasca “da uno scarso pragmatismo e da un forsennato ideologismo. Bisognerebbe discutere, tutti, su come spegnere un incendio e risparmiare vite umane, e questo sarebbe pragmatismo. Al contrario, si sono formate due tribù ideologiche, il fondamentalismo occidentale da una parte, il disprezzo per la democrazia decadente e corrotta dall’altro. Io mi sento, in tutto e per tutto, un occidentale europeo, ma esattamente per questa ragione non voglio partecipare a una faida ideologica. Dirsi occidentali ha un senso se si assume il principio del dubbio e della discussione, altrimenti diventa una caricatura speculare al fanatismo reazionario di Putin.
Se fossi parlamentare avrei votato a favore dell’incio di armi all’Ucraina, ma perdendo il sonno. Ogni escalation militare, di qualunque tipo e per qualunque causa, è un punto a favore della guerra e di chi nella guerra si sente a suo agio, per lucro o per indole umana”.
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Quindi anche don Diego de la Vega, alias Zorro , che combatteva i potenti corrotti nella California spagnola , verrà coperto d’oblio?
Oltretutto firmava le sue imprese con la Z.
Che scandalo.
Gianni
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“Che peccato che la sinistra di potere e di governo sia così lontana dal dibattito filosofico e culturale contemporaneo, prenda come bibbia le pagine datate di Bobbio”
Madonnamia, sono capaci di strumentalizzare qualsiasi frittata (o girare?): il nano malefico e macrocefalo proprio l’altra sera si faceva scudo di Bobbio per dire 3 fesserie che non riusciva a mettere in fila. Alla fine, domanda: perché non si può essere pacifisti tout court? Sì, ma…
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Si può discutere anche senza elmetto:
https://www.politicamentecorretto.com/2022/04/09/https-www-youtube-com-watchvoi5hoyjk82u/
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