(Antonello Piroso – la Verità) – Lasciatemi nel medioevo della mia infanzia, ve ne prego. Quel magico eldorado anagrafico in cui Babbo Natale era asessuato, quel piccolo mondo antico in cui le tradizioni venivano omaggiate per quello che erano, riti condivisi in cui tutti 

erano accettati e accolti. Perché se per essere alla moda, up to date, devo trovare geniale la provocazione delle Poste norvegesi, che in occasione del cinquantesimo anniversario della depenalizzazione dell’omosessualità hanno deciso di girare uno spot in cui Babbo Natale si bacia con un altro uomo (che a uno, già così, verrebbe da domandare: «Dovendo genufletterci davanti al totem della modernità, a quando una bella ammucchiata nel presepe all’ombra della stella cometa?»).Perché se per non apparire un reazionario conservatore devo gioire per l’iniziativa presa a Modena, issare in una delle piazze principali una maxistatua di Papà Noel, o di Santa Claus, fate voi, però rigorosamente in tutù.

Ecco, se per venire applaudito come contemporaneo evoluto devo dire di sì a queste, come ad altre manifestazioni del movimento di liberazione 3.0, la mia educata risposta è: grazie, ma anche no. Pronto a ripeterlo anche di fronte ad altre iniziative che finiscono con l’incenerire l’innocenza della mia giovinezza, quando le tempeste ormonali erano scatenate da donne maestre nel gioco del «vedo e non vedo», e il massimo dell’eccitazione si raggiungeva sbirciando il reggicalze che Laura Antonelli lasciava intravedere salendo su una scala nel film Malizia di Salvatore Samperi.

Perché se per non farmi appiccicare la lettera scarlatta di retrogrado oscurantista devo cadere in deliquio davanti ad Alessia Marcuzzi, persona piacevole e ironica, che su Instagram esibisce il suo privato scrigno di sex toys, «vi porto nel mio arsenale». Con Marina La Rosa, l’ex «gatta morta» – e quindi vivissima – del primo Grande Fratello, la quale interpellata:

«Che ne pensi del tabù sfatato da Marcuzzi?», ha elegantemente sghignazzato: “Ma quale tabù? Tutti noi abbiamo a casa dei sex toys. E menomale!», postando anche lei l’immagine del suo compagno di giochi. E dopo che l’ormai ex attrice Gwyneth Paltrow ha messo in vendita la candela «che profuma come la mia vagina» (sold out in poche ore, a conferma del vecchio adagio per cui la madre dei followers è sempre incinta), ebbene, di nuovo: grazie, ma anche no.

Intendiamoci: qui non si sta sindacando la libertà del singolo di organizzare il proprio Natale, la propria sessualità, l’intera sua esistenza, come caspita più gli aggrada, ci mancherebbe pure altro.

Ma non può accadere neppure che, in ossequio a una visione a senso unico della tolleranza, io arrivi a rinnegare la (o rinunciare alla) mia, d’identità: antropologica, sessuale, religiosa. Una società che abdichi ai propri valori prevalenti non è né più democratica né più «aperta», come l’avrebbe definita Karl Popper. Perché se non ci deve essere la prevaricazione del gruppo sull’individuo, non può neppure avvenire il contrario.Il tentativo è in corso.

In nome di una legittima richiesta di rispetto delle minoranze o di categorie considerate in via presuntiva più deboli (personalmente ho sempre ritenuto che il sesso caratterialmente davvero forte sia quello femminile, anche se le leve del potere sono quasi sempre in mano di uomini e ominicchi), l’esplicita rivendicazione a muso duro «così è, se vi pare» cerca di mettere la mordacchia alla maggioranza, di cui si vorrebbe conculcare il diritto di esprimere il proprio punto di vista, antagonista o indifferente che sia. Un magnifico ossimoro, a ben guardare, un paradosso nel paradosso. Perché una maggioranza ridotta al silenzio si trasforma, in concreto, in una minoranza.

Così, perseguendo ossessivamente l’inclusione (altro mantra che ha portato al lunare documento della commissione europea sull’uguaglianza ad uso dei funzionari della Ue, linee guida – poi ritirate – atte a non urtare la suscettibilità di chi non è cristiano, e che di fatto abolivano l’espressione «Buon Natale»), si tende all’esclusione dei dissidenti. Un gulag alla rovescia, a voler enfaticamente esagerare.

Quello per cui poi si prova un sempre maggiore fastidio è l’esibizionismo di ritorno di persone che ti sbattono in faccia il loro status (compresi i maschi alfa, che ci tengono a farti sapere di essersi accoppiati con centinaia di donne, riducendole a tacche da segnare sul calcio del fucile: «almeno 700», evocando una datata autocertificazione contabile di Antonio Cassano, che però sportivamente aggiungeva: «Ma ai tempi chi cuccava più di tutti era Francesco Totti», alè), senza che tu abbia avvertito alcuna necessità di avere lumi al riguardo.

Vedi da ultimo l’attrice Eliana Miglio, che, segnala il sito Dagospia, «sorprende con un libro autobiografico sul proprio disordine erotico, tra fluidità dei sensi e ambivalenza dei desideri», e vai con il coming out tendenza lesbo senza margini per l’immaginazione: «Mi tuffo dentro di lei, la sento ansimare sotto di me, vorrei fare l’amore facendole un po’ male».

Il dibattito e la critica è consentito solo tra simili, e tanti saluti alla crescita garantita dalla dialettica degli opposti, tesi-antitesi-sintesi. Gay che si confrontano con gay, donne con donne, neri con neri, perché tu bianco, tu maschio, tu etero, tu insomma «diverso» ma da sempre «privilegiato», che ne puoi sapere?

Sicché, l’altra sera quel marpione di Maurizio Costanzo ha apparecchiato una puntata del suo show con un duello tra un reduce del Grande Fratello, Tommaso Zorzi, e il mai allineato Maurizio Coruzzi in arte Platinette, con il primo a riecheggiare la cultura del piagnisteo, «Noi (gay) per anni siamo stati vittime di un sistema eterocentrico», e il secondo a rintuzzare facendo ondeggiare il parruccone: «Ma se la televisione è piena di f**ci! Quale visione eterocentrica! Basta con questo vittimismo! Siamo ovunque!».Per chiudere: pensatela come più vi garba, ma non rubateci i nostri usi e consuetudini.

La banale visione del mondo delle anime semplici: gli uomini, le donne, Babbo Natale e la Befana, il mistero del sesso e della vita. Soprattutto per i nostri figli, che avranno, si spera, tutto il tempo per scoprire che quell’anziano con la barba bianca, che dispensa doni viaggiando su una slitta trainata da renne, è una leggenda. Che quello tra il papà e la mamma, o – se preferite – tra un maschio e una femmina, non è l’unica forma di amore, fisico e spirituale, che esiste. E che i bambini non li portano le cicogne. Ma neppure una provetta.