Se qualcuno mi salva dalla galera in Egitto io lo ringrazio pubblicamente. Punto. Non è così difficile. In Italia lo è. Chi guarda le cose per quello che sono e si attiene ai fatti (e non al canone, oggi prevalente, del partito del […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Patrick Zaki dice no al volo di Stato. Slitta il rientro in Italia. Amnesty: ‘Gesto di indipendenza’”. Dai giornali

Se qualcuno mi salva dalla galera in Egitto io lo ringrazio pubblicamente. Punto. Non è così difficile. In Italia lo è. Chi guarda le cose per quello che sono e si attiene ai fatti (e non al canone, oggi prevalente, del partito del partito preso) prima di commentare l’atteggiamento del ricercatore egiziano farebbe bene, innanzitutto, ad ascoltarlo al suo rientro sul suolo italiano quando sarà. Preso atto che subito dopo la scarcerazione, conseguente la grazia concessa dal presidente egiziano Al-Sisi, Zaki ha ringraziato tra gli altri, anche i “partiti” e le “forze politiche” che “hanno chiesto il rilascio”, nonché “ il governo, il Parlamento, la presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri”. Dunque sarà quella, riteniamo, l’occasione giusta, per spiegare meglio la sua “libera scelta di coerenza con il suo ruolo di difensore dei diritti umani che per natura è indipendente dai governi”, dicono le persone a lui vicine a proposito della sua rinuncia al volo di Stato e al cerimoniale previsto. Cosa tuttavia che non dovrebbe impedirgli di ribadire il suo grazie a tutti coloro (qualcuno di più) che si sono battuti per la sua liberazione ottenendola. Poi se lo vorrà, potrà approfondire il significato della “coerenza” di cui sopra. Siamo convinti che il suo non sarà quel grazie a denti stretti che è stato in qualche modo sibilato dai partiti d’opposizione quasi che il risultato conseguito dal governo di destra fosse considerato uno smacco, o se si vuole una fortunata interferenza, su una materia, quella dei diritti umani, di cui la sinistra si ritiene unica depositaria. È così ci hanno scippato anche Zaki, mormorava un esponente piddino prima di entrare in uno studio televisivo, commento che, di per sé, non fa una grinza se letto nel contesto del partito preso. Lo stesso che ha scatenato la cagnara di “Libero” e dell’immancabile Gasparri, a colpi di “ingrato”, con l’immediata iscrizione di Patrick nel registro (a loro dire tipicamente sinistrese) del “chiagni e fotti”. È ben noto che nel novero delle battaglie perse in partenza, e perfino stucchevoli (raddrizzare le gambe ai cani, come si diceva una volta), rientra il richiamo alle idee chiare e distinte in politica come metro per valutare azioni e comportamenti di amici e avversari.

Per esempio, se pure, come scrive Marco Travaglio, il governo Meloni “si avvicina pericolosamente all’en plein della ‘cazzata’”. Se pure è un esecutivo che cerca di rottamare reati come l’abuso d’ufficio, per la gioia degli amministratori disonesti, o mette in discussione il concorso esterno alla mafia, il che è tutto dire. Se pure questa maggioranza appare quasi infastidita quando si parla di salario minimo o di Reddito di cittadinanza, quasi che le condizioni delle classi più disagiate siano una giusta punizione divina. Insomma, pur con tutto il male che possiamo dirne, se questo governo ne fa una giusta il riconoscerlo, chiaro e tondo, senza imbarazzati silenzi o cupi sospetti (chissà, è stato scritto, se ad Al-Sisi hanno dato in cambio la memoria di Giulio Regeni) non farebbe altro che accrescere la credibilità e dunque il peso delle giuste critiche? Infine, visto che risulta così complicato dirlo, lo dirò io: grazie a Giorgia Meloni per la liberazione di Patrick Zaki.