
(Domenico Affinito e Milena Gabanelli – corriere.it) – Si parla moltissimo di Mes, pochi lettori sanno cos’è, quindi partiamo dall’inizio. Mes vuol dire «Meccanismo Europeo di Stabilità», detto anche «Fondo salva stati», è stato approvato dal Consiglio europeo il 25 marzo 2011 per aiutare i Paesi dell’eurozona in difficoltà a causa della crisi finanziaria. Fortemente voluto dall’Italia (a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi) che rischiava di non essere in grado di ripagare il proprio debito pubblico dopo l’esplosione dello spread. Ci è voluto più di un anno perché entrasse in vigore, l’8 ottobre 2012, per un’iniziale contrarietà della Germania. All’epoca coinvolgeva 19 Stati che sono diventati 20 dal 1 gennaio 2023 con l’ingresso della Croazia.
Mes, la genesi
Parte tutto dalla crisi del 2007-2008, scatenata dallo scoppio della bolla immobiliare e dai mutui subprime. Nel giro di poco la crisi finanziaria riduce la liquidità delle banche e la possibilità di credito alle imprese, di conseguenza si abbatte sull’economia reale, aggredisce i debiti sovrani e la capacità di solvibilità di alcuni Stati europei. Quelli più in difficoltà sono Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna che, con la bassa inflazione di allora (in media 2,3% tra il 2000 e il 2008) non hanno sentito la necessità di fare riforme e investimenti per spronare la crescita e arginare la perdita di competitività. Nel 2008 il tasso di interesse medio sui titoli governativi a 10 anni di Italia, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna era il 10,4%, mentre quello di Francia e Germania viaggiava attorno al 4%. L’Europa cerca soluzioni per evitare che la crisi si propaghi anche alle economie sane e dà vita nel 2010 al Fondo europeo di stabilità finanziaria, rimpiazzato due anni dopo dal Mes.
Come funziona
Il Mes ha un capitale di 80,5 miliardi di euro versato dagli Stati membri in proporzione alle rispettive quote di capitale della Bce, ma è autorizzato a raccogliere oltre 700 miliardi sul mercato con apposite obbligazioni, grazie alla garanzia del capitale sottoscritto sempre dagli Stati membri. L’Italia partecipa con 14,28 miliardi versati e 125 miliardi sottoscritti a garanzia. La decisione di aiutare un Paese che ne fa richiesta viene presa all’unanimità dal Consiglio dei governatori, formato dai ministri delle Finanze dell’area Euro.
Il Consiglio può anche prendere decisioni con una maggioranza dell’85%, ma solo se è a rischio la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro. I diritti di voto sono proporzionali al capitale sottoscritto: Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15% e possono porre quindi il loro veto anche sulle decisioni urgenti. Una volta dato il via libera, il Mes corre in aiuto al Paese in difficoltà con: 1) prestiti economici, 2) acquisti di titoli di Stato, 3) linee di credito precauzionali, 4) prestiti per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Le condizioni dei prestiti variano a seconda del tipo di aiuto. Le linee di credito precauzionale non prevedono misure correttive dello Stato e sono riservate ai Paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità, non presentano eccessivi squilibri, non hanno problemi di stabilità finanziaria, ma si trovano in un momento di difficoltà. Le linee di credito a «condizionalità rafforzata» sono destinate ai Paesi in difficoltà strutturale e in questo caso è obbligatorio un programma di riforme strutturali, negoziato con il Paese che chiede l’aiuto e vigilato dalla Troika, ovvero da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale.
Chi lo ha usato
Il caso scuola è quello della Grecia. Per dieci anni, tra il 2001 e il 2010, il costante aumento della spesa pubblica, la diminuzione delle entrate fiscali e il calo di competitività gonfiano il debito greco a tal punto che Atene non è più in grado di rifinanziarlo e rischia di uscire dall’eurozona. Chiede aiuto e Bruxelles glielo concede a tre riprese 2010-2013, 2012-2014 e 2015-2018, varando il più grande pacchetto di assistenza finanziaria nella sua storia: 203,8 miliardi da restituire entro il 2060. Il 40% degli aiuti viene assorbito dal debito pubblico e il resto va ricapitalizzare le banche e ridurre i crediti deteriorati. La condizione è quella di approvare riforme per rafforzare crescita, garantire la sostenibilità fiscale; incrementare l’efficienza di pubblica amministrazione e sistema giudiziario. Che si traducono in misure durissime: riduzione dei salari del 22%, aumento dell’età pensionabile (solo il 58% dei lavoratori andava in pensione fra i 58 e i 61 anni, gli altri molto prima). Taglio di benefit e tredicesime, aumento dell’imposizione fiscale, taglio del 30% della spesa pubblica. E poi un imponente piano di privatizzazione: il porto del Pireo è ora in mani cinesi e 20 aeroporti in mani tedesche. Sta di fatto che dopo la cura da cavallo, dal 2017 la Grecia è tornata a crescere. Il Mes oggi detiene il 50% del debito pubblico greco. Fra il 2010 e 2013 anche l’Irlanda riceve 40,2 miliardi di euro per sostenere il sistema bancario colpito da gravi perdine dopo il crollo del mercato immobiliare nel 2007. Fra il 2011-2014 al Portogallo vanno 50,3 miliardi, la maggior parte a finanziare il bilancio e a ricapitalizzare le banche. La Spagna accede al Mes per 18 mesi tra il 2012 e il 2013 per 41,3 miliardi di euro per ristrutturare il settore bancario in crisi dopo lo scoppio della bolla immobiliare e la recessione economica del 2011. Cipro riceve 6,3 miliardi tra il 2013 e il 2016, per far fronte alla crisi e alle perdite finanziarie. Il Paese avvia riforme per risolvere le debolezze strutturali della propria economia, legata a quella greca, e alla fine del periodo si avvia una solida ripresa. Dal 2016 nessuno dei Paesi aderenti al Mes ha più chiesto prestiti.
L’anno della riforma
Il 27 gennaio 2021 i Paesi dell’eurozona firmano un’intesa per riformare il Mes. Previste quattro novità: 1) la verifica preliminare della capacità di ripagare il prestito; 2) un ruolo attivo del Mes nell’erogazione dell’assistenza finanziaria e nel successivo monitoraggio. 3) Diventano più stringenti i criteri per la concessione delle linee di credito precauzionali, in sostanza possono essere utilizzate solo dai Paesi con i conti a posto, ma in momentanea difficoltà. 4) Può fare da paracadute al Fondo di risoluzione unico, quello che corre in soccorso alle banche in difficoltà, per aiutarlo ad assorbire le perdite in modo che non ricadano su tutti i contribuenti. Il Fondo è alimentato dai contributi versati da tutte le banche dell’area dell’euro e, secondo un programma che andrà a pieno regime nel 2024, raggiungerà i 60 miliardi di euro. Lo scopo è proprio quello di contenere i rischi di contagio di eventuali crisi bancarie (ed evitare che i correntisti in massa vadano a ritirare i soldi). Quello che la riforma non cambia è la responsabilità della Commissione Europea nella valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi e la loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità.
Perché l’Italia non ratifica
L’intesa è firmata anche l’Italia. A Palazzo Chigi c’è Giuseppe Conte e un mese dopo arriva Mario Draghi, ma la ratifica non giungerà mai in Parlamento perché i parlamentari dei Cinque Stelle, che sono la maggioranza e da sempre contrari al Mes, fanno muro. A ottobre 2022 diventa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, quando era all’opposizione, si diceva pronta, insieme a Fratelli d’Italia, «a respingere con tutte le forze questo ennesimo tentativo di riforma di un Trattato che non fa gli interessi dell’Italia». A novembre il neo ministro leghista dell’economia Giancarlo Giorgetti, invece, assicura il sì alla riforma del Mes: «Mi attesto sulle posizioni del precedente governo di cui facevo parte». Ma passano sette mesi e non succede nulla, mentre due proposte di legge per la ratifica della riforma (a firma Pd e Italia Viva) rimangono ferme in commissione Esteri della Camera.
Meloni: la carta del Mes giocata su altri tavoli
L’Italia è l’unico fra i 20 Paesi dell’Eurozona (a gennaio è entrata anche la Croazia) a non aver ratificato le modifiche e finché non lo fa, il Mes non può diventare operativo. Bruxelles preme: le crisi bancarie negli Usa e in Svizzera hanno alzato la soglia d’allarme anche in Europa. Il tira e molla d’Italia non piace certamente alla Germani, il primo Paese che potrebbe aver fretta di chiedere l’utilizzo del Mes, visto che Deutsche Bank è esposta per 42 miliardi di prodotti finanziari quasi tutti rischiosi. La posizione del governo Meloni però non cambia: la richiesta è quella di subordinare la modifica del Mes alla revisione di altre norme europee. Nell’agenda del governo italiano, lo ha detto il ministro Giorgetti, ci sono «il completamento dell’Unione bancaria e l’Unione dei Mercati dei Capitali». La prima è il trasferimento della vigilanza sulle banche dalle autorità nazionali a quelle europee e l’Italia vorrebbe un sistema europeo di assicurazione dei depositi. La seconda la creazione di un mercato unico europeo dei capitali, superando le normative nazionali, in modo che a livello europeo si semplifichi la circolazione dei capitali. E poi, dice sempre Giorgetti, «l’Italia vuole una semplificazione della normativa europea in materia di aiuti di Stato» e anche norme più flessibili sul patto di stabilità che, dopo una sospensione di 3 anni causa pandemia, a gennaio 2024 sarà ripristinato. Il governo italiano punta rivedere le regole per gli Stati con un debito alto (e qui noi siamo i sorvegliati speciali). E sul patto di stabilità, in zona Cesarini, entra a gamba tesa la Germania: vuole che il rapporto debito-pil si riduca ridursi dell1% ogni anno. E questo crea un problema all’Italia. Una materia infiammabile che entrerà nel vivo in autunno.
dataroom@corriere.it
interessante, finalmente spiegato in parole semplici: d’ora in poi quando mi chiederanno cos’è il MES darò il link a questa pagina
notarella: hanno invertito le bandiere di Spagna e Irlanda
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notarella 2, guarda caso tutte queste rogne sono partite da là
dai gendarmi del mondo
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Riassuntino spurio sulle note del volemose bene,tranne ai 5s
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Concordo Dario,
Non è tanto la ratifica del Mes,ma le condizionalita’ legate al TPI, che rimane ancora uno strumento importante ma fumoso:quale discrezionalità della Lagarde? La stessa di Draghi con il suo
Outright Monetary Transactions che però non fu mai messo in atto?
Bastava che lo avesse detto Draghi,e i mercati seguivano buoni buoni.
Un po’ come il price cap.È bastato che Draghi l’avesse nominato e i prezzi sono scesi di brutto nel giro di qualche mese( non è plagio @Carlgen,roba tua)
La Lagarde non ha però il potere di influenza che aveva Draghi solo nel profferir parola,e cosa più importante è stata messa lì da Macron;che non è in buoni rapporti con l’armata brancaleone che sta a Roma.Pane e volpe dei “neri come la pece” .
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Esatto dopo la fine del P.E.P.P.
Lo scudo antispread è di vitale importanza.
Per il momento è sotto controllo non perché siamo bravi noi,ma perché i tedeschi stanno andando meno bene del previsto.
Il gioco della fine del mondo che doveva avvenire in questi giorni era ed è una corbelleria bella e buona,mancava l’ultima agenzia di rating.
Ma non mi sbilancio altrimenti Carlgen mi cazzia🤓😝
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👏👏😉
🤫🤫🤫🤫
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Sbilanciati pure,ci sono cose più tremendamente importanti dello spread; e oggi non è giornata per mettermi a discutere e perdere tempo con qualche RAMBO che spunta fuori con la bandiera e il coltello di plastica in mano e che,normalmente,non capisce ne Roma ne Toma( vedi superbonus).
Da adesso sono in silenzio stampa fino a data da destinarsi.
Adios.
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@Carlgen
Ormai sei da pensionare,Dario e io possiamo fare senza di te.
😆
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Mammamia Carlgen…
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💪🖤💙
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Per Vise
Vi erano già grossi posizionamenti in short sul mercato obbligazionario da luglio,non dall’altro ieri.
Il miglioramento del debito pubblico,dovuto all’inflazione cioè alle nostre tasche e non al governo Meloni,ha cambiato prospettive nei mercati internazionali.
Gli analisti hanno cambiato idea sullo scommettere contro di noi
https://www.milanofinanza.it/news/gli-shortisti-hanno-perso-un-miliardo-nella-scommessa-al-ribasso-sulle-banche-europee-202304252003394406
Stanno lasciando in pace i nostri bond,per scagliarsi indovina contro chi
https://www.financialounge.com/news/2023/04/27/gli-hedge-fund-scommettono-contro-i-bond-americani-con-un-maxi-short/
Lascio a Carl l’analisi geopolitica finanziaria
Questo per chi vede l’apocalissi tutti i giorni,per interesse politico,e per dare contro al governo della borgatara,che è “nero come la pece” e fa schifo.Ma un po’ di equilibrio no?Le tasche sono sempre le nostre
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@Dario
👏👏👏👏 ormai quasi meglio del maestro😂👎👎👎⚪️⚫️
Il nostro sistema bancario è meno traballante e avido di quello degli USA benché dipenda da loro.
Le curve dei rendimenti treasures a breve termine e i decennali si sono incrociate.Vuol dire:
Recessione sicura 99% per loro che poi si sposterà in Europa a Luglio e comunque prima di settembre.Resta da sperare che sia un tonfo con rimbalzo a breve e duri non più di un trimestre.
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Ma smettetela di pitturare sempre di nero il governo attuale per me voi siete i corvi
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