
(Andrea Zhok) – Ieri ho reagito sopra le righe ad un commento che si sforzava di vedere nel presente sfacelo democratico, nella costante crescita dell’astensionismo, una prospettiva in qualche modo di speranza, secondo la logica per cui ad un certo punto si raggiungerà un limite oltre al quale le cose dovranno cambiare. Ora, restando alle contingenze correnti, non metto in dubbio che in Lombardia e Lazio la reazione giusta sia stata quella di andare fuori porta. Se nessuno è votabile non si vota, ed è giusto così.
Tuttavia credo sia molto pericolosa l’immagine per cui di catastrofe in catastrofe, di arretramento in arretramento, di sconfitta in sconfitta, si arriverà ad un punto in cui la baracca non potrà reggere e verrà il momento della rivincita.
Si tratta di un trabocchetto mentale, di un’illusione che sento ripetere da quando ho consapevolezza politica. Quarant’anni fa sembrava impossibile superare il cinismo politico di Andreotti, e la sfacciata arroganza di Craxi; ad un certo punto l’intero “ancien regime” della Prima Repubblica sembrava una compagine maleodorante e in via di decomposizione, rispetto a cui qualunque soluzione non poteva che essere migliorativa.
E allora vennero le uscite sbracate di Bossi che vendevano per genuinità popolare la pura e semplice grettezza, con a fianco il cabaret politico di Berlusconi, concentrato senza infingimenti nella cura degli affari propri. E ci scoprimmo a rimpiangere Andreotti e Craxi rispetto all'”avvento della società civile” in politica.
Al deperire del vigore politico dei “padri della Seconda Repubblica” (Bossi e Berlusconi appunto), abbiamo pensato che dalla pochezza della “società civile in politica” ci avrebbero salvato i “tecnici” o i “giovani”, e così abbiamo visto emergere i Monti, i Renzi, i Draghi, in un interminabile processo decompositivo. E di nuovo ci siamo trovati a dire che dopo tutto Bossi e Berlusconi così male non potevano esser stati.
Mentre ad un ceto politico sciatto ne succedeva uno più sciatto, ad uno autoreferenziale uno ancora più autoreferenziale, mentre l’intera classe politica diventava sempre più fortemente dipendente da cordate di finanziatori esteri, tutto quello che ancora aveva retto del paese, dalla scuola, all’università, ai servizi pubblici, ai teatri, alla sanità, al diritto del lavoro, ecc. veniva portato al macero, pezzo per pezzo, anno dopo anno.
E tutto ciò che è perduto non viene più recuperato, perché la memoria delle persone si perde, mentre i giornalisti à la carte ne cancellano le tracce residue, ed ogni nuova generazione si adegua ad un nuovo standard, sempre più infimo, dove l’arbitrio, il caos, l’ingiustizia, le ragioni ridotte a mode, lo sfacelo culturale – gabellato come “modernizzazione” e “rottura degli schemi” – continua ad approfondirsi scoprendo sempre nuovi abissi.
La verità è che non ci si deve illudere mai che, ad un certo punto, toccato il fondo, “non si possa che risalire”. Questa metafora del “cadere e rialzarsi” è fuorviante.
La metafora più appropriata per un organismo sociale è quella di una malattia, una malattia che procede estendendosi, aggravandosi, indebolendo l’organismo, affaticandolo, bloccandone le funzioni, riducendone le difese, assopendone la coscienza e la capacità di reagire.
Inizialmente, per un organismo sano, reagire ripristinando un certo ordine funzionale non è difficile. Ma più il tempo passa senza reazioni degne di nota e più l’organismo si indebolisce, più le armi a sua disposizione per difendersi dal caos che lo invade si riducono.
Alla fine del processo non ci aspetta nessun solido terreno su cui poggiare per rimettersi in piedi, ma solo una lunga agonia prima della dissoluzione.
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Ostrica,
Quindi c’è arrivato anche il filosofo a capire che la logica del “tanto peggio- tanto meglio” porta all’urna cineraria?
Ora che ne ha finalmente preso atto, vediamo se ci illumina sul da farsi alla luce di questa mirabolante scoperta.
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Lo fa da anni. Volpino
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Sei un fan che conosce tutta sua opera e che non si è mai accorto che mancava il tassello aggiunto ieri, intelligentone?
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Riuscite a capire quando è finita??
Non è finita? È una splendida notizia.
La mensola si apre da sola, e dalla credenza esce volando come per incanto stok 84… brindiamo.
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Diciamo che, dopo aver per anni toccato con mano che sui fondamentali – le cose che realmente contano nella vita concreta, qui ed ora, della maggioiranza dei cittadini – tutti sono uguali, non trovano imput per sostituire Fonatna con la Moratti o il protegee di Sala Majorino e neppure Zingaretti con Rocca (tanto il pattume starà sempre lì e la stazione Termini rimarrà off limits causa … “balordi” ).
Insomma, stufi di sottostare al gioco delle tre carte solo per i conti della serva.
La “folosofia” è tutta qui: abbandono per getto della spugna… Non ce la fanno più.
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Mah, non sono d’accordo. Se Zock avesse ragione, la storia non sarebbe che un continuo peggioramento, invece con la degenerazione dell’Impero romano è crollato l’impero, dopo la decadenza della monarchia francese c’è stata la rivoluzione francese, dopo il Medioevo è sbocciato il Rnascimento. Dal letame a volte nascono rose.
Io sono fiduciosa. Continuo a credere nella sinusoide che, quando è arrivata al suo punto minimo, risale.
Del resto come direbbe Pascal, non puoi dimostrare che la tua speranza sia fondata ma tra vivere con la speranza o senza c’è una profonda differenza che può migliorare o peggiorare la tua vita.
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Beh, magari dopo il “crollo” dell’ Impero Romano, nonostante gli sforzi degli storici nostrani per “sdoganare” il Medio Evo ( periodo lunghissimo, multiforme, diverso da Paese a Paese ) il nostro Paese letteralmente crollò. La demografia Romana è più che esauriente: da più di un milione di cittadini a… 30.000. Anche la qualità l’ arte e la cultura in genere ( basta dare un’ occhiata alla qualità dei ritratti degli artisti romani e a quelli di… mille anni dopo…) crollarono assieme alla aspettativa di vita. E per trovare un altro Orazio…
Insomma, l’ importante, in quegli anni ( secoli) sarebbe stato non essere lì: nelle ricostruzioni postume anche le pietre luccicano…
https://www.alamy.it/foto-immagine-ritratto-romano-la-pittura-di-terenzio-neo-e-sua-moglie-pompei-italia-artista-sconosciuto-28010975.html?imageid=41EA2D0A-9B18-447B-A3FE-D8B5CE4E28DB&p=854802&pn=1&searchId=6f2f9ca44681c1d8c1aab9e2a85c3186&searchtype=0
https://lh3.googleusercontent.com/kRtUGyuAJm4ftzvwmDsHQPcRak28jO-CTmzBWBefmPbQUNSCSaZBcj89DgjTcsSy-wZI1waCR1xY7-FIHkkksIqw6-grtjRIK99rWDpVpeb9wGIaxXPNrbawJlp5JHFvalaxFrFFHw=w2400
Gli intellettuali fuggivano dal nostro Paese allo sbando. Rutilio era uno di loro. Putroppo la furia cristiana ci ha privato di molti documenti, ed ha distrutto moltissimo del passato che c’era. Tipico dei nuovi… “barbari”, una storia che sempre si ripete.
Il testo, leggermente diverso, è ancora meglio.
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“Putroppo la furia cristiana ci ha privato di molti documenti, ed ha distrutto moltissimo del passato che c’era. Tipico dei nuovi… “barbari”, una storia che sempre si ripete…”.
Se questa “furia” dei cristiani si può intendere, anche e soprattutto, in senso lato, quella dei romani che facevano sbranare, non esclusivamente, i primi dalle belve, cosa sarebbe stata?
A parte questi fatti contingenti che, ad onta della gravità e persino “cruenza” (si parla tanto in merito, ma anche a sproposito, delle azioni cruente dei Parabalani… ) non sono affatto di primaria importanza, queste “furie” sono le legittime azioni da parte di chi rappresenta la nuova Tradizione, in sostituzione di quella morente. Resta il fatto, per chi sa cosa significhi una Tradizione sacra, che la perdita di alcuni documenti, non è mai cosa così grave se paragonata alla situazione di barbarie in cui cadrebbe quella parte di umanità lasciata a se stessa.
A tal proposito, e se non ho equivocato, i cristiani non rappresentavano i “nuovi barbari”, come tu sbrigativamente affermi, ma i “nuovi CIVILI”, se così ci si può esprimere, anche perché, all’epoca, c’erano i barbari originali che incarnavano la funzione – per usare un termine vedantico – “shivaica”, nei confronti dell’Impero romano.
Inoltre, la storia non si ripete affatto, “…perché, checché ne possa pensare qualcuno… nel mondo esistono cose analoghe ma non identiche… si tratta unicamente di una forma di quell’errore che fa dire volgarmente che «la storia si ripete», e che implica un’ignoranza completa di quelle che [sono le] determinazioni qualitative del tempo.”!
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@Carolina
Grazie per il film. Sulla sdoganamento del Medioevo penso che ti sia presa delle libertà d’interpretazione un po’ eccessive. Mi vengono in mente i Longobardi, insediatisi nel nostro Paese con la loro cultura politica e artistica, subito dopo la fine dell’impero romano; Benedetto con i suoi monasteri e le abbazie, tra queste la piccola ma potentissima Farfa, un gioiello tuttora, custodi della cultura precedente e antica; Federico II e il suo amore per l’arte e la bellezza; Ruggero D’Altavilla e il suo splendido, meraviglioso Duomo di Cefalù; Dante e Boccaccio; Cimabue e Giotto e infinitamente altro e altri prima e dopo di loro. Sicuramente inframezzato da orribili guerre, stragi e devastazioni, ma basta pensare a quel che è successo nel secolo scorso e a quello che sta succedendo nel mondo ora per rendersi conto dell’inevitabilità della presenza del male nelle cose umane. Scusa, non amo essere prolisso ma ho scorto una superficialità che non condivido
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LINGUAGGI- Viviana Vivarelli.
Dopo il linguaggio naturale e quello culturale, abbiamo il linguaggio formalizzato (la logica, la matematica…), il quale tuttavia è povero sull’invenzione, l’immaginazione, la creazione e può solo classificare in sequenze conoscitive ciò che sappiamo creando insiemi ordinati e coesi (il ragno di Bacone).
Il linguaggio ordinario è meno preciso di quello formalizzato ma, proprio perdendo questo limite, è più ampio e creativo, più duttile e aperto, più innovatore e inventore del nuovo. Proprio perché indefinito permette una descrizione maggiore della realtà, soprattutto quando diventa indicativo dell’infinito, del non classificabile, dell’universale… si veda il simbolo, la metafora, la poesia, il mito.
Il sacro non può appartenere al linguaggio formalizzato, sfugge alla logica e alla scienza e non può appartenere al mondo culturale che ne fa uno stereotipo rigido perdendone l’anima, deve perciò appartenere al linguaggio poetico.
“Noi siamo aperti dalle parole, rinchiusi nelle parole; aperti sugli altri, chiusi agli altri (menzogna, errore); aperti sulle idee, chiusi sulle idee… Siamo chiusi a ciò che ci apre e aperti a ciò che ci chiude” (Paradosso conoscitivo di Morin).
La teoria si fa mistica quando vuole ridurre tutto a sé stessa ponendosi come rivelazione d’universo, si fa dogmatica quando tenta di usarsi come potere sul mondo. Il sacro era un tempo riferibile a Dio o a chi si presentava come suo rappresentante, oggi, come dogma, è riferito al potere, a chi lo esercita e ai modi di pensiero che questi impone al mondo.
La mente umana ha bisogno di certezze come il corpo di cibo. Le idee perciò tendono ad uscire da ogni relativismo per cristallizzarsi comunque in super-universi (reificazione); questo processo è sempre stato usato dai centri di potere, chiese o reggitori di Stato, ed è usato anche oggi da chi gestisce ideologie politiche, economiche, morali e religiose.
L’idea posta come dogma diventa assoluta, una realtà fantasmatica non più criticabile, che in modo allucinatorio si sottrae a ogni verifica. In vista di tali super-universi la logica vacilla. Spesso anche la coscienza. La parola si fa strumentale e diventa comando ipnotico ripetitivo che fissa slogan in sé vacui, che un minimo di senso critico riconoscerebbe privi di effettualità.
Facilmente critichiamo i super-universi ideali quando sono personali, difficilmente quando sono collettivi. Qui il senso di follia, amoralità e pericolosità mancano. Si veda il culto della guerra come attività politica o l’aggressione permanente come necessità economica, o la persistenza dell’idea di democrazia quando la sua sostanza viene costantemente negata. La parvenza della cosa sostituisce la cosa, l’idea cozza con la realtà ma le viene preferita, l’allucinazione sovrasta i fatti concreti. L’uomo è prigioniero di un sogno, solo che non è il suo sogno, ma quello che altri hanno voluto che sognasse.
Nel mondo attuale la sacralità passa dall’idea totemica di Dio alla realtà ideologica in senso lato che viene assunta come realtà totale. L’uomo annega nel contesto ma il contesto è una costruzione artificiale utile a qualcuno altro.
Il pensiero è condizionato in modo non molto diverso dall’uomo-sciame. La famosa soggettività dell’uomo moderno scompare nella massificazione mercantile.
Prim’ancora che la scienza nascesse, Bacone capì che essa avrebbe condizionato il mondo, ma oggi è scienza anche raccontare la politica, la guerra, l’economia, la religione secondo miti non dissimili da quelli antichi, miti di condizionamento linguistico che formano il condizionamento sociale. L’induzione linguistica è una induzione neuronale e costruisce automi.
Curioso che uno dei fenomeni che la scienza dice di trovare meno scientifici sia l’ipnosi, visto che la scienza della comunicazione è una vera e propria strutturazione ipnotica del pensiero collettivo.
Un tempo la scienza aveva una premessa filosofica (Aristotele, Cartesio) oggi essa ha una premessa propagandistica. Il far credere è ormai più importante del cercare. Trovare la verità è molto meno importante che vendere una qualche opinione come verità. Dalla scienza retorica dei sofisti alle moderne tecniche pubblicitarie, ormai identiche dalla politica alla scienza alla religione.
Il marketing unico dio.
Paradossale chiamare sacro il marketing, ma realissimo.
Consacrare, esecrare, dissacrare.
“Sacro” dalla radice indoeuropea Sac, o Sag, o Sak =stare attaccato, essere avvinto a, aderire… a qualcosa che si ritiene ontologicamente superiore (nel Riveda: Sap-ati= adorare e servire una divinità). La divinità può essere anche infernale =esecrare. Si può dunque adorare il meglio o il peggio dell’universo. Il mercato, appunto.
Questo se ci si limita alla suggestione. Se si vuole, invece, travalicare la forma della sacralità per raggiungere le radici del divino “in sé”, la faccenda si fa ben più difficile.
Se non siamo in grado di individuare il nostro bene per ciò che concerne le nostre attività materiali di sopravvivenza quotidiana, a maggior ragione saremo totalmente sprovveduti a cercare ciò che serve alla nostra sopravvivenza spirituale. Come ci tradiscono i sensi, ci lascia a terra la mente.
Capziosamente gli esperti dividono il razionale dall’irrazionale e mettono il sacro nel mondo dell’inspiegabile, ma ormai la scienza che far credere un certo ordine di realtà vince sulla scienza che cerca la vera realtà.
Il pensiero, diceva Bacone, può essere influenzato dagli idoli della tribù (cioè dai principi-valori del contesto culturale sociale), dagli idoli della caverna (quelli dell’educazione), da quelli del foro (che nascono dalle illusioni del linguaggio), e da quelli del teatro (tradizioni che si succedono sulla scena storica). Gli mancavano gli “idoli del mercato”. E noi ci siamo dentro.
Averci ingannato facendoci credere che il mercato fosse una scienza e averne fatto una religione è il massimo inganno del nostro tempo.
Se la conoscenza vuol essere scienza deve emanciparsi dalle suggestioni. Bacone vede l’imprinting culturale, familiare, sociale che ognuno di noi si porta addosso. Esso ci conforma, è il timbro o sigillo che famiglia, scuola, cultura, ambiente ci impongono, un insieme di credenze che si imprime cerebralmente fin dalla prima infanzia, creando sinapsi fisse, iscrizioni primigenie che segnano il nostro modo di pensare e di agire.
L’imprinting condiziona addirittura il modo con cui usiamo i sensi, persino la vista: siamo culturalmente ipnotizzati fin dall’infanzia.
Oggi il mercato usa questi meccanismi per l’avidità di una ristretta cerchia di persone che hanno creato un mondo a loro immagine e somiglianza, dove al loro crescente potere corrisponde specularmene il crescente non potere di tutti gli altri. Questa schiavitù viene sacralizzata nel mercato, il nuovo totem non sindacabile, non abbattibile, non discutibile.
I fenomeni di massa più eclatanti mostrano come i sensi fisici o psichici abbiano creduto veri indifferentemente miraggi come la madonna di Fatima, il comunismo, i progressi del neoliberismo, la democrazia della guerra o il carisma dei nuovi uomini della Provvidenza.
In un modo o nell’altro, il Sacro avanza e ci governa.
Al di fuori del Sacro utilitaristico materializzato, continua a esistere, sempre più lontano e inafferrabile il Sacro personale che l’uomo oggetto ha perso col suo spirito.
Ma qui si entra in un tipo di comunicazione che è ben più ardua di quella umana,
Comunicare non è monologare, viene da “communis”, mettere in comune qualcosa con qualcuno, condividere, entrare in relazione con… La modernità ha trasformato l’attivo comunicare nel passivo ascoltare e nel disumano subire.
Per comunicare occorre: ascoltare, avere qualcosa da dire, sapere a chi la diciamo e perché, rispettare noi stessi e l’altro, crescere insieme a lui. La comunicazione non può che essere dialettica dove testi e antitesi confluiscono in una sintesi di arricchimento cognitivo.
Nella contesa politica, economica o religiosa non abbiamo comunicazione ma lotta, uno vuole superare l’altro, i due non si contattano per cercare una verità che superi entrambi, ma perché uno vuole schiacciare l’altro in una lotta egemonica, dove la costruttività del due cessa di esistere. Là dove si prevarica non c’è relazione umana ma oggettualità di tutti i soggetti. Nella lotta egemonica le parole cessano di essere strumenti di comunicazione per diventare armi, intrinsecamente sterili, che non generano vita ma sopraffazione. Cambiato lo scopo, scompare la comunione, non si genera verità, si genera morte.
Le parole non sono più significanti, si disidentificano. L’uomo non ascolta più la propria verità e impone all’altro la propria sovrastruttura dogmatica; negando verità a sé stesso nega verità all’altro e prostituisce la relazione. Non siamo più nel rapporto tra persone ma tra pietre.
Il sacro è la premessa di qualunque comunicazione autentica, perché premette il rispetto per sé stessi come strumento di verità e dell’altro con pari diritto.
Se non si ascolta ciò che sta prima del nostro condizionamento umano e non si parte da questo, si trasmetteranno solo condizionamenti.
“La religione è l’oppio dei popoli!” Chiedono a un soldato dell’Armata Russa: “Cos’è l’oppio?” “È una medicina, che fa bene”. Un condizionamento si incontra con un altro. Le parole sono defraudate del loro senso. Si parlano senza capirsi, perché nemmeno chi le parla le capisce. Si incontrano due stati di ignoranza.
Se le parole non riprendono il loro significato originario, se non si fanno portatrici di realtà vera, navigheremo nell’equivoco, in mondi virtuali di insensatezze. O, peggio, viaggeremo sotto l’influsso di input suggestivi fuorvianti.
La parola è oggi l’oppio dei popoli. Siamo ubriacati di parole vuote che risuonano come comandi ipnotici e abbiamo perso di vista ogni significato originario: Dio, vita, popolo, democrazia, progresso, pace, famiglia… Non sappiamo più cosa significhino ma continuiamo a batterci per delle vacuità.
“Nella nostra follia abbiamo separato anima e corpo, per sostituirli con un realismo che è volgarità, e con un idealismo che è puro vuoto” (Oscar Wilde).
La rottura tra segno e significato è la prima crisi del mondo moderno. Le chiese religiose, economiche, politiche e commerciali ci prosperano.
Nel mondo antico la parola evocava una molteplicità di significati pregnanti che riempivano di valore l’anima, erano radici di vita. Oggi la parola è uno strumento di mercato, fittizio, che svuota l’anima. Nasce già come segno falso e falsificante. La sua evocazione riduce l’uomo all’oggetto, non lo apre al Dio. La parola si è materializzata. Evoca mondi sterili e non appaganti per una transazione finanziaria. Non ha come fine la dilatazione nel divino ma la restrizione nell’arricchimento. Non vuole più la relazione tra uomo e uomo ma tra capitale e cosa. Se l’uomo è mercificato a cosa, l’anima muore.
La prima regola per comunicare è trattare prudenzialmente le parole abusate, maneggiandole con cura, rompendo i condizionamenti strutturali e accettando la relatività di ciò che sappiamo e l’infinità di ciò che non sappiamo. Occorre far rinascere le parole, ma prima di essi occorre far rinascere la vita di cui le parole sono solo segni.
Se l’uomo non esce dal condizionamento, dalla sua presunzione di sapere indotta da fuori, non comunica né evolve, impara solo delle tecniche, scade in operazioni materiali che lo oggettificano e lo automatizzano. Diventa uno zombi, produttore di cose morte.
Il dogmatico è in questa situazione e non fa differenza che lo sia per diffondere un dio o conquistare un mercato. Scambierà le idee che subisce per se stesso e vivrà la sua vita non come protagonista ma come strumento.
Se non ci liberiamo da questi condizionamenti non acquisiremo consapevolezza.
Il progressivo alla fine non è nell’imposizione di un’idea, ma nella ricerca di una verità dando per scontato che essa è infinita.
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ABBIAMO BISOGNO DI UN NUOVO MODO DI PENSARE CHE CREI UN MONDO NUOVO- Viviana Vivarelli.
Abbiamo bisogno di un pensiero ‘laterale’
Il pensiero laterale è un modo per liberare la nostra creatività.
Ci sono modi storicamente determinati per organizzare l’esperienza. Il pensiero laterale o innovativo o creativo li supera.
Il pensiero verticale o ordinario è quello che scorre da vie neuronali culturalmente predisposte, come l’acqua che scende dai fianchi di una montagna e si raccoglie nelle vene incise o negli avvallamenti, ciò è il pensiero che scorre nelle vie probabili, di massa, indotte, mediatiche, quello indotto dal mainstream, dal sistema ufficiale.
Il pensiero laterale invece è giovane e originario, scopre percorsi nuovi, rompe gli schemi e le formalizzazioni collettive, e in ciò non ha limite, abbraccia un campo di azione più vasto, rompe le vie obbligate, esonda dagli argini.
Il pensiero verticale obbedisce al procedimento, segue la moda, si allinea al costume, segue il pregiudizio, è massificato, approva ciò che tutti approvano, richiede fonti di direzione; quello laterale crea il procedimento strada facendo, inventa neologismi, supera la materia, se ne frega del dissensom trasgreisce le vie obbligate.
Il pensiero sistemico infine deve sorreggere tanto il pensiero ordinario che quello laterale come capacità di vedere gli interi, le connessioni e le trame, come tendenza a risalire dalla parte al tutto. Ovviamente meno si è calati nel dettaglio del pensiero conformato, meno si riesce ad avere pensiero sistemico.
L’uomo-massam, omologato e conformato, non è capace di pensiero laterale e tanto meno sistemico, ma ci dovrebbe essere un esercizio continuo di queste due forme di uso della mente per stimolazione delle fonti culturali, solo che ciò che scambiamo per centri formativo (scuola, chiesa, tv..) solitamente è un punto di diffusione di pensiero standardizzato e non libero.
Più il potere esige pensiero conformato, più è assoluto e dogmatico, nemico dell’evoluzione e del cambiamento, ripetitivo nei segni verbali, negli schemi mentali, nella coercizione ossessiva degli slogan, nei preconcetti e dunque produttore di servilismo, impotenza, appiattimento.
La piramide di Maslow dice che nessun bisogno può manifestarsi se non sono stati soddisfatti i bisogni inferiori. L’ordine dei bisogni umani è: sopravvivenza \ sicurezza\ appartenenza \ potere \autorealizzazione.
La realtà italiana degli ultimi decenni sta tra potere e autorealizzazione da una parte e omologazione e non potere dall’altra.
Maslow studia i bisogni capaci di generare domanda ma non i sogni liberi, sempre che questi possano essere ancora sognati.
I regni del potere sono i regni delle 4 P: Potere, Prevaricazione, Possesso, Proprietà.
I regni dell’autorealizzazione sono quelli delle 4 A: Attenzione, Ascolto, Apertura, Amore.
Basta guardare il potere politico, quello produttivo e commerciale, quello clericale.
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Mamma mia che polpettone, senza menzionare i cinquestalle che hanno condizionato la politica italiana negli ultimi dieci anni, in molto peggio, gniente?
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Domenico, sul polpettone la penso come te, purtroppo ho un pensiero lungo e per questo non sostenibile
ma sui 5 stelle spero solo che tu non parli sul serio
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Purtroppo lo so che da un periodo storico brutto si può cadere in uno peggiore, ma il mio discorso tendeva solo a dire che ogni sistema politico umano prima o poi crolla. E crollerà anche il neoliberismo.
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Quando mi scappano post insostenibili, e purtroppo ogni tanto mi scappano, amerei tanto che Infosannio prevdesse anche un ‘modfica’ o ‘cancella’, ma purtroppo non c’è, come manca la possibilità di postare una vignetta mentre esiste, non sempre, quella di postare un video.
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@Fos 13.48
Certamente, come ho detto, il periodo storico che consideriamo Medio Evo è lungo e multiforme. Certamente nel corso dei secoli le cose nel nostro Paese sono cambiate, i cosiddetti Barbari provenivano da varie parti dell’ Europa dell’Est ed avevano anche loro abilità, soprattutto nella lavorazione dei metalli. Ma al momento furono tremendi il crollo della popolazione, la frammentazione del territorio, l’ insicurezza degli spostamenti, la sostanziale distruzione di monumenti e opere pubbliche, la dispersione di ogni tipo di testi filosofici , scientifici, letterari ( abbiamo potuto recuperarli solo in parte più tardi attraverso gli Arabi) da parte soprattutto della sostituzione culturale ( e non solo) capillarmente attuata dai cristiani ( una per tutte la distruzione della Biblioteca di Alessandria); la fine, per secoli, di ogni know how ingegneristico e artistico nei quali i Romani eccellevano. Non risultano grandi opere pubbliche nei secoli appena seguenti al crollo dell’impero.
Insomma, brutto periodo per viverci.
Certo, storicamente, si cerca fior da fiore e si trovano eccellenze dovunque, ma la vita dei comuni cittadini di quei primi secoli non è certo cambiata in meglio.
L’arte poi… il nostro Rinascimento ha ricevuto una grande accelerazione dalla riscoperta dell’arte greca e romana: ben sappiamo quanto ad es. un Michelangelo sia debitore, per la sua arte, al ritrovamento di manufatti greci e romani .
I periodi di grande sviluppo sono spesso seguiti da altrettanti periodi di buio. Generalmente da parte di calamità naturali o più spesso di invasioni di popoli che portano razzia e distruzione.
Poi le cose prendono una piega migliore, i popoli si fondono ( ma non sempre…) creando nuove opportunità, ma ce ne rendiamo conto solo noi, secoli dopo…
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