I sospetti dei 5S: “Vogliono metterci sotto pressione”

La prima lettura è intrisa di sospetto: “Vogliono metterci sotto pressione”. Così, a caldo, Giuseppe Conte e i vicepresidenti del Movimento interpretano la salita al Colle di Mario Draghi. Riuniti nella sede in via di Campo Marzio, la valutano come una mossa […]

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – La prima lettura è intrisa di sospetto: “Vogliono metterci sotto pressione”. Così, a caldo, Giuseppe Conte e i vicepresidenti del Movimento interpretano la salita al Colle di Mario Draghi. Riuniti nella sede in via di Campo Marzio, la valutano come una mossa per impressionare loro, i Cinque Stelle, ieri rimasti fuori dell’aula alla Camera al momento del voto sul decreto Aiuti. “Una decisione già chiara, una questione di linearità e di coerenza” aveva sostenuto l’avvocato nel tardo pomeriggio, quando era riapparso a Roma, davanti al Parlamento, dopo un fine settimana trascorso con la famiglia per alleggerire la pressione e riflettere. Durante il quale, giurano i suoi, non ha avuto contatti con Draghi. In serata, l’ex premier esce dalla sede con volto serissimo, senza proferire verbo: “Non dichiaro, grazie”. Di sicuro il Conte silente e i suoi si aspettano segnali concreti da Draghi, entro dopodomani, quando in Senato si voterà la fiducia sul decreto. E sarà lo snodo, da dentro o fuori il governo. “Ma per fermarci non basterà qualche generica promessa sul salario minimo e qualche briciola sul cuneo fiscale” assicura un generale contiano. Ma chissà cosa potrebbe bastare.

Perché la gran parte dei senatori del Movimento non vede l’ora di non votare il dl Aiuti, insomma di rompere. “Ormai alcuni non può fermarli più neppure Giuseppe”, ammette un big. Ed è la conferma di un nodo interno al M5S, che potrebbe comunque far deragliare tutto. Perché se è vero che in caso di uscita dal governo dieci o forse più parlamentari potrebbero aggregarsi agli scissionisti di Luigi Di Maio, è altrettanto alto il rischio di sommosse interne se l’avvocato tirasse indietro la gamba. C’è anche questo, a incombere sulle scelte di Conte e sul destino del governo. Un nodo riaffiorato anche ieri pomeriggio, nelle conversazioni tra l’ex premier e i vicepresidenti nella sede dove si era chiuso ad aspettare il corso degli eventi, velocissimo.

Lo aveva accelerato Silvio Berlusconi, con quel video nel primo pomeriggio in cui invocava “una verifica di maggioranza”: proprio a ridosso del non voto a 5Stelle. Un segnale che i grillini, abbastanza preoccupati, afferrano subito. “Stanno provando a spingerci fuori”, è l’analisi diffusa alla Camera, mentre in aula prende la parola il capogruppo Davide Crippa, contrario all’uscita dal governo (“All’opposizione non si conta nulla” aveva ringhiato in assemblea congiunta). Dal microfono però Crippa è fedele alla linea. “Non abbiamo trovato una spiegazione razionale nella forzatura perpetrata in Consiglio dei ministri e in Parlamento, inserendo l’inceneritore di Roma nel decreto” scandisce, per poi mordere il Pd, “che disconosce quello che proprio i dem pianificano in Regione, visto che nel piano regionale sui rifiuti non è previsto l’impianto”. L’unghiata raccoglie tanti “era ora” tra i grillini, a conferma dei rapporti in costante peggioramento con il Pd. Invece il capogruppo conclude invocando un intervento sul superbonus, “subito, senza se e senza ma”, e ribadendo che i 5Stelle resteranno fuori dell’Aula. In mattinata circolavano voci su alcuni “governisti”, decisi a votare sì: almeno 7-8.

Ma alla fine, ad appoggiare il decreto è solo il livornese Francesco Berti, noto nel Movimento per i suoi comunicati pro-Casaleggio, in procinto – sembra – di passare ai dimaiani di Insieme per il futuro. “Dobbiamo insistere su questa linea, gli altri partiti oggi hanno visto che non abbiamo paura”, sussurra la contiana Angela Salafia, mentre i leghisti fanno ostruzionismo in aula. Anche perché, “ora chi fermerà i senatori?” ragionano molti veterani. Sono successe troppe cose, “e anche aver visto noi fuori dell’aula, senza votare, potrebbe incentivarli”.

Nell’attesa, Conte fa sapere che lui non ha mai chiesto rimpasti di sorta. Una risposta all’ex ministra Giulia Grillo, che ieri su Repubblica aveva invocato modificato alla squadra ma, soprattutto, un M5S ancora dentro il governo “perché sarebbe poco serio uscire ora”. Lo pensano in diversi, tra i grillini eletti a Montecitorio. Mentre si vocifera di un’assemblea congiunta, domani.

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5 replies

    • 😀
      Ma quali danni!?
      Contro tutto e tutti, ostacolati e denigrati da quando sono comparsi, hanno fatto solo del bene al paese, nell’interesse dei cittadini e contro le élite e il sistema.
      …pensa ai danni che potrebbero chiederti gli italiani per come hai votato o non votato in passato!
      Sveglia, aprite gli occhi e la mente!

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  1. So che la cosa infastidisce molti. Ma i 5stelle sono apparsi ai suoi elettori più coerenti, più forti, più decisivi sui loro punti programmatici governando con la Lega che col PD. È vero che in base ai sondaggi perdevano consensi ( si attestavano sul 20-22%) ma era la propaganda social di Salvini e Lega che sul tema immigrazione drenava quei consensi su di sé, pure spostando parte dell’elettorato 5stelle ( c’era eccome) sensibile alla questione. L’abbraccio col PD ( che non è sinistra, è molto più antisociale della Lega, è veramente apparato fatto Sistema) è stato l’abbraccio mortale, quello che ha condotto il M5s nel vicolo cieco in cui brancola ancora. Col colpo di grazia finale dell’appoggio al Governo Draghi. Il futuro del Movimento, non roseo certamente, potrà offrire qualche minima chance di contare ancora, solo e soltanto fuori dal campo progressista a trazione PD.

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