(Francesco Borgonovo – laverita.info) – Il bilaterale Washington-Kiev fa carta straccia degli accordi di Minsk e usa toni durissimi verso Mosca. L’ex generale Fabio Mini: «Così il conflitto è diventato inevitabile». Giacomo Gabellini: «Chiara volontà di istigare un’escalation nel confronto russo-ucraino».

Il generale Fabio Mini ha pochi dubbi: il conflitto fra Russia e Ucraina era destinato a deflagrare. E sarebbe molto probabilmente iniziato anche se Mosca non avesse mandato uomini e mezzi sul territorio di Kiev il 24 febbraio. Secondo il generale, i venti di guerra già spiravano da un accordo ignoto ai più – ma noto agli esperti – chiamato U.S.- Ukraine Charter on Strategic Partnership (Carta Usa-Ucraina sul partenariato strategico). Si tratta, come ha scritto Mini sul Fatto, di «un accordo bilaterale capestro siglato nel 2008 e aggiornato a settembre del 2021», con cui Washington e Kiev hanno «oltrepassato la linea rossa che la Russia aveva tracciato tra minaccia e “minaccia esistenziale”».

Abbiamo trovato e letto il documento (che è stato pubblicato il 10 dicembre 2021) e in effetti appare piuttosto chiaro a partire dal punto 4 del preambolo, in cui i contraenti si impegnano a «sottolineare l’impegno incrollabile per la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, compresa la Crimea ed estendendosi alle sue acque territoriali di fronte all’aggressione russa in corso, che minaccia la pace e la stabilità regionali e mina l’ordine globale». Come è facile notare, i toni utilizzati nei confronti di Mosca sono durissimi. Diversi mesi prima dell’attacco russo, il trattato parla già di aggressione in corso, e impegna gli Usa ad agire al fianco dell’Ucraina contro i nemici.

Ma i passaggi decisivi sono contenuti nella sezione II, che è intitolata proprio «Sicurezza e contrasto all’aggressione russa». Di nuovo, i toni sono molto pesanti. «Gli Stati Uniti e l’Ucraina intendono continuare una serie di misure sostanziali per prevenire l’aggressione esterna diretta e ibrida contro l’Ucraina e ritenere la Russia responsabile di tale aggressione e violazioni del diritto internazionale, compresi il sequestro e il tentativo di annessione della Crimea e il conflitto armato guidato dalla Russia in alcune parti delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, nonché il suo continuo comportamento maligno», si legge. «Gli Stati Uniti intendono sostenere gli sforzi dell’Ucraina per contrastare l’aggressione armata, le interruzioni economiche ed energetiche e le attività informatiche dannose da parte della Russia, anche mantenendo sanzioni contro o correlate alla Russia e applicando altre misure pertinenti fino al ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti».

Poco oltre, arriva un ulteriore chiarimento: «Gli Stati Uniti non riconoscono e non riconosceranno mai il tentativo di annessione della Crimea da parte della Russia e riaffermano il loro pieno sostegno agli sforzi internazionali, anche nel formato Normandia, volti a negoziare una risoluzione diplomatica del conflitto armato guidato dalla Russia nelle regioni di Donetsk e Luhansk in Ucraina sulla base del rispetto del diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti sostengono gli sforzi dell’Ucraina per utilizzare la piattaforma Crimea per coordinare gli sforzi internazionali per affrontare i costi umanitari e di sicurezza dell’occupazione russa della Crimea, coerentemente con la dichiarazione congiunta della piattaforma».

Direte: si tratta semplicemente di un accordo difensivo, siglato dopo il referendum per l’indipendenza organizzato dalla Crimea, quindi non c’è nessuna minaccia alla Russia. Fabio Mini, che gli accordi di questo genere è abituato a interpretarli, ha un’idea piuttosto precisa. «In questo documento», dice alla Verità, «ci sono tutti i paletti che vengono posti da Usa e Ucraina nei confronti della Russia. Sembra che questo testo sia stato dettato da un azoviano. Appaiono frasi che gli americani non mettono mai nei trattati. In documenti di questo tipo non si pongono paletti infiniti, limiti che non possono essere più negoziabili. Invece qui si dice che non verrà mai riconosciuta la Crimea, e si parla esplicitamente di ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Poi c’è un pesante riferimento all’aggressione russa. Da un punto di vista negoziale, già in questa carta del 2021 le posizioni sono rigidissime».

Che i toni siano realmente molto duri lo si evince dal confronto fra il testo del partenariato strategico e quello degli accordi di Minsk. Anzi, si può dire che l’accordo Usa-Ucraina vada in contrasto con lo spirito degli accordi. «Nella carta non si parla neanche di negoziare lo status del Donbass», spiega Mini. «Si dice solo che tutto il territorio ucraino deve tornare all’Ucraina, e che già nel 2014 c’è stata una aggressione. Non c’è alcun riferimento al diritto internazionale. Vero è che l’invasione è illegale in sé stessa, ma anche l’Ucraina ha commesso una grave illegalità non rispettando il diritto dei suoi cittadini del Donbass alla protezione. Un diritto che si sarebbe dovuto garantire invece di massacrare la popolazione».

Anche secondo un altro attento analista, Giacomo Gabellini (autore di Ucraina. Il mondo al bivio, Arianna editrice), l’accordo bilaterale manda un messaggio cristallino. «Delinea una posizione comune fortemente aggressiva nei confronti della Russia, soprattutto perché impegna gli Stati Uniti a sostenere sia le aspirazioni dell’Ucraina in materia di adesione all’Alleanza Atlantica formalizzate durante il summit Nato di Bucarest del 2008, sia i tentativi del governo ucraino di ristabilire la propria sovranità sull’intero territorio nazionale», dice il ricercatore. «L’accordo tradisce una chiara volontà di istigare un’escalation del confronto russo-ucraino, tanto più che all’interno del relativo documento firmato da ambo le parti si specifica senza mezzi termini che gli Stati Uniti non riconoscono né la validità gli accordi di Minsk – che impegnavano Kiev a concedere una vasta autonomia alle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk – né l’incorporazione della Crimea nella Federazione Russa».

Di nuovo, i più scettici potrebbero obiettare che, se Mosca non avesse spedito i mezzi pesanti sul territorio ucraino a febbraio, nulla sarebbe accaduto. Ma il generale Mini legge l’accordo bilaterale e gli accadimenti successivi in una chiave differente. «Se anche la Russia non avesse mandato i carri armati, in quell’accordo si parla esplicitamente della piattaforma Crimea, che era stata approvata ad agosto dal Consiglio di sicurezza dell’Ucraina, che è presieduto da un ultranazionalista. In quella piattaforma erano predisposte tutte le misure per riprendersi la Crimea. E infatti anche prima dell’invasione russa erano già stato schierato a Nord della Crimea un terzo delle forze armate ucraine. Inoltre, tra il 21 e il 23 febbraio i bombardamenti ucraini sul Donbass sono aumentati pesantemente». Insomma, era pronto il piano per attaccare in Crimea e tentare di ripristinare l’integrità territoriale ucraina. Un attacco che, in base al trattato, avrebbe beneficiato dell’appoggio degli Stati Uniti. In poche parole, la guerra sarebbe esplosa comunque.

C’è, infine, un altro problema posto dall’accordo bilaterale. Come si diceva, esso esprime posizioni molto rigide, che non lasciano margine alla trattativa. La durezza di certe affermazioni ha probabilmente convinto la Russia a irrigidire definitivamente anche i propri toni prima dell’esplosione del conflitto, ma il punto è che – alla luce di un trattato di partnership tanto ruvido – gli spiragli per una trattativa appaiono estremamente ridotti se non inesistenti. Gli Usa si sono impegnati a sostenere una Ucraina che possieda anche il Donbass e la Crimea, terre di cui – lo hanno messo nero su bianco – non riconosceranno mai l’indipendenza. A queste condizioni, la costruzione della pace appare un’impresa impossibile.