L’ex pm di Mani pulite: «Decada chi cambia partito. Oggi ce l’ho più con l’elettore che con l’eletto, vende per due lenticchie un diritto costituzionale»

(di Giuseppe Guastella – corriere.it) – Giuseppe Conte ha detto che questa fase gli ricorda Mani pulite. Lei, Antonio Di Pietro, che di quella stagione giudiziaria è il simbolo, condivide?
«Da tempo è in corso una rivisitazione storica che dice che Mani pulite era solo una questione di illecito finanziamento ai partiti. Non è cosi, Tangentopoli era l’utilizzo della politica per fini personali, un sistema in cui con la scusa di dover finanziare il sistema politico, e quindi di dover fare politica, si prendevano soldi che, però, in realtà nella maggior parte dei casi finivano nelle tasche dei politici e non nelle casse del partito».

Invece, oggi?
«Ora l’obiettivo è la cadrega, la poltrona. Non c’è nemmeno un progetto politico o un’ideologia a monte. Il finanziamento dei partiti c’è sempre, ma avviene attraverso forme che sono state legalizzate legittimando ciò che era una volta illegittimo. Diciamo che ormai è più il sagrestano che si frega la questua che il vescovo che si vende la Chiesa. Sul piano etico e morale, oggi come oggi io ce l’ho più con l’elettore che con l’eletto».

Perché?
«Perché con il suo voto vende un diritto costituzionale per un piatto di lenticchie. La magistratura fa bene ad investigare sul perché e sul come si conquista il consenso elettorale attraverso promesse illecite, ma è umiliante assistere ad una persona che, seppur povera, svende per 50 euro la cosa più importante che ha in un paese democratico».

Ed i politici coinvolti?
«Se allora pesavano ad arricchirsi personalmente, oggi il corrispettivo non è tanto la tangente, ma il conseguimento del voto verso sé stessi. Il consenso elettorale in una sana democrazia è la cosa più importante di tutte. Si viene votati per quel che si promette di fare e per la credibilità che si ha, non per ciò che poi sei in grado di fare illecitamente per una persona».

Dalle varie indagini emergono indagati che hanno cambiato più volte schieramento negli anni. Cosa ne pensa?
«Siccome anche il ruolo di eletto è di valore costituzionale, io sono dell’opinione che, se una persona viene eletta in base ad un determinato progetto ed in un una determinata lista, nel momento in cui non si ritrova più nella realtà politica in cui era stata eletta, dovrebbe decadere automaticamente».

Non dimettersi?
«Decadere perché è come se fosse un dipendente dell’elettore, e quindi non può tradire la ragione per la quale è stato votato. Posso fare una considerazione?».

Quale?
«Coloro che si illudono di avere meno problemi se verrà eliminato il reato di abuso d’uffico devono sapere che la magistratura avrà sempre modo di contestare la corruzione».

Non è la stessa cosa.
«Sapendo che c’è stato un abuso voluto, bisognerà sempre capire perché questo ci sia stato. Se prima qualche magistrato poteva anche accontentarsi di perseguire solo un semplice abuso,che poi nei processi poteva essere ritenuto un mero errore non condannabile, ora investigherà con maggiore attenzione. È inevitabile che troverà la corruzione».

Seguendo il suo ragionamento, allora è un bene che l’abuso venga abolito?
«Ritengo che l’abuso d’ufficio attualmente in vigore sia stato talmente edulcorato che non serva a niente. Bisogna ritornare al vecchio reato di interesse privato in atti d’ufficio».

Il senatore leghista Claudio Durigon, parlando dell’inchiesta di Catania, ha detto che «è sconcertante» che le indagini risalgano al periodo tra il 2018 e il 2021 mentre i provvedimenti siano scattati quando manca poco più di un mese dalle Europee. Giustizia ad orologeria?
«In Italia c’è sempre un’elezione. Seguendo questa logica qualsiasi momento sarebbe sbagliato per un’inchiesta. Il problema di fondo è: male non fare, paura non avere».

Lei ora fa il contadino. Dalla sua vigna in Molise, dopo 32 anni e di fronte ad inchieste che si ripetono sempre uguali, non pensa che Mani pulite non sia servita a nulla? Non è deluso?
«Se c’è un malato, che è l’Italia, che ha un tumore gravissimo, che si chiama Tangentopoli, i chirurghi, ovvero i pm, non devono curare il paziente perché sanno che continuerà a fumare e a fregarsene della sua salute o lo devono curare lo stesso? La colpa è di noi che abbiamo cercato di togliere un tumore o di chi non è cambiato? Sono mancate la prevenzione e l’educazione. Forse è il caso che tutti facciano autocritica, politica, magistratura ed informazione».