(di Stefano Feltri) – Due cose colpiscono di questa conferenza stampa di fine anno slittata a inizio anno: l’incertezza strategica di Giorgia Meloni e la sua palese ignoranza di qualunque aspetto dell’attività economica del suo governo.

Per esempio riesce a dire sia che l’Italia cresce più della media europea, ma anche che è troppo presto per sapere come andrà la crescita, forse perché non ha mai letto la legge di Bilancio in cui ci sono previsioni a tre anni su qualunque variabile economica.

Incertezza strategica: su cosa ha le idee chiare la premier? Di certo non sui suoi temi in teoria forti, dai valori ai migranti.

Per quanto sembri incredibile, è arrivata con risposte preparate solo su due punti: l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta con la Cina e il caso del deputato con la pistola, Emanuele Pozzolo.

Sul resto dice cose a modo loro clamorose (vedi sotto sui migranti) o assurde (su Patto di stabilità e Mes), senza una bussola identificabile di qualunque tipo, se non una vaga difesa dell’operato del governo fin qui. Ma sempre senza numeri e dettagli, a spanne, con il grado di superficialità consentito da un format che non concede ai giornalisti la seconda domanda.

Di economia Meloni non si è mai occupata, e forse era comprensibile quando stava all’opposizione, ma è il primo premier che io ricordi così incapace di articolare un qualunque ragionamento non dico condivisibile ma che almeno riveli una minima conoscenza dei dossier.

Queste conferenze stampa annuali sono una specie di maratona, una prova di resistenza per premier, giornalisti e (pochi, credo) spettatori. Ecco quindi un’analisi voce per voce di quello che Meloni ha detto o non detto di rilevante.

BANCHE. Giorgia Meloni rivendica di aver tassato le banche, “senza un intento punitivo”. Infatti la tassa sugli “extraprofitti” ha generato zero gettito. Proprio zero, per come il governo ha riscritto la norma, visto che ha dato la possibilità di tenere le risorse come riserve invece di pagare la tassa. “Ma la tassa è lì”, rivendica la premier. Sono soddisfazioni.

CONFRONTO TV. Giorgia Meloni si dice pronta a un confronto televisivo con la segretaria del Pd Elly Schlein. Segno che è convinta di poterlo non vincere ma stravincere.

DRAGHI. Interessante la domanda sulla possibile indicazione di Mario Draghi alla presidenza della Commissione europea dopo le elezioni di giugno 2024. Meloni recita tutte le prudenze del caso – è troppo presto, Draghi ha detto di non essere interessato – ma sono da analizzare gli altri commenti.

Meloni sottolinea che lei si è opposta alla formula del governo Draghi, non a Draghi in persona, e che ha condiviso sempre la linea in politica estera (chiaro allineamento con Nato e Ue a fianco dell’Ucraina e contro la Russia).

Due dettagli che si possono leggere come una disponibilità di massima a sostenere Draghi per un incarico a Bruxelles, visto che su quel piano le vicende domestiche conterebbero poco mentre il prestigio della “nazione”, come usa dire Meloni, ne trarrebbe grande beneficio.

La politica estera e di sicurezza è di competenza più del Consiglio europeo che della Commissione e Draghi sarebbe sicuramente più adatto a fare il grande mediatore tra i capi di Stato e di governo che a svolgere un incarico operativo e logorante come quello di presidente della Commissione (sia per età che per indole ed esperienza: ha già guidato la Bce, il Consiglio sarebbe l’approdo più naturale).

Quando, dopo le ultime elezioni europee, era stata fatta la stessa domanda all’allora premier Giuseppe Conte, lui aveva usato toni molto diversi: “Lo avrei visto bene come presidente della commissione Ue ma mi disse che era stanco e voleva riposarsi un poco e non era disponibile per questo incarico. Quindi credo che lo stiano tirando per la giacchetta».

Una caduta di stile ma che indicava anche che Draghi non aveva mai avuto il sostegno del governo italiano per un incarico europeo post-voto 2019.  Le parole di Meloni, invece, indicano che se le condizioni ci saranno, da parte della premier non c’è alcuna ostilità. Anzi.

ELON MUSK. Giorgia Meloni spiega che ad Atreju si applaude la gente “per cortesia” non per condivisione. Secondo Fratelli d’Italia, la gestazione per altri (utero in affitto) è un crimine universale: Elon Musk di certo l’ha commesso per avere alcuni dei suoi figli.

Meloni l’ha invitato, ma “non per questo cambia la mia posizione sull’argomento: non credo che pagare una donna per mettere al mondo un figlio che poi vende sia progresso, e spero che approveremo la legge che rende la maternità surrogata un reato perseguibile anche se commesso all’estero”.

FAMIGLIA. “Questa accusa di familismo comincia a seccarmi”. Dice la premier che ha messo la sorella Arianna a guidare la segreteria politica del partito e il cognato, Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura.  “In parlamento ci sono due coppie di coniugi, e sono entrambe a sinistra”.  Però non male la battuta finale: “Mia sorella avrei potuto metterla in una partecipata statale come hanno fatto altri e invece l’ho messa nel partito mio”.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE. Giorgia Meloni non ha mai capito niente di economia, e lo dimostra nella risposta sul tema dell’intelligenza artificiale. Meloni sostiene che nella storia la tecnologia ha lavorato per “ottimizzare la capacità umana”, e ha permesso di “lavorare meglio”, mentre ora mette a rischio posti di lavoro.

L’ignoranza assoluta sull’impatto dell’automazione è evidente – le macchine hanno sempre distrutto posti di lavoro nel settore che veniva automatizzato, ma creavano nuove opportunità altrove o addirittura nuovi settori – ed è dimostrata anche dal fatto che Meloni pensa, in modo un po’ assurdo, che la tecnologia riduca il numero di persone necessarie al mercato del lavoro nel suo complesso.

Meloni si dice preoccupata, anche perché non sa “se siamo ancora in tempo”. A fare cosa non si sa.

E’ chiaro che se questo è l’approccio all’innovazione, un governo non farà mai nulla per adattare il paese alle opportunità che la tecnologia offre, ma si limiterà a rallentare l’adozione. Questa è la garanzia per rimanere indietro.