Le immagini della carneficina a Gaza scompaiono a poco a poco dalla maggioranza dei giornali occidentali. Si piangono i morti, non quelli palestinesi. Il Paese “indispensabile” che “tiene il mondo […]

(DI ELENA BASILE – ilfattoquotidiano.it) – Le immagini della carneficina a Gaza scompaiono a poco a poco dalla maggioranza dei giornali occidentali. Si piangono i morti, non quelli palestinesi. Il Paese “indispensabile” che “tiene il mondo insieme” (come afferma Biden) si oppone a un cessate il fuoco e trascina con sé le democrazie occidentali, il bel “giardino” di Borrell.
È quindi evidente che l’Occidente è complice della carneficina in corso. La professoressa Di Cesare, che avevo imparato a stimare per alcuni suoi ragionamenti sulle cause storiche del conflitto in Ucraina, afferma che Israele non è una potenza occupante. Le folle che hanno occupato le piazze sotto la forte emozione della strage di Gaza sono antisemite. Ma l’antisemitismo colpì una comunità ebraica straordinariamente attiva e coesa che professava in Europa la sua religione e rappresentava una meravigliosa intellighenzia: era indirizzato agli ebrei come comunità religiosa ed etnica. L’antisionismo, di cui sono stati interpreti tanti ebrei, si oppone invece alla concezione in base alla quale, anche con atti terroristici contro i britannici e contro gli arabi, soprattutto nella modulazione di destra del sionismo, gli ebrei hanno il diritto a occupare con la forza la terra dei palestinesi e cacciarli dalle loro case.
Dopo il 1967 in una parte dell’establishement israeliano era popolare uno slogan: prendere quanta più terra possibile e non darla indietro. Ricorderei a Di Cesare che le manifestazioni per il cessate il fuoco e la protezione dei civili, se chiamano Israele potenza occupante, lo fanno in linea con le risoluzioni Onu mai applicate; e la denuncia di apartheid in Cisgiordania è elaborata dall’Onu e da altre organizzazioni umanitarie. Considerare antisemitismo la critica al genocidio attuato da Netanyahu e il contrasto a strategie israeliane che, dalla fine del processo di Oslo, hanno opposto l’illegalità e la violenza di Stato alla politica e alla diplomazia è un’atroce mistificazione. Queste posizioni non sono solo immorali, sono controproducenti. La giustificazione della violenza e dell’impunità di Israele alla lunga genera mostri.
Con la carneficina di civili e i bombardamenti indiscriminati anche sui campi profughi, Netanyahu si propone come salvatore della sicurezza di Israele sperando di restare premier. I politici statunitensi hanno nel loro Dna l’impossibilità di prendere le distanze da Israele. Si inimicherebbero i donatori ebraici e cristiani, i gruppi di interesse, condannerebbero automaticamente la loro carriera politica. I burattini europei sanno che, se si distanziano dalle posizioni statunitensi, mettono a repentaglio la loro esistenza politica. Lo spirito gregario e conformista trionfa. L’assenza di diplomazia è spiegata. Non ci sono esitazioni neanche di fronte al pericolo di una guerra allargata.
Il rischio in Europa orientale è stato affrontato a cuor leggero. Nathalie Tocci, direttrice dello Iai, l’istituto di ricerca i cui studi portano miracolosamente alle stesse soluzioni individuate dai neoconservatori Usa, nei suoi ripetuti interventi ripete assiomi mai dimostrati: la difesa della democrazia europea passerebbe per la difesa dell’Ucraina libera. Come si permette la presidente Meloni di ripetere (in una telefonata-truffa a due comici russi) che c’è stanchezza sulla guerra in Ucraina? Tocci, Parsi, Panebianco non sono stanchi. Una generazione di diciottenni ucraini sacrificata, un Paese distrutto li vede ancora arzilli e pronti a inventare minacce inesistenti per far continuare il massacro. Mosca non vuole arrivare a Kiev e non ha alcun sogno imperialista in Europa. Una studiosa non può non saperlo, altrimenti dovrebbe tornare a scuola. Mosca non ha la potenza economica e militare per opporsi alla Nato. Kiev, Mosca e l’Europa hanno un identico interesse: un’Ucraina neutrale e ricostruita, un’Europa orientale pacificata.
In Medio Oriente si profila un allargamento del conflitto con conseguenze spaventose. L’Occidente lo fomenta respingendo il cessate il fuoco. I cani da guardia cercano di convincerci che non esiste alternativa diplomatica. Iran, Hezbollah, Paesi arabi hanno reazioni finora simboliche: abbaiano. Razzi che non fanno danni, dichiarazioni bellicose. Le portaerei Usa sono un dato senza precedenti. I rapporti di forza sono a favore di Tel Aviv e di Washington. È l’Occidente che deve fermare l’escalation.
Cara Elena, pubblico come sempre le tue riflessioni, anche quelle che non condivido (è sufficiente parlare di crimini di guerra senza scomodare i genocidi, che sono tutt’altra cosa). Ma nessuno, men che meno Di Cesare, ha mai giustificato errori e orrori del governo Netanyahu. E fino al pogrom di Hamas del 7 ottobre scorso, Israele non era potenza occupante a Gaza dal lontano 2005: dal 2006 governava Hamas.
m. trav.
m. trav., la tua lettura dell’intervento di Elena Basile ha sapore di censura. Su geopolitica e diplomazia preferirò sempre le considerazioni e le riflessioni di E. Bas. alle tue
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Debole la replica di Sexytravy però.
Infatti: 1- distruggere Gaza è a tutti gli effetti un genocidio, implica la sparizione del popolo palestinese come tale.
2-la Di Cesare l’abbiamo vista tutti come si comportava discutendo in TV qualche giorno fa. E’ la Di Cesare, non la Carlassarre, in effetti.
3- sì dal 2007 governa Hamas, ma Israele non se ne è mai andato: ha continuato a controllare confini, spazio aereo, mare, elettricità e acqua, tanto per dirne alcune.
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@sparviero
A te e a chi ti mette pure i like.
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“Dopo il 1967 in una parte dell’establishement israeliano era popolare uno slogan: prendere quanta più terra possibile e non darla indietro”. La penisola del Sinai, occupata dopo la guerra dei sei giorni, è stata restituita all’Egitto.
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La risposta te la dà esaurientemente Caracciolo nell’ articolo qui sopra.
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Il Sinai l’hanno restituito in seguito agli accordi seguiti alla guerra del Kippur e al trattato di Camp David, non l’hanno restituita a caso, ma perché per gli israeliani sarebbe stato controproducente tenersela e non faceva parte dell’Israele antico (esatto, niente Terra promessa in Sinai). Tra l’altro, per gli ignoranti come te sembra irrilevante che l’Egitto finì la guerra del Kippur tenendo ancora piede ad Est del canale, senza essere stato sloggiato dagli onnipotenti Israeliani, giusto?
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L’Egitto finì malamente la guerra del Kippur, nonostante i successi iniziali (come gli altri Stati arabi coinvolti), e per riavere l’intera Penisola è dovuto scendere a compromessi con l’odiato nemico, riconoscendone l’esistenza (il famoso detto “Terra in cambio di pace”). La cosa ti dà fastidio?
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Certo che c’è un riavvivarsi di un sentimento antisemita ma, pur essendo marginale ,esso è alimentato dal comportamento disumano dello stato israeliano con il suo governo ed il suo esercito a Gaza. Uno stato civile esercita il proprio diritto all’esistenza e alla propria difesa non massacrando consapevolmente civili inermi . Chi si oppone a questa barbarie sono anche cittadini israeliani che certo per questo non possono essere ritenuti antisemiti anche se la equazione israele=ebrei=sionisti= semiti è una scorciatoia che viene presa frequentemente da entrambi le parti.
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Secondo me l’antisemitismo non c’entra affatto perché si tratterebbe di razzismo. Può essere confuso con l’antisionismo, sionismo come politica, di una parte di ebrei, che ha creato israele
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che ha creato “lo stato di” israele
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