
(di Massimo Gramellini – corriere.it) – È ormai evidente che, appena usciamo di casa, ci trasformiamo nelle pedine inconsapevoli di qualche «challenge». Penso alla madre, con due figlie piccole a bordo, che sulla provinciale di Alatri si è vista piombare addosso l’Audi di un tizio impegnato a sfrecciare in curva a velocità folle durante una diretta Facebook. O agli automobilisti napoletani che, due notti fa, si sono imbattuti in un Verstappen dei poveri che guidava a 200 all’ora con una mano sola, essendo l’altra occupata a puntare la telecamera del telefonino sul contachilometri per documentare sui social la storica impresa.
Negli universi paralleli del web si svolgono continuamente centinaia di sfide, alcune pericolose solo per chi vi partecipa (l’altra settimana un ragazzino è morto dopo avere mangiato «la patatina più piccante del mondo»), ma la maggior parte gravide di implicazioni anche per il mondo circostante, cioè per noi. I «giocatori» ci ignorano o al più ci considerano effetti collaterali, bersagli mobili e inanimati come i personaggi dei videogiochi, dove alla fine nessuno si fa male davvero.
Vorrei entrare nella testa di queste persone per informarle che noi esistiamo, siamo creature reali e non abbiamo firmato alcun contratto né sottoscritto alcuna assicurazione per apparire, per di più gratis, nel ruolo di comparse delle loro bravate. Ma, di tutte le «challenge», temo che quella di infilarsi in certe teste rimanga di gran lunga la più difficile.
Quanti decenni a sfrigolarci i coglioni con il mito della velocità, i valentinirossi e shumakerpertutti …ma adesso che volete? Contate i morti e non rompete i coglioni
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esatto!! 400HP, 0-100 in 3 secondi eccetera.
ci vogliono le città – zone 30, come Londra, come Bologna
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Gramellini, mai una volta ad occuparsi SERIAMENTE dei problemi veri; TENGO FAMIGLIA
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