Nuovi padroni. A fornire l’Europa è lo Zio Sam: nel 2022 import +60% a 140 mld di metri cubi. “Una gigantesca virata strategica ha chiuso decenni di dipendenza dalle fonti fossili di Mosca”, scriveva il Fatto domenica 26 febbraio. La guerra in Ucraina scattata […]

(DI NICOLA BORZI – Il Fatto Quotidiano) – “Una gigantesca virata strategica ha chiuso decenni di dipendenza dalle fonti fossili di Mosca”, scriveva il Fatto domenica 26 febbraio. La guerra in Ucraina scattata il 24 febbraio 2022, la riduzione progressiva all’Europa delle forniture di metano russo con il ricatto fallito del regime di Putin, poi gli embarghi a ripetizione decisi dall’Unione di Bruxelles contro l’export controllato dal gigante di Stato russo Gazprom hanno un sicuro vincitore. Sono gli Stati Uniti il nuovo zar che controlla il rubinetto del gas naturale liquefatto al quale è appeso il fabbisogno europeo, tanto del sistema industriale che dei consumatori privati.
Un anno fa, l’Unione europea e l’Italia dipendevano dalla Russia per il 40% della loro domanda di metano. Per la Penisola era una fonte apparentemente insostituibile, necessaria a sfamare un fabbisogno che nel 2021 era assommato a 73,3 miliardi di metri cubi, il 45% per usi civili, il 19,2% per l’industriale e il 35,3% per produrre elettricità. Gli stoccaggi, a febbraio 2022, erano insolitamente bassi e i tre rigassificatori nazionali attivi, dalla capacità complessiva di 15 miliardi di metri cubi l’anno, “valevano” un decimo della capacità europea. Il 23 febbraio 2022 il metano all’hub Ttf di Amsterdam costava 50,6 euro per megawattora: in 6 mesi sarebbe settuplicato sino al massimo di 339 euro a fine agosto.
Ieri invece il contratto sul metano consegna aprile al Ttf, mercato nominalmente olandese ma controllato dalla Borsa Ice (statunitense), ha chiuso in calo del 3,39% a 41,9 euro al megawattora, intorno ai livelli anteguerra del 20 dicembre 2021. Questo ritorno verso valori “quasi normali” è dovuto al boom delle scorte di metano nella Ue e nel Regno Unito, che il primo marzo ammontavano al record stagionale di 685 terawattora (TWh), piene quasi al 61%, due terzi oltre la media decennale precedente (39%). A salvare la Ue dal freddo e dal buio, e il suo sistema economico da una recessione come quelle delle crisi petrolifere degli anni 70, è stata una combinazione di fattori fortuiti: un inverno più caldo della norma e soprattutto il passaggio in forze a nuovi fornitori di gas.
Il gigante di Stato russo del metano Gazprom, che un anno fa controllava il 40% del mercato Ue, oggi vale appena il 7,5% dell’import dell’Unione. È stato sostituito dai produttori norvegesi e nordafricani via gasdotto, ma soprattutto dal gas naturale liquefatto (Gnl), comprato in gran parte dagli Stati Uniti e poi dal Qatar. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno superato Qatar e Australia nella produzione di Gnl, mentre l’Europa è diventata il loro principale mercato, con il 50% dell’import Ue di gas liquefatto proveniente dagli Usa e cresciuto del 60% a quasi 140 miliardi di metri cubi rigassificati. Washington dunque ha preso il posto di Mosca sul mercato dell’energia del Vecchio continente e sta stringendo contratti di lungo termine con gli acquirenti europei. Non a caso le compagnie a stelle e strisce del settore stanno programmando giganteschi investimenti, quantificati in oltre 100 miliardi di dollari entro la fine del decennio, oltre a nuovi terminali situati in gran parte sulla costa dell’Atlantico.
Certo, l’inversione a U di decenni di politiche energetiche europee, guidate dalla defunta Ostpolitik tedesca del metano e dei gasdotti di cui Nord Stream è stato massimo simbolo (e grande causa di contrasto con gli Usa, l’Ucraina e la Polonia), non è stata né indolore né gratuita. Per contenere gli effetti del caro energia l’Italia ha dovuto sinora mettere sul piatto fondi pubblici per 99 miliardi, il 5,6% del Pil, mentre il conto per Ue, Regno Unito e Norvegia è stato di 768 miliardi. Nonostante gli sforzi, la famiglia media italiana ha dovuto sborsare per le bollette il 67,3% rispetto a gennaio 2022. Trovare nuovi amici durante una guerra e nel momento del bisogno costa caro.
Ricatto fallito di Putin,
Infatti il NS2 lo ha fatto saltare Putin
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Il gas, e non solo, dei produttori nordafricani è gestito da Gazprom, Algeria in primis
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La FonDerCazzen andrebbe processata subito!
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Quindi tutto risolto ? E noi che ci eravamo tanto preoccupati . Tanto spavento per nulla ? Dai,dove sta la fregatura ?
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Le scorte le abbiamo fatte l’estate scorsa con il gas russo quando era ancora in piedi il NS1.
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