Niente di nuovo sul fronte meridionale: in Europa hanno sempre comandato francesi e tedeschi

(Salvatore Cannavò – Il Fatto Quotidiano) – Se Giorgia Meloni non avesse reagito stizzita all’incontro tra Emmanuel Macron, Olaf Scholz Volodymyr Zelensky, avvenuto all’Eliseo, la cosa si sarebbe fermata lì. Perché che l’Europa sia trainata dal famoso “motore franco-tedesco” è cosa nota e ovvia. Il “processo” che va avanti da tempo di cui ieri parlava il presidente francese.

Basti pensare alla celebre foto di François Mitterrand ed Helmuth Khol mano nella mano in occasione del 70° anniversario dall’inizio della Prima guerra mondiale (era il 1984) o ai risolini anti-Berlusconi tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel nel 2011, per mettere nella giusta prospettiva l’ultimo incontro tra Scholz e Macron. Parigi e Berlino, di fronte alle difficoltà, hanno sempre deciso, dalla Seconda guerra mondiale in poi, di fare fronte comune, non curandosi affatto dei propri alleati o partner europei.

La controprova è data da quanto avvenuto durante la permanenza a Palazzo Chigi del “più grande leader italiano del dopoguerra”, secondo la grande stampa amica, Mario Draghi.

Eliseo, l’incontro fantasma. Circa un anno fa, a fine febbraio, le agenzie di stampa davano la notizia che l’allora premier non avrebbe partecipato all’incontro previsto tra Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. “All’ultimo momento il collegamento con il premier italiano, impegnato a Roma, è saltato per motivi tecnici”, spiegava l’agenzia Ansa. Peccato che poi si scoprirà che quell’incontro fosse una “cena” a cui sarebbe stato difficile partecipare in videoconferenza a meno di rimanere a guardare gli altri mangiare. Draghi spiega in un intervento alla Camera: “Ieri non c’era un vertice internazionale, ma un invito a cena, una tavola rotonda con alcuni importanti industriali d’Europa. Sono stato invitato nel pomeriggio molto gentilmente dal presidente Macron e ho detto che non avrei potuto esserci in presenza. È stato tentato ogni modo per fare una connessione, ma non ci si è riusciti. Tutto qua”. Un’ammissione che, come successo ieri per Meloni, amplificava lo smacco.

Aspettando il price cap. La marginalità di Draghi si è poi registrata costantemente nel corso delle riunioni sull’emergenza energetica e sul prezzo del gas impennatosi drammaticamente nel corso del 2022. Già ad aprile, l’ex presidente Bce spiegava serafico che “sull’embargo al gas russo seguiremo le decisioni della Ue”. E pazienza se l’Italia dipendesse da quel gas per circa il 40% del proprio fabbisogno: come se la Ue non fosse anche l’Italia.

Ma si trattava dell’avvisaglia della scarsa eco che la proposta del price cap, che Draghi ha proposto incessantemente per dieci mesi ai partner europei, avrebbe ricevuto in Europa. Anzi, il 5 settembre, Francia e Germania sottoscriveranno un patto esclusivo: “La Germania ha bisogno del nostro gas – spiegava Macron – e noi abbiamo bisogno dell’elettricità prodotta nel resto d’Europa, e in particolare in Germania. Nelle prossime settimane completeremo gli allacciamenti del gas per fornire gas alla Germania in caso di necessità e ogni volta che ce ne sarà bisogno. Allo stesso modo, la Germania si è impegnata a essere solidale sull’energia elettrica”. Di Draghi e dell’Italia neppure l’ombra.

Quel treno per Kiev. Gli osservatori di rito mariano, nel senso di Mario, invocano però l’immagine del treno con i tre leader mentre si recano a Kiev per incontrare Zelensky. Una “visita storica”, un “segnale di unità europea” e di una “troika di guerra”. Solo che quell’incontro non ha prodotto nulla di significativo se non le scelte decise su scala nazionale. L’Italia ha continuato a deliberare i propri decreti per l’invio di armi, Scholz è sempre oscillato tra una linea prudente e un intervento più deciso, come nel caso dei Leopard, mentre Macron su una linea di dialogo con Mosca – “Non bisogna umiliare la Russia” – affianca un atteggiamento solidale con l’Ucraina, ma senza sbilanciarsi su forniture consistenti di armi, come i caccia. La “troika” di guerra non è mai esistita, anzi lo sviluppo della guerra ha fatto emergere un’Europa schiacciata tra la manovra russa, che ha fatto saltare decenni di politica di attenzione verso Est, e l’iniziativa Usa.

La dimostrazione di come gli Stati europei più forti decidano in base ai propri specifici interessi è data il 29 settembre scorso quando la Germania annuncia lo stanziamento di 200 miliardi per fissare un price cap nazionale al prezzo del gas con buona pace degli accorati inviti di Mario Draghi. Il prezzo dell’energia in Italia, intanto, vola e sia il governo Draghi sia poi quello Meloni, saranno costretti a stanziamenti nell’ordine di decine di miliardi per proteggere le fasce più deboli della popolazione, ma soprattutto le imprese. E a ottobre l’Italia scopre che nel corso dei dieci mesi del 2022 il caro energia ha prodotto il 30% di spesa supplementare rispetto alla Germania.

La “ciccia” degli aiuti di Stato. L’ultima affermazione di sovranità nazionale e di intesa più che cordiale tra Parigi e Berlino si ha nei giorni scorsi quando la coppia franco-tedesca, stavolta con i ministri dell’Economia, Bruno Le Maire e Robert Habeck, compiono un viaggio comune a Washington per discutere del dossier attualmente più importante della Ue: fronteggiare il pacchetto da 370 miliardi di dollari di aiuti di Stato alle aziende contenuto nell’Inflation Reduction Act varato da Joe Biden.

Il pacchetto distorce la concorrenza internazionale, penalizzando le imprese europee, a cominciare da quelle franco-tedesche, che devono fronteggiare l’invasione di campo del governo statunitense. I due corrono a Washington senza farsi minimamente carico, se non indirettamente, degli interessi degli altri Paesi, Italia compresa.

La questione era già emersa a novembre quando il quotidiano Politico aveva raccolto le dichiarazioni anonime di funzionari europei secondo cui “il Paese che trae maggior profitto da questa guerra sono gli Stati Uniti, perché vendono energia a prezzi più alti e perché vendono più armi”. L’obiettivo delle critiche era già l’Ira contro il quale il ministro del Commercio olandese gridava alla “guerra commerciale”.

La forza dell’asse franco-tedesco è confermata dal modo in cui il Consiglio europeo deciderà sugli aiuti di Stato e sull’istituzione di un fondo sovrano europeo. L’Italia sta per accodarsi alla scelta in cambio di maggiore flessibilità sulle regole di governance del Pnrr (si veda articolo a fianco).

Il modo in cui ieri Giorgia Meloni ha esposto il proprio isolamento è anche l’ammissione di questa debolezza di cui la presidente del Consiglio ha una responsabilità dovuta all’incapacità di saper manovrare in politica estera. Ma sarebbe ingiusto fare di lei una paria europea rispetto ai fasti del governo precedente: in Europa, l’Italia ha sempre fatto da spettatrice. Pagante.

4 replies

  1. Per quelli che parlando di Europa gli vengono le lacrime agli occhi è giusto che due paesi dell’unione decidano per tutti gli altri ? Ma è stato sempre così. Male,molto male. Questo è la dimostrazione di un fallimento.

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    • Risposta: sì. Chi dovrebbe comandare, altrimenti? L’Italia (lo zimbello d’Europa se non ci fosse la Grecia)? Siamo realisti.

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  2. L’unione Europea con la Germania dentro è impossibile e dannosa. I Tedeschi lo stanno dimostrando da anni.

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  3. L asse franco tedesca è una realtà dal dopoguerra in poi ! Di che stupirsi ? Non capico perché la puffetta mannara dovrebbe offendersi , se ha pensato che arrivando finalmente lei !!tutti si sarebbero scansati a stenderle il tappeto rosso deve essersi gasata un po’ troppo , la diplomazia è sempre servita ad ammorbidire questa antica querelle ! Non è che lei adesso si crede la padrona d italia da servire e riverire ? C è gia stato uno a lei vicino che gasatissimo si è spento nel vento dei suoi p.. un altro pesce o criceto dalla memoria corta ? ( mi infastisce usare questi “stereotipi animali “dei detti popolari , in verità i pesci e i criceti sono molto piu intelligenti e memori di noi umani )non mi piace offenderli poiché li ritengo esseri superiori a tutti noi .

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