Il “Merito” per Meloni è ingiusto e classista

Intitolando il ministero dell’Istruzione, oltre che all’Istruzione stessa, anche al Merito, il governo Meloni ha raggiunto tre risultati. Ha dato subito prova di provincialismo: mentre nel mondo anglosassone, dove è nato, il concetto di merito è stato criticato e infine dismesso […]

(DI DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano) – Intitolando il ministero dell’Istruzione, oltre che all’Istruzione stessa, anche al Merito, il governo Meloni ha raggiunto tre risultati. Ha dato subito prova di provincialismo: mentre nel mondo anglosassone, dove è nato, il concetto di merito è stato criticato e infine dismesso come sinonimo di impostura ai danni dei deboli, lei recupera questo trastullo delle élite neo-liberiste, che diceva di avere in odio, per darsi un’allure di prestigio. Inoltre, si è data la zappa sui piedi. Nella scuola deve valere il merito che evidentemente non vige in Parlamento e al governo, dove siede gente come Santanchè, ministra del Turismo perché titolare del merito di possedere lo stabilimento balneare dei vip; se vigesse la meritocrazia invece che la democrazia, la stessa Meloni non sarebbe lì, essendo solo diplomata. Il terzo risultato è culturale, e dunque più esiziale. Scartare i candidati meno “performanti”, valorizzare i presunti competenti e le eccellenze: sono tutte parole d’ordine che dalla fabbrica e dal terziario hanno conquistato la società, la politica e, in un inarrestabile cupio dissolvi, la scuola.

Favorire i meritevoli è già un dovere costituzionale dello Stato. L’art. 34 recita: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Quell’inciso – anche se privi di mezzi – è fondamentale; è, si può dire, il cuore dell’articolo; vuol dire che il diritto di laurearsi e specializzarsi è di tutti, e che se qualcuno non nasce con un capitale finanziario, culturale e relazionale spendibile, è compito della Repubblica rendere la sua condizione pari a quella di chi invece nasce con quel vantaggio. Il problema è che in una società iniqua, le condizioni impari all’inizio del percorso scolastico non vengono sanate in seguito, ma confermate, se non (come dicono tutti gli studi, da ultimo il rapporto Caritas) addirittura peggiorate. Al contrario di quanto ha detto Meloni ieri alla Camera, chi nasce in una famiglia povera da genitori non scolarizzati non progredirà negli studi, anche se meritevole (e come si sa, le borse di studio non bastano per tutti). Il gioco è truccato in partenza. Perciò: o l’intitolazione è pleonastica (non è scontato che ogni ministero faccia applicare la Costituzione? È come intitolare il ministero del Lavoro alla “Fondazione della Repubblica”) o è truffaldina.

Meloni è scivolata contro uno spigolo che dovrebbe farle male. “Merito” è una parola neo-liberista. I politici rampanti alla Blair e gli emuli come Renzi (che si riempiva la bocca col merito mentre impostava la rottamazione sul disprezzo per i “professoroni”) ne hanno fatto una bandiera, in assenza di una visione politica che mettesse la giustizia sociale al centro del suo orizzonte. Nel 1958 Michael Young scrisse L’avvento della meritocrazia, una distopia ambientata nel 2033 in cui il merito al potere è il fantasma totalitario di una società ingiusta e classista. Blair, insipiente com’era, fraintese Young, che nel 2001 dovette spiegargli sul Guardian che il suo libro era una satira e lo diffidò dall’usare la parola “meritocrazia” in senso positivo.

Da noi il merito è stato spacciato come un rimedio contro i privilegi della “casta”, quando è l’esatto contrario: è, come dice il Papa, una legittimazione etica della disuguaglianza.

Meloni e il ministro Valditara (vicino allo stratega dell’ultradestra trumpiana Steve Bannon e ai Legionari di Cristo, relatore della immonda riforma Gelmini) applicano la bollita logica mercatista all’istruzione per inculcare nei discenti fin dall’infanzia i principi di una società competitiva (ricorderete le tre “i” della Moratti, ministra di Berlusconi: Inglese, Internet, Impresa). Si stabilisce che il migliore su piazza vada premiato grazie allo stigma razziale del privilegio genetico e/o sociale. Ma chi decide cos’è il merito? Secondo quali criteri? Le università d’èlite sfornano meritevoli rampolli del ceto alto, spesso i più furbi. Gli studenti-lavoratori, con un curriculum meno brillante rispetto ai loro colleghi più fortunati, sono costretti a farsi sfruttare dalle start-up o a consegnare pizze per pochi euro in base alle leggi fatte dai meritevoli al potere.

Dovrebbe insospettire Meloni che la trovata dell’intitolazione del ministero sia piaciuta a gente come Calenda (è strano se uno come lui, entrato giovanissimo in Ferrari perché Montezemolo era un amico di famiglia, difende i privilegi dei figli di papà?) e ai renziani, spietati darwinisti sociali che si battono contro il Reddito di cittadinanza perché chi è povero non soffre abbastanza. Una vera destra sociale si occupa di chi resta indietro. Meloni invece adotta la logica del capitalismo per cui tutto deve essere monetizzato, anche il talento e i natali fortunati. Evidentemente un conto è criticare l’egemonia delle élite su Twitter, un altro capire chi conviene favorire quando si è al potere.

Categorie:Cronaca, Interno, Politica

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19 replies

  1. Non so cosa significhi per FdI “merito”, certamente si sottovalutano, in questa querelle, la capacità di giudizio e l’ esperienza degli insegnanti.
    Cosa intendiamo per “merito”? I risultati raggiunti? Misurati in quale modo? Siamo certi che coloro che hanno più possibilità economiche e di aiuto raggiungano sempre risultati migliori? Siamo tanto certi che per un insegnante “merito” non significhi il rapporto tra le competenze acquisite, lo sforzo profuso, l’ interesse dimostrato, il rispetto nello stare insieme e per i ruoli, la volontà nel superare le condizioni eventualmente poco vantaggiose di partenza …?
    E, ricordando la nostra esperienza sui banchi, i nostri compagni “migliori” erano quelli figli di ricchi e “famosi”? Nel mio caso certamente no: dei fancazzisti della prima ora, promossi ( quando lo erano) per il rotto della cuffia.

    Purtroppo la vulgata dell’ “accoglienza” e dell’ “inclusione” ha ridotto la scuola pubblica, soprattutto nelle periferie ( sottolineo, pubblica: in quella privata confessionale di immigrati e disabili neanche l’ ombra) ad una sorta di sostituto di altri compiti spettanti alle famiglie e allo stato. Arriva un immigrato con figli, che facciamo? Facile, a scuola. Un disabile anche grave? A scuola, subito, e se il sostegno ( mai qualificato) è solo per poche ore, l’ insegnante si chiuderà a chiave in classe: se l’ alunno dovesse scappare mentre sta facendo lezione ad altri 20 sarebbe responsabilità sua (toccato con mano nella scuola elementare di mio figlio).
    Siamo l’ unico Paese che non ha classi o moduli diversi per i portatori di handicap anche gravi, nè spazi, nè personale formato ad hoc. Al grido di “disabili siamo tutti noi!”, qualche decennio fa è stato risolto il problema: chiusura della classi differenziali (anzichè loro riforma) e tutti dentro: si arrangerà l’ insegnante. E se non ce la fa, vale sempre il solito detto: “dov’ era la scuola”? E se i genitori protestano per le “inclusioni” troppo numerose e premature che rallentano la didattica – a volte in maniera drammatica – e portano scompiglio in classe, saranno “razzisti” e verrà loro ricordato che la scuola è prima di tutto un luogo di inclusione e socializzazione…
    Purtroppo i risultati si vedono, e chi potrà iscriverà il il pargolo alla prima privata a disposizione, dove le suore ed i preti – che dovrebbero, loro sì, avere la carità e l’ inclusione come primo compito – un “migrante” magari problematico per natura o per le esperienze vissute e che non conosce una parola di Italiano o un piccolo Down non lo vedono neppure col binocolo.
    Bontà, carità, desiderio di formare “il cittadino”? No, scaricabarile e risparmio di soldi. Tanti.
    Insomma,
    Vuoi mettere la bella figura della “politica” e soprattutto i soldi risparmiati?

    E’ il medesimo discorso che ha portato alla sacrosanta chiusura dei manicomi. Prima di essere attuata si sarebbero dovuti attivare, in gran numero, i presidi di zona: numerosi, con personale qualificato che monitorasse ed in caso accogliesse i pazienti lasciati in famiglia. Un aiuto costante e capillare per quello che è il compito più delicato e pericoloso lasciato in carico quasi sempre a genitori anziani, poveri ed inermi.
    Le cronache che ci parlano di pazienti psichiatrici che quasi giornalmente compiono stragi ci dice tutt’ altro: manicomi chiusi e … arrangiatevi, i soldi non ci sono.

    Se il “merito” verrà premiato, ben venga, dobbiamo però avere più fiducia negli insegnanti : il “merito” sanno riconoscerlo anche e soprattutto in coloro che sono svantaggiati di partenza. L’ ideologia “sinistra” ci ha addestrato a accettare il fatto che, date a tutti le medesime condizioni di partenza il successo per tutti sarà assicurato, o quanto meno facile. Non è così. Non è facendo finta che siamo tutti intellettualmente uguali che si raggiunge la parità Ci sono condizioni di partenza fisiologiche che ci rendono tutti diversi, anche indipendentemente dal contesto sociale. C’è chi è interessato alla filosofia e chi alla cucina; chi ha un genio matematico e chi ama lavorare la terra; chi studierebbe notte e giorno e chi andrebbe solo in giro a sballare. Chi ha molta memoria e chi poca capacità di giudizio, chi arriva prima a comprendere un concetto e chi è più lento , chi non ci arriverà mai…
    E questo indipendentemente dalle condizioni di partenza.
    Non è che cercando una impossibile uguaglianza di risultati si fa il bene di ciascuno, anzi: si costringe chi ama lo studio ad annoiarsi ed aspettare e chi lo destesta e farebbe bene altro a perdere tempo e rallentare il lavoro della classe e le legittime aspettative di chi chiede e si aspetta di più.
    Definire quindi cosa si intenda per “merito” sarebbe d’ obbligo, prima di parlarne. Le insegnanti già lo sanno e vorrebbero metterlo in pratica: purtroppo altri e meno “scolastici” compiti , che dovrebbero essere svolti da altri attori ( genitori per l’ educazione, assistenza sociale, famigliare e psicologica per l’ “inclusione” ) rendono spesso quasi impossibile tale lavoro. E l’ esodo verso le scuole private di chi appena appena se lo può permettere ( certe rette non sono proibitive) continua: nessun genitore, ad una nota, prenderà mai a calci la suora, in quei posti… Agli insegnanti pubblici, sempre additati al pubblico ludibrio, sempre più caricati di responsabilità non loro, addirittura sparano.
    Le reazioni? “Sono ragazzi, vanno capiti”.
    L’ insegnante come missionario, e anche se non è ben formato, se è un ignorante, basta che “accolga” con un sorriso: faccia bei disegni e tante “attività”…
    A forza di “capire” e di sottovalutare il “merito”, così ci siamo ridotti:

    https://www.rainews.it/tgr/veneto/articoli/2022/10/rovigo-spara-con-una-pistola-ad-aria-compressa-allinsegnante-7205ba42-e45a-4a75-968f-65075fc29733.html

    E molto altro di peggio, ogni giorno.

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    • “Siamo l’ unico Paese che non ha classi o moduli diversi per i portatori di handicap”
      SI CHIAMANO CLASSI DIFFERENZIALI
      ABOLITE NEL 1977… per fortuna
      “rapportare l’azione educativa alle potenzialità individuali di ogni allievo e adeguare la struttura più appropriata per far superare la condizione di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati”
      il “criterio di valutazione dell’esito scolastico” dove “fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto o della pagella”

      nel tuo post viene fuori tutto il tuo razzismo classista

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      • Il suo.post sarebbe giustissimo se alle belle parole fossero seguiti i fatti. Invece… tutti dentro, anche i casi più gravi, nessuno spazio dedicato ed il sostegno ( che cambia ogni anno con supplenti senza alcuna formazione ) solo se e quando si può. E i casi critici, in una classe non sono certamente solo uno…Esattamente come e avvenuto con la sacrosanta chiusura dei manicomi: viva, viva, che bello legge! Poi, abbandono pressoché assoluto a carico dei genitori. Non conosce proprio nessuno con un figlio problematico? Si faccia raccontare…
        Facile fare i ” non razzisti” quando il lavoro spetta agli altri …
        Tutto il mondo ha classi dedicate ai più fragili, ma noi siamo, come sempre, migliori…. Ed evidentemente gli unici ad essere razzisti.
        Non c’è razzismo peggiore che, per mero motivo di risparmio, offrire a tutti il medesimo servizio e non tenere conto delle esigenze dei più sfortunati.
        Purtroppo alle belle leggi difficilmente corrispondono altrettanto etici atti concreti.
        Da tempo ormai è così, e mi pare vada sempre peggio: un gran parlare dei diritti, poi, nei fatti…muri di gomma a non finire…

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      • lo scrivi ora dopo il mio post!
        ti elenco chi negli ultimi 20anni ha creato le condizioni di quello che affermi:
        Moratti,Gelmini,Renzi con le varie “riforme”
        per non parlare dei vari decreti ministeriali demenziali e il continuo ricorso agli insegnanti precari per risparmiare.
        Per tua conoscenza conosco perfettamente la situazione, lavorando spesso per i comuni, le provincie e gli istituti scolastici, per non parlare di famigliari che usufruiscono e hanno usufruito della scuola come studenti e alcuni anche come insegnanti.
        Per cui leva quel ditino supponente, è valido il tuo primo post per descrivere come la pensi!

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  2. Il concetto di merito è complesso… Chi merita, Il più bravo, studioso e intelligente? In questa categoria rientrano spesso persone sensibili, spesso con fragilità caratteriali, cedevolezza sul piano operativo, sono le persone che più si perdono, non ce la fanno, quindi meritano o no? nell’ottica neoliberista merita chi ce la fa, che significa sapersi destreggiare in un mondo di squali, un discorso che porta dritto dritto al darwinismo sociale, meritano i migliori che spesso si identificano con i più furbi, forti e cinici oltre a quelli più aiutati, che meritano sempre immancabilmente; il concetto di merito seppure corretto sul piano morale, non è innocuo sul piano fattuale.

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    • Certamente, Carmen, ma non possiamo permetterci di perdere migliaia di giovani laureati o diplomati che cercano “fortuna” – leggi competenze raggiunte con fatica pagate in maniera adeguata – all’estero.
      Abbiamo pagato con le nostre tasse miliardi per formare giovani ” meritevoli” di ogni estrazione sociale ( che hanno imparato un mestiere o che hanno raggiunto determinate competenze) e poi li regaliamo allegramente a Paesi molto più ricchi di noi mentre importiamo per lo più bassa manovalanza problematica ( i migranti scolasticamente ben formati non vengono certamente da noi… basta vedere la composizione etnica e nazionale di chi si ferma qui).

      Ci continua ad andare bene tutto questo? Ci conviene per il.” bene dell’Italia”?
      A quanto pare sì, e lo stiamo ben vedendo in corso – Covid: quello che interessa sono i guadagni di baristi, ristoratori, discotecari, albergatori… Se le poche Aziende ad alto know how che ancora possediamo chiudono o vengono comprate per poi delocalizzare, nulla si muove salvo generiche promesse: è la globalizzazione, bellezza.
      E avanti così: pizza, mandolino ( anzi, rapper…), ” eventi” e affitti in nero. Se i più formati se ne andranno, buon per loro…

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      • Alla pari con l’articolo? 😳
        A me sembra che l’idea di fondo vada in direzione opposta, quasi “spiegandoci” il pensiero della Meloni, che non condivido.
        Condivido, invece, il commento di Carmen.

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  3. IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO- Viviana Vivarelli

    Il discorso alla Camera della Meloni ha fatto nascere molte discussioni. Uno dei punti contestati è il fatto che abbia creato il Ministero dell’Istruzione e del Merito.
    Qui i punti pedagogici interessati sono due.

    Il primo punto è che nella scuola capitalista, che è fondamentalmente una scuola del merito, è centrale l’idea di premiare i migliori. Ma i migliori sono spesso i più fortunati economicamente, quelli che escono dalle famiglie più ricche, le quali hanno potuto dar loro più aiuti, senza contare il nepotismo e la corruzione per cui i più ricchi godono di protezioni illegittime o illegali (vedi Lollobrigida che diventa Ministro perché cognato della Meloni, o i tanti che hanno avuto cattedre o hanno vinto concorsi grazie alla corruzione delle Università). Si arriva al punto di avere imprenditori figli di imprenditori, medici figli di medici, notai figli di notai, politici figli di politici… e viceversa operai figli di operai, contadini figli di contadini, precari figli di precari…
    Ma questo è un ritorno alla divisione in classi sociali del Medioevo al cui limite estremo troviamo la divisione in caste dell’induismo. Si ha il lavoro della casta in cui nasci. Ciò irrigidisce la società in scatole chiuse che impediscono che il sistema nella sua interezza si avvalga delle possibili capacità di tutti.
    Nel sistema capitalista abbiamo una rigidità simile, si tende alla conservazione delle classi di potere per censo e il merito diventa lo strumento selettivo di classe. Negli USA diventano Presidenti solo i più ricchi. In UK mezzo Parlamento è lì per diritto ereditario.
    Al fine di cristallizzare la società in classi rigide, in USA o in UK persino le scuole sono divise in scuole ‘per ricchi’ e scuole ‘ per poveri’. Le scuole pubbliche godono di pochissimi contributi dello Stato e sono scadenti. Le scuole private hanno rette altissime, si reggono sulle laute donazioni degli ex allievi ricchi e sono decisamente migliori. Le scuole private costano moltissimo e aprono alle università migliori a cui ovviamente possono arrivare solo i ragazzi che escono dalle scuole private primaria e hight più costose. Poi, chi esce dalle università migliori e più costose enterà a far parte della crema della società: i dominatori. Gli altri ne saranno esclusi: i dominati. Le divisioni in classi per censo sono decise già dalla scuola primaria e condizionano la società futura.

    L’altro punto di discussione è quello della valutazione, per cui il merito vale individualmente e crea una selezione nella stessa aula. Vige il sistema ‘uno contro tutti’. E’ vietato aiutarsi l’un l’altro. È escluso il lavoro di gruppo. Si esalta il lavoro del singolo. Si ignora la solidarietà e si esalta l’egoismo.
    Al contrario, nella scuola di Don Milani uguaglianza e merito si integravano in un processo collettivo in cui ciascun ragazzo si metteva al servizio degli altri. Vinceva il noi, non l’io. Il lavoro di squadra e non l’invenzione del genio. Non il merito ma il sostegno reciproco.

    Nel discorso della Meloni si sottolinea una società dove prevalgono i più ricchi e si esalta l’egocentrismo. Non democrazia ma plutocrazia. Non partecipazione e spirito sociale ma lotta del singolo contro tutti e classi privilegiate.
    Torna in mente la famosa frase di Berlusconi: “Non vorrete mica che il figlio di un operaio diventi un professionista?!!”

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  4. La destra è individualista, sono conservatori e concreti, e il merito per loro è premiare chi è più bravo nel compiere una determinata azione decisa da chi la commissiona.
    Prevedo che con questo governo si faranno leggi riforme circolari dove si premieranno studenti con i voti migliori, insegnanti che promuovono e dirigenti che non disperdono studenti… Cos’è di questo tipo. Chi giudica? La famiglia e studenti …

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  5. Aspettiamo i fatti prima di parlare. Se le ” promesse” saranno mantenute come quelle del PD ( e dei 5 stelle targati Casaleggio ) possiamo stare tranquilli. Molto rumore per nulla.

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    • Soglia del contante a 10mila euro

      Ora non ti lamentarai per il prezziario da STRADA.

      Oppure ti pare poco, trollina?

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      • Io il contante lo abolirei del tutto. Personalmente ci metto del mio acquistando on line e uscendo dai negozi che fanno dei distinguo: nel portafogli non ho mai un euro, pago con il bancomat anche il caffè.
        Se tutti facessero così non ci sarebbe bisogno di alcuna ” soglia” :e neppure di propaganda: come dico sempre è la somma che fa il totale, è ciò che facciamo e non quello che diciamo che conta.
        Immagino lei faccia altrettanto, @ Andrea…

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  6. Io consiglierei a tutti la visione del film Nostalgia, dove si tratta il tema della scelta, e se sia effettivamente possibile….in certe, troppe, realtà sociali di disagio, non solo economico, ma familiare, educativo ed ambientale, dove arrivano prima le organizzazioni criminali a mettere le mani sui ragazzini, è scelta o percorso predestinato? E quale merito può far risaltare la scuola, isola, in un contesto, dove le condizioni di diseguaglianza sociale sono aggravate dalla discultura di violenza, sopraffazione e modelli di riferimento aberranti? Le condizioni, di partenza, che dovrebbero permettere non il successo, ma il merito, inteso come la possibile e migliore realizzazione di sé e per sé, sono esclusivamente economiche, od esiste una povertà complessiva, oltre quella sociale, di disagio, emarginazione, destino segnato , dove più che il merito, sembra venga richiesto eroismo? In certe realtà frequentare la scuola e non i malavitosi, è già un merito……abbandonare il ” modello ” cognitivo ed ambientale è difficile, se non impossibile, e la scuola o la cultura del merito meloniano, non bastano!

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  7. Ero d’accordo con Carolina solo sul fatto che il merito ci deve essere per gli insegnanti, i bambini/ragazzini vengono dopo, e di tratta di un “merito” ben diverso……come per i magistrati, fare gli insegnanti e ottenere avanzamenti di carriera soltanto per anzianità e perché “ci si sa muovere”all’interno del plesso scolastico, o amcir peggio per conoscenza, dinastia e/o raccomandazione è un qualcosa da brividi. Idem per i magistrati che avanzano di carriera solo per anzianità. Sono una c@zzo di carta e non c’è nulla da fare, non si toccano, i milioni di voti che portano al partito di turno sono troppi.
    Ps:mia nonna è stata insegnate alle elementari tutta la vita, idem mia madre
    Hanno avuto troppi privilegi rispetto ad altre categorie di dipendenti pubblici (il che esserlo è già di per sé un privilegio)

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    • Purtroppo credo che “merito” sia riferito agli studenti…
      quelli della scuola dell’obbligo, tra l’altro, perché quello dell’Università è un altro ministero.

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