Ode a Giorgia, dal “popolo” alla conquista delle italiane

Che momenti. I giornali incensano la (o “ il”?) premier. Draghi le porge la campanella “con un sorriso da nonno delle istituzioni e lei, felice come una bambina che riceve il giocattolo dei sogni, la fa squillare”. Oscilla tra il rigore da generale prussiano di una scarpa derby, e la femminilità ‘ninnoleggiante’ e tradizionalissima […]

(DI DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano) – Oscilla tra il rigore da generale prussiano di una scarpa derby, e la femminilità ‘ninnoleggiante’ e tradizionalissima di un braccialetto in brillanti modello tennis, che per certe donne è un approdo sulla riva di quelle che ce l’hanno fatta. Per certe donne… Non certo per lei che due giorni fa è entrata nella storia, sai cosa gliene frega di sentirsi arrivata grazie a un gingillo, a Giorgia Meloni? (Giornale)

Il primo dato che colpisce è la tempra e la determinazione della premier. Ha realizzato una specie di veni, vidi, vici in chiave moderna (Stefano Folli, Repubblica).

Essenziale e diretta, come il look che sceglie per salire al Quirinale: tailleur Armani blu come la camicia e décolleté di velluto. Unico vezzo, il tacco a spillo oro da 12 e la chioma sciolta, che cambia rispetto alla coda bassa della mattina (Avvenire).

Tutte come Giorgia, usurpate le influencer. Il look sfoggiato dalla leader di FdI ha stregato le italiane (Messaggero).

‘Certo che la conosco, è una cliente’ racconta Alessandro, uno dei fratelli Squarcia proprietari della macelleria in via delle Sette Chiese. L’ultima volta che è venuta è stato due mesi fa. ‘Compra fettine, hamburger, è una persona normalissima, una del popolo’ (Ansa).

… giornalista di Mediaset, 40 anni, 4 meno della premier, che scende dalla 500 L di famiglia, chioma fluente, pizzetto alla Brad Pitt, abito scuro, cravatta blu con piccolo tricolore, dono recente di Giorgia ai suoi. Sventola un saluto e un sorriso all’indirizzo dei flash. Tiene per mano la First Daughter, Ginevra, sei anni, riccioli biondi, occhi azzurri, una Giorgia in miniatura che si mette a saltellare tutta allegra nel suo vestitino con le piume e conquista subito i fotografi (Corriere della sera).

E suonando la campanella mostra, sotto al completo pantalone, un paio décolleté elegante a tacco basso. C’era appena stato il passaggio di consegne. Deve aver pensato: ora che ho un altro paio di scarpe, cammino con le mie gambe (Repubblica).

Tale l’emozione e il timore di imprevisti nell’incedere sulla guida rossa che Meloni sceglie il pit stop per le scarpe (Stampa).

La premier in pectore ha offerto una dimostrazione di leadership: con frasi secche e definitive ha ribadito la fedeltà alla Ue e alla Nato (Stefano Folli, Repubblica).

Meloni arriva… dalla Camilluccia, zona “bene” della Roma nord… prima del trasloco forzato alla Garbatella, quartiere popolare a sud. Colpa di un incendio a cui contribuisce, a 4 anni insieme alla sorella, lasciando una candela accesa nella capanna costruita in cameretta. Se la dimenticano per guardare Candy Candy in tv e il fuoco divora l’appartamento. La madre ricomincia da zero. Un esempio che resta impresso nella mente della leader che nel 2008 fonda FdI, partito nato dalle ceneri di Alleanza nazionale (Avvenire).

Ma alla base del rapporto tra Draghi e Meloni ci sono anche ragioni di reciproca stima personale… Fu allora che Draghi commentò: “È leale, lei” (Corriere).

Dall’agenda Draghi all’agenda Meloni. Il raffinato allievo di Modigliani e di Caffè e la pasionaria della destra romana non potrebbero essere più diversi. Eppure, in qualche modo si piacciono… (Giornale).

Potenza e controllo. La premier sa bene che la potenza… non è nulla senza il controllo… I no, anche brutali, che ha detto ai suoi alleati derivano tutti da quella che per lei è una priorità assoluta: non vuole che il suo governo somigli a una gita aziendale (Corriere).

Sono tutti di destra (centro) e diversi da loro (quelli di prima). Roberto Speranza, la pacchia è finita. Sono nati i Meloneskin, la nuova rock band di governo. La fondatrice è Giorgia Meloni come Victoria dei Maneskin (Foglio).

È stata la cerimonia di insediamento più rispettosa, confidenziale e calorosa dagli ultimi anni, tutta sorrisi, complimenti, trilli di campanella e pacche sulle spalle (Corriere).

Piccolina, tenacissima, abbandonata dal padre e cresciuta in una famiglia al femminile. Giorgia è il sogno più audace di tutti i suoi avi. Una che non ha avuto solo l’ambizione di fare molta strada, ma di farla tutta. Lucida, costante e concreta (Giornale).

La “capa” (Foglio).

E quando l’ex banchiere le consegna la campanella la scena sembra studiata per la gioia dei filmmaker. Lui gliela porge con un sorriso da nonno delle istituzioni e lei, felice come una bambina che riceve il giocattolo dei sogni, la fa squillare più volte piegando la testa e ammiccando: ‘Si sente?’ (Corriere).

Pronuncia la formula di rito senza leggerla, guardando Sergio Mattarella (Corriere).

Voce poco stentorea… pronuncia la formula di rito. A memoria – sguardo fisso su Sergio Mattarella – senza leggere (Huffington Post).

Emozionata Giorgia. Ma anche consumata professionista. E dunque non ha sbagliato niente alla cerimonia del giuramento. È in total black, iper-istituzionale nel suo tailleur pantaloni. È l’unica fra tutti i suoi ministri che non legge il testo del giuramento ma lo recita a memoria. Non lo declama – perché la sobrietà vuole essere la cifra del nuovo centrodestra diverso dallo sfavillio del vecchio berlusconismo – e lo scandisce con una pacatezza accolta nell’emozione (Messaggero).

Un tailleur (capo d’abbigliamento intramontabile della moda femminile) composto da due pezzi, giacca e pantalone blu navy, camicetta in tinta, su décolletè neri. Un look impeccabile e serio e un colore scelto non a caso: il blue Navy, il colore istituzionale per eccellenza. Si narra che sia stato creato da alcuni sarti che vinsero una competizione per creare un abito per la Regina Carlotta, moglie di Re Giorgio III (Mattino).

Determinata e saggia, sfumando le posizioni del passato in virtù di un europeismo più convinto. L’autoironia la aiuta, come quando trasforma il refrain di due dj sulla sua frase “Sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana” in qualcosa che accresce la sua popolarità (Avvenire).

Gli applausi della folla in attesa dell’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi per la tradizionale cerimonia della campanella scoppiano già quando l’italianissima ammiraglia dell’Alfa Romeo, la Giulia, gira l’angolo di via del Corso. In cima all’imponente scala che conduce alla Sala dei Galeoni c’è l’ormai ex premier Mario Draghi. Le sorride. Lei sale (Verità).

Meloni sceglie il maschile. Nei comunicati ufficiali scelta la formula “il presidente” e non “la presidente” (Agi).

“… ieri sera, alle 19.50, sulla terrazza del Gran Melià di Roma, hotel 5 stelle con vista sul Vaticano… il neo presidente del Consiglio ha incontrato il capo di Stato francese” (Corriere). (Attendiamo dispaccio per abolire il ‘lei’ e ripristinare il ‘voi’, ndr).

Categorie:Cronaca, Interno, Politica

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7 replies

  1. “(Attendiamo dispaccio per abolire il ‘lei’ e ripristinare il ‘voi’, ndr)”
    Copiona! 😆

    Primi segni di riposizionamento delle lingue.

    Ps Io ho notato una cosa, una sola, che mi è piaciuta della tipa.
    Quando ha dichiarato che era stato fatto il suo nome come PDC, le è scappato da ridere…un barlume di autoironia che mi ha stupito e che le ha fatto, in qualche modo, onore.

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  2. Tipico di ogni nuovo premier “allineato”, cioè col placet Dem US (Conte escluso, quindi, e pure Salvini, nel caso… Berlusconi ormai …). Leccamenti a non finire.
    E, da parte della “opposizione” (tranquilli, solo di facciata… “comunisti” e “fascisti” con tanti soldi nei territori “collaborano” da sempre : scuole private, cliniche private, Movimenti Ecclesiali…) solito attaccarsi alle cavolate. Con livore e ben consci di aver arato negli anni il terreno della guerra tra poveri.
    Resta misterioso il fatto che tanti cittadini – pur in presenza di un “partito democratico” che da tanti anni “lavora bene” soptattutto nei territori, dicono i “giornali” – non abbiano votato cotanti fenomeni di “democrazia e diritti” e siano restati a casa o abbia votato dei “fascisti” tanto ridicoli…
    Mai che un giornalista o un politico tanto attento ai “diritti” se lo chieda: che sia colpa di Putin oppure del fatto che il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, alla sicurezza… siano “percepiti” ( anche dal popolo LGBT+…) più pressanti del sesso degli angeli?

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  3. “Un esempio che resta impresso nella mente della leader che nel 2008 fonda FdI, partito nato dalle ceneri di Alleanza nazionale (Avvenire).”
    Fratelli d’Italia fondato nel 2012 da Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni, la quale lo presiede dal 2014.
    A furia di leccare la data sulla lingua rimane

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  4. Riporto di Massimo Mazzucco:
    Nell’arco di poche settimane si è verificato il passaggio dei poteri nelle mani del centro destra. Quello che fino a poco tempo fa per la destra era un sogno apparentemente irraggiungibile – avere una solida maggioranza con cui controllare il parlamento – oggi è diventato realtà.

    Ma c’è tutta una categoria di persone, in Italia, per le quali questo passaggio di poteri è inaccettabile.

    Non sto dicendo che sono scontenti. No, per loro è proprio inaccettabile, nel senso che non riescono ad accettarlo.

    Lo si è visto chiaramente nelle dozzine di dibattiti televisivi degli ultimi giorni. Lo “scandalo” è iniziato con le elezioni alla presidenza del senato e della camera di La Russa e Fontana: due persone legittimamente elette, da un parlamento a sua volta legittimamente eletto, che secondo Letta e i suoi seguaci “offendevano” l’immagine dell’Italia nel mondo. Poi è venuto il momento della formazione del governo, con altre scelte “irricevibili” a causa del passato poco simpatico di alcuni neo-ministri.

    Il piagnisteo è continuato per diversi giorni, con gente come Massimo Giannini, Lilli Gruber, Tomaso Montanari, Lucia Annunziata e mille altri “intellettuali di sinistra”, che continuavano a citare gli eventi in corso come qualcosa di assolutamente inaccettabile.

    Come se fossero loro quelli deputati a decidere cosa sia accettabile e cosa no.

    Perchè qui sta il cuore del problema: nella cultura italica predominante, tutto ciò che è di sinistra è sempre stato “buono” per definizione, mentre tutto ciò che è di destra è sempre stato “male” per definizione.

    E purtroppo, i padroni del discorso sono proprio i “piddini” con aderenze varie (una volta li avremmo definiti catto-comunisti) che lavorano nell’informazione. Sono la stragrande maggioranza, e cercano di influenzare con il loro enorme potere ciò che pensa la popolazione.

    A nessuno di loro viene da pensare che, avendo la maggioranza degli aventi diritto votato il centro-destra, l’Italia in questo momento SIA un paese di centro-destra.

    No, per loro non esiste correlazione fra il voto delle urne e la realtà che ci circonda. Per loro questo è stato solo un errore, un perfido sortilegio di qualche oscuro meccanismo elettorale, che sta mandando a destra un paese che secondo loro resta essenzialmente di sinistra.

    Questa incapacità di accettare un pensiero diverso come assolutamente legittimo era la caratteristica fondamentale del fascismo storico, ma oggi, guarda caso, caratterizza fortemente la sinistra in Italia. I veri fascisti – per quanto vogliano rivestirsi di politically correct – oggi sono loro.

    E ve lo dice, tanto per chiarezza, uno che non è mai stato di destra in vita sua.

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  5. Non capisco le lodi alla Meloni in quanto donna e la richiesta alle donne di elogiarla perché dello stesso sesso
    Anche nei lager c’erano delle donne kapò. E allora??

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  6. Corriere della Sera

    “DAL NOSTRO INVIATO KIEV – Ieri il presidente Volodymyr Zelensky ci ha concesso questa intervista per circa un’ora nel suo ufficio protetto da sacchetti di sabbia e cavalli di frisia nel centro della capitale ucraina.

    Presidente, in Italia abbiamo un nuovo governo: la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani hanno manifestato chiaramente simpatie pro-Nato in sostegno all’Ucraina. Ma è un governo che ha componenti rilevanti che si sono espresse a favore della Russia sia nel passato che di recente. La preoccupa?

    «Per ora posso solo parlare in modo positivo del vostro governo appena insediato, nessuna impressione negativa. Ho avuto una conversazione telefonica con la nuova premier che si è detta chiaramente favorevole alla nostra comune alleanza e mi ha assicurato il suo pieno sostegno per l’Ucraina contro l’aggressione russa».

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    Che alleanza, anche nella Nato?

    «Un’alleanza in genere nell’Unione europea. E ora la nuova premier è pienamente coinvolta nella discussione a Bruxelles per inviarci un pacchetto di nuovi aiuti militari, mi sembra tutto positivo».

    Cosa ha pensato sentendo le dichiarazioni filo-Putin di Berlusconi?

    (Qui si interrompe e risponde in inglese) «Berlusconi ha persino utilizzato le stesse espressioni e la narrativa di Putin. Non ho visto in quelle frasi le opinioni personali di Berlusconi, si è limitato a ripetere quelle di Putin e ciò mi spaventa meno. Lo vota solo l’8 per cento degli italiani e questa è la risposta confortante del vostro elettorato, ciò mi basta… Comunque, ha quasi 90 anni e gli auguro di restare in buona salute».

    Lei sa anche che il leader della Lega, Matteo Salvini, ha avuto simpatie per la Russia di Putin. Cosa risponde a chi sostiene che l’Italia potrebbe diventare il cavallo di Troia della Russia per indebolire l’atlantismo europeo?

    «Vedo che il popolo italiano sostiene davvero l’Ucraina. Ma è una sfida difficile, comporta un lavoro quotidiano contro l’invasione russa lo vedo io stesso ogni giorno, a costo di sopportare nuove incertezze economiche. So che è difficile rinunciare a fare affari facili con la Russia nel breve periodo, si rischia una certa instabilità economica, ma è per il futuro della stessa stabilità, democrazia, civiltà e libertà europea».

    Cosa si è detto con la premier italiana?

    «“Giorgia? Volodymyr chiamami Giorgia!” Mi ha risposto dopo che io l’avevo chiamata per nome, è andata proprio così, subito. È stata diretta e personale. Credo che abbiamo costruito un’ottima relazione in continuità con il periodo iniziato da Draghi. Con Draghi il livello delle nostre relazioni bilaterali aveva fatto un salto in avanti e ora continueremo a migliorarlo: le ho detto questo e lei mi ha risposto che certamente era anche la sua volontà, che non intende distruggere nulla di ciò che è stato costruito. Con Giorgia abbiamo condiviso gli stessi concetti e non vedo come l’Italia possa diventare nel prossimo futuro il cavallo di Troia della Russia. L’ho invitata a Kiev e lei ha replicato che verrà. Certo ci sono rischi, ma non credo che al momento dipendano da noi, siamo aperti e onesti con l’Italia. Ringraziamo per gli aiuti ricevuti, tengo a dire che sono molto rilevanti. All’inizio erano rapporti complicati, poi i rappresentanti italiani sono venuti a Kiev, hanno verificato le conseguenze dell’aggressione militare e hanno capito. Non serve molto, basta vedere che cosa è capitato per stare dalla nostra parte. Sono i russi che ancora non vedono e non capiscono l’evidenza della verità».

    Avete qualche richiesta specifica per l’Italia?

    «Ci servono difese antiaeree, per noi è vitale. Vogliamo che i nostri profughi tornino in Ucraina, dobbiamo ricostruire la nostra economia, che i bambini vadano a scuola, che la società riprenda a funzionare pienamente. E per questo ci servono armi contro gli attacchi dall’aria e per garantire la sicurezza dei civili. L’Italia produce sistemi di difesa antiaerea assieme a Francia, Germania e pochi altri: speriamo possano aiutarci».

    L’Europa è divisa: teme che oggi sia meno determinata contro la Russia rispetto all’inizio dell’invasione?

    «Noi abbiamo smesso di avere paura il 24 febbraio e abbiamo iniziato a combattere per difenderci. Non abbiamo il tempo per avere paura, siamo cambiati, questa guerra ha cambiato un mucchio di cose. Si deve combattere per tutto, anche per avere buoni rapporti diplomatici, per le alleanze, per le sanzioni, per le risoluzioni Onu e per non avere paura (ride)… La guerra ha alti e bassi, certamente in Europa vediamo Paesi con atteggiamenti diversi, ma il fattore positivo resta che ci ha uniti contro l’invasione».

    Cosa risponde a chi afferma che sta a lei cercare la pace?

    «Sappiamo bene: è la nuova narrativa. Io ho sempre voluto parlare, ma non con la pistola puntata alla tempia. Sin dall’inizio non è stato un dialogo, ma una lunga serie di ultimatum imposti con la forza da Putin. I russi sostenevano che venivano a difendere chi parlava russo, ma in verità le violenze peggiori le hanno perpetuate a Kharkiv, Mariupol e nelle zone dove prevalevano la cultura e la lingua russe. Se volete il dialogo non occupate una centrale nucleare, non uccidete civili, non sparate oltre 130 missili in un solo giorno. Non è nelle mie mani di fermare la guerra: ciò che posso fare è non perderla, combattere per difendermi, sono loro che hanno invaso la nostra terra per massacrarci e lo hanno iniziato sin dal 2014 occupando la Crimea. Si combatte in Ucraina, non sul territorio russo. Se si ritireranno, allora sarà possibile iniziare a trattare e cominciare a convivere da Paesi vicini».

    Oggi si entra nel nono mese di guerra: come valuta la situazione sul campo?

    «I russi non vogliono fermarsi, sin dall’inizio hanno avuto lo stesso piano di occupare tutta l’Ucraina. E noi centinaia di volte abbiamo proposto di parlare: da quando sono diventato presidente nel 2019 sono stato pronto a negoziare sfruttando ogni canale, qualsiasi emissario. Da Mosca dicevano che non volevano trattare della Crimea, bene rispondevo, allora parliamo del Donbass, ma non perdiamo tempo. Tuttavia, non ha mai funzionato neppure il documento di Minsk del 2015, loro volevano solo congelare la situazione, non risolvere i problemi. Mosca non ha mai voluto un vero dialogo nel rispetto reciproco, ha imposto soltanto che noi riconoscessimo situazioni raggiunte con la forza. Gli unici successi parziali sono stati gli scambi di prigionieri e anche in quel caso Putin non ha mantenuto la parola data».

    Sarete in grado di liberare la regione di Kherson?

    «Certo che lo faremo. Ma il prezzo è alto, costa morti e noi diamo un peso alla vita della gente. Chiediamo più armi per salvare le esistenze dei nostri soldati, mentre l’esercito russo non si fa molti problemi nel fare massacrare i suoi uomini al fronte».

    Quando crede potrà accadere?

    « Non vedo i russi scappare in massa dal Kherson, fanno finta, sono ritirate strategiche. Non sono in realtà ancora pronti ad abbandonare la regione, anche se rischiano di restare accerchiati dalle nostre truppe».

    E l’evacuazione dei civili dal Kherson?

    «Solo teatro. I russi mantengono le loro unità migliori sul posto».

    I russi mettono in guardia che potreste usare una «bomba sporca», lo ha ripetuto due giorni fa il loro ministro della Difesa Sergei Shoigu. Cosa risponde?

    «È una questione importante, ci tengo ad essere chiaro. I russi vogliono spaventare, intimidire, possono preparare una provocazione. Potrebbero colpire infrastrutture nelle centrali nucleari per poi dire che in quel luogo si stava producendo materiale atomico. Mosca cerca giustificazioni nei confronti del mondo e della società russa. Non sappiamo bene cosa vogliano fare, ma certamente puntano il dito sulla nostra pericolosità per giustificare le aggressioni. Ecco perché noi insistiamo anche per la presenza degli ispettori internazionali alla centrale atomica di Zaporizhzhia e vorremmo lo stesso negli altri impianti del Paese».

    Mosca sconfitta militarmente può usare l’atomica?

    «Se la Russia ha deciso di usare l’atomica lo farà, indipendentemente da ciò che avviene sul campo di battaglia. Da qui l’importanza delle pressioni della comunità internazionale. Del resto, noi non possiamo condizionare il diritto di difendere la nostra terra alla minaccia nucleare. Un ricatto inaccettabile. Se fosse così, domani la Russia potrebbe minacciare tutto il mondo e avanzare in Occidente, conquistare per esempio i Paesi Baltici, per ricostruire la vecchia Urss».

    Come vede le critiche che arrivano dal Pentagono contro i vostri metodi di combattimento?

    «Abbiamo ricevuto alcuni segnali che ci hanno preoccupato. Però sembrano più messaggi politici interni agli Stati Uniti, legati al dibattito in vista delle elezioni di mid-term. Vedo tuttavia sia Repubblicani che Democratici decisi a continuare l’invio di armi».

    Teme il fantasma del ritorno di Donald Trump, l’amico di Putin, al potere?

    «In ogni caso, sta agli americani scegliere. La mia opinione non conta. Ora Joe Biden aiuta più di ogni altro. Ma non so cosa farebbe Trump al suo posto: quando era presidente, Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina».

    All’inizio della guerra lei stesso propose un summit con Putin per congelare lo status quo della Crimea e del Donbass per 15 anni in cambio del ritiro dei russi ai confini del 24 febbraio. Ora afferma invece di volere tornare alle frontiere del 1991…

    «Le nostre informazioni e i servizi di intelligence alleati ci dicono con certezza che i russi non intendono assolutamente fermarsi. Mosca esige che noi si riconosca la Crimea parte integrante della Russia e si accetti le repubbliche cosiddette indipendenti di Lugansk e Donetsk, inoltre vogliono tenersi Mariupol, tutta l’area lungo il Mare di Azov che hanno occupato. Sono condizioni che la società ucraina non può accettare: a Mosca lo sanno e quindi insistono per accusarci di boicottare il dialogo. La Russia tratterà solo quando avrà capito che non può vincere militarmente. Noi siamo sempre pronti a negoziare».

    Come si arriva alla pace?

    «Isolando la Russia e battendola in battaglia. La comunità internazionale, compresa la Cina, deve fare pressioni su Mosca. Speriamo che la maggioranza delle nazioni si unisca contro chi minaccia il ricorso all’atomica».

    Ma perché lei è meno flessibile di prima?

    «Noi tutti all’inizio volevamo fermare la guerra. Ma poi abbiamo visto gli orrori di Bucha, a Irpin, la gravità dell’occupazione a Mariupol. I russi sono diventati non solo aggressori, ma anche terroristi. Impossibile parlare con i terroristi. E abbiamo capito che non vogliono lasciare spazio ad un’Ucraina indipendente».

    Il ruolo della Cina?

    «Vedo lo sviluppo di alcuni scambi commerciali, ma i cinesi non sostengono la Russia militarmente e ciò è molto importante. Spero che a Pechino abbiano compreso la gravità delle azioni russe, dalle minacce alle centrali nucleari al blocco del Mar Nero. Certamente un appello cinese a fermare la guerra troverebbe ascolto a Mosca».

    E l’Iran?

    «Mi spiace, ma è ovvio che Teheran ha fornito centinaia di droni ai russi e altre migliaia sono in arrivo».

    Teheran nega.

    «Abbiamo prove inconfutabili e loro lo sanno benissimo. Chiediamo che smettano subito».

    Come spiega a un imprenditore italiano che deve pagare per la difesa dell’Ucraina e tagliare con Mosca, mentre il prezzo del gas va alle stelle?

    «Non c’entra con noi. Mosca nel passato ha già usato l’arma dell’energia, detesta che voi europei possiate diventare indipendenti dal gas russo. E comunque già l’anno prossimo avrete trovato fonti alternative. Se cadete vittime del ricatto russo oggi spenderete meno, ma nel futuro a farne le spese saranno i vostri figli. Paghiamo tutti un prezzo per la nostra libertà, altrimenti sarà Putin a dettare le regole».”

    Non sono riuscita a finire di leggere, per via dei conati.

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    • E INFATTI, non ne ha detta una giusta, mentre il CORSERVA-NATO gli dava ragione con la lingua sbobinata per terra.

      Per esempio: ZeZe dice che hanno voluto la pace, ma sappiamo che è stato LUI a rifiutare il Piano Macron del 8 febbraio e quello Scholz del 19 febbraio, che sempre il 19 febbraio è stato LUI che ha dichiarato di voler far tornare l’Ucraina una nazione NUCLEARE.

      E’ lui che fa bombardare la centrale nucleare, la prigione degli Azov che cominciano a collaborare, e far scoppiare camion bomba in Crimea.

      E’ lui che sempre il 19 febbraio ha fatto aumentare i bombardamenti nel Donbass.

      E’ lui che fa bombardare Belgorod e altre località in Russia.

      E’ lui che fa morire 10.000 soldati suoi compatrioti per tentare invano di consquistare Kherson, e adesso dice che sono i russi che non hanno interesse per la vita dei loro soldati, mentre gli ucraini vengono mandati allo sbaraglio ad ondate umane quasi come ai tempi dell’Iran di Khomeini!

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