I giganti americani come BlackRock e Jp Morgan gestiranno direttamente trasporti, salute, difesa, scuole e università

(di Alessandro Parente – ilfattoquotidiano.it) – Sulla ricostruzione dell’Ucraina governi, multinazionali, giuristi e lobbisti lavorano sin dall’inizio della guerra, anzi, già da prima, se per ricostruzione si intende privatizzazione e investimenti esteri nel Paese, argomento al centro anche della rivoluzione di Piazza Maidan. Con un governo, quello di Yanukovich, che secondo il Morning Star, si oppose alla “liberalizzazione per consentire un migliore accesso al mercato per i fornitori di servizi europei e una maggiore protezione per gli investitori stranieri”, temendo che l’industria ucraina non fosse allineata alle norme dell’Ue, e quindi non sarebbe stata in grado di sostituire le esportazioni verso la Russia con le esportazioni verso l’Ue, cosa che avrebbe portato alla deindustrializzazione e la retrocessione dell’Ucraina a un fornitore di materie prime verso economie più sviluppate.
Nel 2020 il primo attacco al settore pubblico ucraino arriva con una legge fortemente spinta dall’Uk volta a limitare i diritti dei lavoratori, denuncia il media ucraino Commons. Poi nel 2022 il gruppo finanziario di Wall Street, Goldman Sachs, mentre vendeva titoli di debito russi a prezzo stracciato a speculatori che li nascondevano nel portafogli privato per sfuggire alle sanzioni, consigliava Zelensky su come gestire l’economia di guerra e attrarre gli investimenti per la ricostruzione, mentre un altro dei maggiori istituti finanziari, BlackRock, si occupava della creazione di un fondo di ricostruzione.
A pochi mesi dall’aggressione russa del 2022, in Svizzera si teneva la Urc, Ukraine Reconstruction Conference, già prevista da prima con il nome di Ukraine Reform Conference; nonostante il cambio di nome, il programma non ha subito grandi variazioni. Il primo di questi incontri ha avuto sede a Londra nel 2017, fortemente voluto dall’allora primo ministro Boris Johnson, aveva tra i punti centrali difesa e sicurezza. Il gruppo di lavoro includeva Uk e paesi europei, ma non solo, presenti anche Corea del Sud, Israele, Stati Uniti, immancabili la Banca Mondiale e la Eu Investment Bank. Tra gli scopi dichiarati del pacchetto di riforme da far passare in Ucraina c’era quello di “privatizzare le imprese statali”, e anche le banche, “tramite un protocollo semplificato”, riforma che entrerà in vigore nel 2018, semplificando la catalogazione di imprese e infrastrutture pubbliche per dimensioni. Per quelle di basso valore le aste si svolgono su un sito che prende il nome, dal suono ironico, di ProZorro.sale, dove privati non ucraini possono comprare cose come la stazione degli autobus di Kiev, mentre per le più grandi, come per esempio l’impresa energetica nazionale Centrenergo o la Odessa Port Plant, l’acquisizione è in via diretta col governo.
Da poco indipendente dall’Urss, l’Ucraina conservava una struttura socialista, in cui le principali imprese erano di proprietà statale, ma con l’intensificarsi della guerra con la Russia i paesi alleati hanno approfittato per applicare su di essa una choc therapy finalizzata a vendere le proprietà statali a capitali privati esteri. Anche la Banca Mondiale, nel 2022, redige un piano strategico per l’Ucraina che ricalca quello dell’Urc, in cui si pianifica per il paese la svendita di proprietà statali nazionali al settore privato estero. Ci sarà bisogno di garanzie e quindi si propone a Kiev di creare una specie di assicurazione in grado di risarcire eventuali perdite che gli investitori potrebbero avere pescando dal settore pubblico, in parole povere, smantellare il welfare per risarcire i privati.
Sulla base di queste riforme i gruppi politici dei vari paesi hanno direzionato le proprie energie nel rappresentare gli interessi delle proprie imprese in Ucraina, in una relazione che garantisce maggiori possibilità agli Stati che hanno offerto maggior supporto alla difesa del paese. Da anni collaborano con il governo ucraino al fine di attrarre capitali privati, “il settore privato di paesi Ue, Usa, ma anche Turchia e Cina sono molto interessati alle opportunità economiche date dalla ricostruzione, ma la questione è che non ci sono i soldi per loro”. L’addetto alla cooperazione di un’ambasciata estera a Kiev ha dichiarato al Fatto le sue preoccupazioni riguardo il Reconstruction Investment Fund di Trump; secondo l’esperto si rischia che all’interno del fondo non vi sia abbastanza capitale per via della confusione che il settore minerario sta vivendo durante la guerra; e quindi “il vero piano potrebbe essere nei punti non resi pubblici”, punti che, per le garanzie di sicurezza, preoccupano molto i “colleghi del ministero dell’Economia ucraino. Una delle sicurezze che le multinazionali Usa avranno è “il diritto di estrazione o concessione con il prezzo stabilito nel momento” e sicuramente avranno priorità nelle gare di appalti finanziati dal fondo.
“Trump aveva semplicemente fretta di firmare l’accordo nei suoi primi cento giorni” sostiene il diplomatico, in modo da posizionare gli Usa come maggiori beneficiari del debito e delle relazioni economiche e politiche con Kiev. Con questo panorama l’Europa rischia di avere minor accesso alle materie prime ucraine, fondamentali nella transizione energetica, e ai contratti legati alla ricostruzione del paese. Lo smacco è anche, o soprattutto, politico: gli Usa ricostruiranno il paese e creeranno un legame a lungo termine con l’Ucraina fatto di debiti e supporto politico-strategico. Parallelamente avranno un ruolo dominante nella gestione della Difesa ucraina, per cui anche in Europa aumenterà la dipendenza strategica da Washington sul fronte orientale. E dopo aver rotto i legami energetici con la Russia, l’Europa dovrà rivolgersi agli Usa per il proprio fabbisogno, meccanismo dispendioso per comprensibili questioni geografiche, e che porterebbe i cittadini europei a pagare di più per aver ceduto a Washington anche il monopolio dei combustibili.
Su queste basi, analisti di istituti e media come l’Alameda Institute, Medium, Consultancy o le ucraine Interfax e Commons tentano di immaginare il futuro del paese. Gli Usa potrebbero applicare politiche di privatizzazione modello Wall Street in settori come trasporti, salute, risorse naturali, istruzione, difesa, che saranno gestiti da grandi gruppi finanziari come BlackRock, di cui il cancelliere tedesco era presidente in Germania, o Jp Morgan o corporazioni come Halliburton per l’energia o Lockheed Martin per la difesa; intanto, sostiene Alameda, le dispute legali rischiano di venire gestite da tribunali non ucraini. Già nel 2016, l’Atlantic Council metteva in guardia sulla privatizzazione di asset strategici – non solo militari ma anche infrastrutturali nel caso di miniere, reti elettriche o porti – che, se andranno in mani straniere, l’Ucraina rischierebbe di perdere la propria sovranità. Il costo principale ricadrà come sempre sulla classe popolare del paese, che vedrà crescere il costo dei servizi basici che saranno in mano a compagnie private estere che parallelamente punteranno all’efficienza riducendo il numero di lavoratori. E qui entra in gioco la legge voluta dalla Gran Bretagna nel 2020.
Sì,ma in finale chi pagherà questa ricostruzione ? Intanto, è il Donbass ad essere distrutto e ai Russi chi li risarcirà dei debiti di guerra e della vera ricostruzione dei quattro oblast? Kiev era già fallita prima della guerra,quindi da prenderà le risorse ?
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Beh, nessuno. Hanno voluto prendersi con la forza 4 territori a costo di vederli distrutti e adesso vogliono anche essere risarciti? L’hanno distrutta loro Mariupol, mica gli ucraini. Adesso è loro, se la ricostruiscano con i loro soldi.
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Come darsi le martellate sui @@.
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Articolo da encomio; decisamente ottimo; stupendo l’asse centrale dell’articolo: a chi appartiene il futuro dell’Ucraina; tutta l’argomentazione ruota attorno a questa domanda cruciale.
Partiamo dai dati di fatto: la condizione economica e finanziaria dell’Ucraina era critica prima ancora che venisse invasa: l’eredità sovietica come punto di partenza, le tensioni politiche interne e la corruzione endemica l’avevano resa tale; il sostenere lo sforzo bellico l’ha resa quasi irrecuperabile se non in tempi lunghi e con costi elevatissimi ed inevitabili; tutto ciò a prescindere dagli appetiti dei soggetti presenti nell’articolo; forse ( e spero) esagero nel dirlo, ma sembra quasi si prefiguri un nuovo Holodomor, se non per fame, per espropriazione.
Altri fatti di rilievo e documentabili sono dati dalla presenza di Black Rock, Banca mondiale, FMI nella definizione delle linee guida di politica economica del paese.
Dire che tali attori promuovano le privatizzazioni con tutto ciò che ne consegue è quasi una tautologia, una banalità.
La piattaforma ProZorro sale ha effettivamente messo all’asta asset pubblici ucraini, anche di rilevanza strategica prima dell’invasione; questo aspetto fornisce un’ulteriore conferma di quanto la situazione economica e finanziaria dell’ucraina fosse drammatica.
La guerra in corso non può che aver favorito la “shock therapy” in stile Eltsin/Russia anni 90 con l’aggravante che la Russia anche allora aveva cospicue risorse per fronteggiare la situazione; le terre rare ucraine sono al momento solo nella testa di Trump e di chi gli va dietro.
Detta diversamente le risorse accertate che ha l’Ucraina sono inadeguate per fronteggiare lo sforzo necessario a risalire la china.
Goldaman Sachs non è coinvolta direttamente ma altre banche d’investimento sono state attive nel collocare titoli di debito; cosa anche fisiologica del resto; non è facile, anche se molto lucrativo, vendere monnezza. (anche quello russo, ssshhh!)
Quasi banale dire che gli USA, in primis, e l’EU sono stati coloro che maggiormente hanno sostenuto l’Ucraina, prima e durante il conflitto quindi è plausibile che le loro imprese riceveranno trattamenti preferenziali negli appalti.
Così come è plausibile che saranno gli USA a fare la parte del leone nell’aggiudicarseli.
Quanto ai costi sociali da pagare questi sono già sul tavolo, povertà e diseguaglianze sono in aumento; nel 2022 era stata varata una legge per ridurre le tutele dei lavoratori; poi Zelensky ha dovuto fare una mezza marcia indietro per non esacerbare una condizione già critica di suo; ma c’è da scommettere che con FMI e Banca Mondiale a guidare le danze, l’appuntamento con il diavolo sia solo rimandato.
C’è, però, un elemento che l’articolo non sviluppa pienamente. Ed è il conflitto strategico tra controllo politico russo e controllo economico occidentale.
E’ un fatto quasi certo che l’Ucraina diventerà una colonia economica dell’occidente con gli USA come capofila; se anche Putin non gradisse non ha le risorse finanziarie per opporsi; al di la di tutta la narrativa che circola, compreso il suo arsenale nucleare,
Ora, nei piani strategici di Mosca rientra la neutralità dell’Ucraina, una sua parziale smilitarizzazione ed un suo, quanto meno velato, controllo politico.
Mi chiedo come possano coesistere un controllo politico da parte di Mosca ed un controllo economico nei fatti da parte occidentale; chi ha il portafogli comanda.
I casi sono due o l’ Ucraina verrà smembrata e la Russia accetterà la situazione di fatto che l’occidente imporrà in quella parte di Ucraina sotto il suo controllo o dovrà mettere la pistola in bocca non più al fesso che c’è di mezzo noto all’anagrafe come Zelensky, ma direttamente in quella degli americani.
Se è vera questa, Putin vincerà la guerra sul piano tattico, militare ma strategicamente ha perso; la vera posta in gioco non è l’Ucraina ma l’assetto che l’Europa prenderà dopo la fine della guerra…. e chi lo finanzia.
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Piatto ricco mi ci ficco.
Intanto in Itagghia …l’Ilva andrà a qualcuno che ha interesse che non produca.
Dagli USA dazi al 50% su acciaio e alluminio….chissà perchè!
Due fattori che porteranno utile solo alla Germania e agli USA.
Per noi rimane l’unico problema che Prosecco e parmigiano non siano penalizzati!
E la giovgia si impegna proprio per questo.
Intanto per i più distratti sta sventolando un vessillo della decime Mas!
Ma non son fassisti!
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