(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Questo caffè tristissimo è dedicato all’amicizia. Sulla versione femminile non ho titolo per pronunciarmi, ma su quella maschile posso dire che ha appena subìto un contraccolpo duro, forse definitivo, dalla fine del sodalizio tra Bobo Vieri da un lato e Adani, Ventola e Cassano dall’altro.

Vedo già smorfie di degnazione dipingersi sulle facce dei lettori: ma sono quattro simpatici cazzoni, non puoi prenderli a modello di una relazione intensa come l’amicizia! Eppure, quando guardavo la Bobo Tv, era proprio il legame che esisteva tra loro a stregarmi: non scomoderò i fantasmi di Amici miei, la cui cultura emergeva persino nelle «bischerate» più volgari, ma l’atmosfera era quella. Prendi quattro sedicenti adulti che hanno giocato per tutta la vita e li metti in un cortile dove possono continuare a farlo, divertendosi a litigare di continuo su chi dei quattro sia il capitano.

Finché arriva il giorno in cui il proprietario della palla si scoccia e decide di portarla via. Oppure sono gli altri ad andarsene, le circostanze hanno poca importanza. Quel che colpisce è la fragilità di un sentimento apparentemente inscalfibile come l’amicizia, quando viene aggredito dal virus dell’egoismo con i suoi effetti collaterali: orgoglio, invidia e smania di controllo. Questo bisogno di comandare gli altri che ha come conseguenza inesorabile la solitudine. «Le uniche società che funzionano?», dicono i commercialisti per esperienza. «Quelle dove i soci sono in numero dispari inferiore a tre».