
(il Sole 24 Ore) – L’Italia si conferma un Paese esportatore. Non solo di beni e servizi ma anche di capitale umano. A ricordarlo di recente è stato l’Istat che, nell’ultimo rapporto sulle migrazioni, ha quantificato in un milione circa i nostri connazionali espatriati tra il 2012 e il 2021. Un quarto dei quali aveva una laurea.
Se incrociassimo le uscite annuali censite dall’Istituto di statistica con i laureati registrati dal ministero dell’Università scopriremmo di veder partire ogni anno il 5-8% dei nostri giovani altamente formati. Ed è un fenomeno che neanche il Covid-19 è riuscito a invertire. […] C’è un secondo fattore di complessità, stavolta interno, da tenere a mente. E cioè che, mentre il Nord riesce a compensare le uscite con l’attrazione di giovani provenienti dal Mezzogiorno, il Sud si ferma alla perdita secca di talenti. Una doppia onda che mette alla prova la tenuta dell’intero Paese, specialmente quando la fuoriuscita riguarda professioni a elevato valore aggiunto: medici, ingegneri, specialisti dell’Ict (su cui si vedano gli altri articoli in pagina).
Se ai classici due indizi ne aggiungiamo un terzo – e cioè che l’abbandono comincia già durante gli studi […] e difficilmente si ferma – abbiamo la prova che la fuga di cervelli è ancora in atto. Un trend da invertire quanto prima, se si vuole dare alla seconda potenza manifatturiera d’Europa una chance di restare tale anche nel medio periodo. […] è proprio [nella fascia d’età 25-34 anni] che stiamo messi peggio visto che eravamo e restiamo penultimi nell’Unione europea dopo la Romania. Ebbene, nonostante l’emigrazione giovanile sia diminuita del 21% nell’ultimo anno censito (2021 su 2020) e sia calato della stessa misura anche il numero dei laureati espatriati nella medesima fascia di età, non si è ridotta invece la quota dei laureati sul totale dei giovani espatriati che è rimasta stabile (dal 45,6% del 2020 al 45,7% del 2021). Con un saldo migratorio a sua volta in discesa, ma ancora fermo a 7mila unità nel 2021.
Se dal particolare risaliamo al generale, torniamo ai 248mila laureati esportati nell’intero periodo 2012-2021 e li confrontiamo anno su anno con il totale dei laureati (stavolta di fonte Mur), scopriamo che il loro peso percentuale sul totale fatica a ridursi. […] Ma è inutile girarci intorno, anche la variabile retributiva ha il suo peso. Complessivamente, i laureati di secondo livello trasferitisi all’estero percepiscono, a un anno dal titolo, 1.963 euro mensili netti, +41,8% rispetto ai 1.384 euro che incasserebbero in Italia. Più passa il tempo più la forbice si allarga tant’è che, a cinque anni dalla laurea, fuori vengono incassati in media 2.352 euro (+47,1% rispetto ai 1.599 euro medi italiani).
La doppia onda
La questione come detto ha una ricaduta anche all’interno dei nostri territori, acuendo quel divario Nord-Sud che ci accompagna dai tempi dell’unità d’Italia. Sempre l’Istat ci fa notare come la “seconda onda” dell’emigrazione di talenti impoverisca di fatto solo il Mezzogiorno che non è in grado di invertire il bilancio negativo di perdita di capitale umano qualificato.
Negli ultimi dieci anni, infatti, il gap complessivo di laureati del Nord a favore dell’estero ammonta a circa 39mila unità, quella del Centro è di circa 13mila, mentre quella del Sud è di circa 28mila unità. Grazie però ai movimenti migratori provenienti dal Mezzogiorno la situazione cambia profondamente. Il Nord guadagna oltre 116mila giovani risorse provenienti dal Sud e dalle Isole, il Centro quasi 13mila. Il risultato è che il beneficio complessivo per le regioni settentrionali è pari a circa 77mila unità.
Il Mezzogiorno, invece, ne esce soccombente: le uscite dal Sud verso l’estero e verso le altre regioni d’Italia determinano una perdita complessiva di poco meno di 157mila giovani residenti laureati. Come a dire che i talenti del Sud finiscono per costituire un bacino di capitale umano per le aree maggiormente produttive del settentrione e del Centro del Paese, oltre che per i Paesi stranieri. E senza interventi si rischia, in prospettiva, la «desertificazione universitaria del Sud»
L’Urlatrice seriale (che urla come se fosse posseduta da Satana) è andata al congresso Cgil a raccontare un sacco di ca**ate sul Reddito d Cittadinanza e sullo stipendio minimo. Ci si aspettava che da parte di qualcuno in Cgil arrivasse una risposta adeguata… è arrivata invece dall’Istat. Lo stesso Istat che aveva confermato la validità di una misura come il RdC soprattutto durante la pandemia e che adesso sottolinea l’importanza della Retribuzione nel triste fenomeno dei giovani Italiani che emigrano all’estero (buona parte dei quali laureati). Adesso la dama nera vediamo quali altre stupidaggini s’inventa per difendere le scelte scellerate e nefaste del suo governo.
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Caro Lantan
da un libro di un grande economista italiano purtroppo scomparso LUCIANO GALLINO il libro si intitola FINAZCAPITALISMO:
ogni volta che un laureato emigra all’estero è come se l’Italia firmasse un assegno da 250.000 euro al paese verso cui il suddetto laureato è diretto. L’importo è dato dalla somma dei soldi spesi dalla famiglia più i soldi spesi dalla collettività. Il resto lo lascio alla tua immaginazione…….
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Esattamente.
Mettiamoci anche i soldi spesi da 40 anni per servire schiavi agli sfruttatori di ogni tipo di ” servizi”:a bassissimo valore aggiunto e poi capiremo molte cose…
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Se nessuno fa nulla per impedire questo fenomeno ma, al contrario, in parecchi si mobilitano per fare entrare nel paese migliaia di futuri lavoratori sfruttabili, un motivo ci sarà..
Basta che non lo si chiami complotto: suona male ed è una teoria priva di fondamento, anche se ci sono possibili evidenze. Si tratta di coincidenze che la bizzaria della Storia confeziona a caso.
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Oltre a non essere per giovani è un paese fatto di spioni e bugiardi , non hai privacy, nonostante leggi, calpestate continuamente specialmente da chi le dovrebbe tutelare . Le istituzioni sono stritolare dalle varie piovre e il mercato ormai ha denti troppo bestiali. Fai bene ad andartene e se potessi tornare indietro anche la laurea prenderei all’estero. Un paese perdente e cattivo.
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