La nota diramata da Palazzo Chigi all’indomani della strage di migranti nel mare di Calabria proclamava in tono perentorio: “Il governo è impegnato a impedire le partenze…”. Vasto programma, impedire le partenze dall’Asia […]

(DI GAD LERNER – Il Fatto Quotidiano) – La nota diramata da Palazzo Chigi all’indomani della strage di migranti nel mare di Calabria proclamava in tono perentorio: “Il governo è impegnato a impedire le partenze…”. Vasto programma, impedire le partenze dall’Asia e dall’Africa afflitte da povertà, guerre e calamità naturali, non c’è che dire. Ma, siccome alla patriota Meloni piace far la voce grossa, la nota specificava subito dopo che il nostro governo è impegnato a impedire le partenze “anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”. L’italiano è claudicante, ma il riferimento è di certo a Stati come la Turchia, l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iran, la Siria, l’Iraq. Chissà come avranno tremato i regimi di laggiù nel leggere quell’“esigendo”.
Come impedire le partenze verso l’Italia, dunque, in un pianeta che ha superato quota 90 milioni di profughi? Di “blocco navale”, per fortuna, non si vaneggia più. Né, temo, basteranno i rimproveri indirizzati ai migranti che mettono a repentaglio la vita dei loro figli pagando somme esorbitanti pur di imbarcarsi in 200 su un caicco di 20 metri, invece di battersi per rendere migliore il proprio Paese. Abbassati i toni, Giorgia Meloni si è rivolta a Bruxelles proponendo di “disincentivare le partenze illegali anche con fondi straordinari”. Pure questo è un déjà vu: abbiamo foraggiato profumatamente Libia e Turchia perché trattenessero quei poveretti con metodi spicci, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Più di una volta ci siamo accorti di aver stipendiato scafisti travestiti da guardia costiera, lesti a tornare al mestiere originario quando ciò gli convenga. Sono i famosi “dittatori che ci servono” di draghiana memoria.
La situazione è tale che perfino la destra, dopo essersi vantata per anni di saper fermare con la forza le partenze illegali, adesso, a costo di deludere i suoi elettori, comincia a prendere in considerazione una soluzione più realistica: il ripristino di canali d’immigrazione legale e controllata, tramite l’allargamento delle maglie del decreto Flussi e il rinforzo dei corridoi umanitari. Roba che, quando a ipotizzarla erano gli avversari, suscitava a destra l’urlo dissennato: “Invasione” dei nostri “sacri confini”! Naturalmente quest’ultima benvenuta timida apertura, inevitabile ma pur sempre considerata impopolare dai cattivisti di professione, viene controbilanciata dalla promessa che verranno moltiplicati i rimpatri forzosi dei non aventi diritto, costosissimi e quasi sempre inutili. Si trova un po’ spiazzato quello spiritosone di Vittorio Feltri, fiore all’occhiello di Fratelli d’Italia in Lombardia, quando twitta: “Agli extracomunitari ricordo un vecchio detto italiano: partire è un po’ morire. State a casa vostra”. Ma l’imperativo di fermare i migranti sul bagnasciuga della sponda Sud del Mediterraneo resta pur sempre il credo che la destra ha inculcato nel suo popolo, e che deve fingere di perseguire.
Anche se nessuno se la sente di teorizzarla, prevale l’idea che le vite dei poveracci con la pelle scura (a differenza di quelle degli ucraini) valgano meno delle nostre. E che, in ogni caso, la loro sorte non ci riguardi. Solo così si spiega che da molti anni l’omissione di soccorso su vasta scala venga tollerata nel Mediterraneo, se non addirittura praticata illudendosi di disincentivare così le partenze di chi non ha più niente da perdere. Il naufragio di Crotone desta momentaneo scalpore perché avvenuto a un centinaio di metri dalle coste calabresi. Ma due settimane fa, i 73 annegati al largo della Tunisia non hanno meritato neanche un trafiletto sui giornali.
Se l’Italia volesse davvero assumere un ruolo di leadership nell’area mediterranea, anziché limitarsi a piagnucolare per le inadempienze dell’Ue, dovrebbe dichiarare sua priorità la salvezza dei migranti. Le partenze non si possono fermare. Si possono regolamentare e controllare utilizzando traghetti e voli charter, rompendo il monopolio degli scafisti (criminali, ma spesso miserabili come le persone che depredano). Certo, rovesciare l’ordine delle priorità – salvare le vite in pericolo prima di tutto – implica la fine della propaganda odiosa scaricata addosso ai volontari delle Ong desiderosi di supplire all’omissione di soccorso. Ma, prima ancora, implicherebbe l’accettazione di un principio che la civiltà occidentale ha fatto proprio da secoli: lo ius migrandi, ovvero il diritto naturale, sancito nel 1948 anche dall’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, per cui “ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese”. Dare concreta applicazione a questo principio è complicato, lo so. Ma calpestarlo è antistorico e velleitario, oltre che immorale. La promessa di “impedire le partenze” deve essere sostituita dall’impegno a “regolare le partenze” se vogliamo scongiurare un futuro catastrofico della nostra civiltà.
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Emigrare è un diritto, entrare illegalmente in un altro stato è un reato.
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