Quando la “inclusività” diventa il suo opposto

Il regista irlandese Oisìn Moyne voleva mettere in scena al centro culturale Usva di Groningen, in Olanda, Aspettando Godot di Samuel Beckett , con i consueti personaggi maschili come li aveva voluti l’autore. Per Beckett l’esigenza che i personaggi fossero di sesso maschile […]

(DI MASSIMO FINI – Il Fatto Quotidiano) – Il regista irlandese Oisìn Moyne voleva mettere in scena al centro culturale Usva di Groningen, in Olanda, Aspettando Godot di Samuel Beckett , con i consueti personaggi maschili come li aveva voluti l’autore. Per Beckett l’esigenza che i personaggi fossero di sesso maschile era tale che lo mise nel suo testamento. Ma l’Ateneo di Groningen si è messo di traverso sostenendo che una scena con personaggi solo maschili andava contro l’“inclusività” (è il termine del momento e avrebbe meritato la copertina di Time al posto del troppo usurato Zelensky). A parte che le interpretazioni dell’autore dovrebbero essere rispettate, altrimenti si fa un’opera diversa, non è comunque la prima volta nella storia del teatro che personaggi maschili vengono declinati al femminile. È accaduto che personaggi maschili di Shakespeare siano stati interpretati da donne, da Sara Bernhardt alla mia amica Elisabetta Pozzi che sarebbe emozionante anche se leggesse l’elenco del telefono. Però oggi sorge un problema: vogliamo escludere gli omosessuali a favore delle donne? Una discriminazione nella discriminazione. E quindi ai personaggi di Godot, che poi sostanzialmente sono due (Godot non apparirà mai), va aggiunto almeno un gay. E le lesbiche vogliamo protervamente tagliarle fuori? E di tutta l’ulteriore filiera degli Lgbtqia+ che ne facciamo? Li escludiamo per sesso, pardon genere, creando un’altra discriminazione o li “includiamo”? E quando sulla scena lo scrittore ha previsto un solo personaggio, come ne La caduta di Albert Camus, che è un lungo monologo, dovrà diventare “uno e trino”, come Dio che prevedendo le sciocchezze di oggi – non per nulla è onnipotente e preveggente – si è premurato di dividersi in tre? State sereni: una parte la reciterà al femminile, una al maschile e la terza in modalità gay. Ma gli altri della lunga filiera di genere? Si dovrà aggiungerli, trasformando un monologo in un coro.

Nella Raf, la leggendaria Royal Air Force britannica, è esploso un caso perché, in nome dei generi e dell’antirazzismo sono stati esclusi piloti maschi che avevano dimostrato di essere molto più abili nel maneggio della cloche e nel lancio dei missili. È come se nelle nostre Frecce tricolori i piloti sperimentati che han fatto mille volte quel difficile esercizio fossero sostituiti da chi si è addestrato sulle Playstation o sulle automobiline di un Lunapark. Naturalmente ci possono essere grandi piloti donne. Nella Prima guerra mondiale, quando gli aerei combattevano con altri aerei e non era ancora uso generale bombardare le città da 10mila metri d’altezza, ci sono stati eroi leggendari che avevano abbattuto più aerei nemici, come il ‘Barone Rosso’ Manfred Albrecht von Richthofen o il nostro Francesco Baracca. Nella seconda, Hanna Reitsch riuscì ad atterrare nell’aeroporto, letteralmente crivellato di buche, affianco del bunker in cui si era catacombato Hitler e gli disse: “Salite sul mio aereo mein Fuhrer e ce la filiamo”. Hitler rispose: “Non ci penso nemmeno, gli americani mi metterebbero in una gabbia esposto al ludibrio della gente, sàlvati tu che puoi”. Però Hanna Reitsch non era un pilota da combattimento, ma un’addestratrice e dopo la guerra non ebbe guai con gli Alleati perché non aveva ucciso nessuno. E questo, secondo me, non è un caso. Gli uomini, fuchi transeunti, riempiono la propria impotenza procreativa con ogni genere di cose e soprattutto con la guerra che era (oggi è una faccenda di droni) “il gioco di tutti i giochi” (“Mi si biasimi pure, ma io sono un uomo e amo la guerra. Non ho l’ipocrisia di dire: non amo la guerra. Io l’amo, come ogni uomo bennato, sano, coraggioso, forte, la ama”, Curzio Malaparte). Le donne invece, che la vita la danno, sono perlopiù ostili a questa inutile carneficina.

La divisione e l’uguaglianza fra generi, di derivazione americana, puritana, è diventata ossessiva dopo il “Me Too”. Iniziativa lodevole, ma diventata così estrema da trasformarsi nel suo contrario. “L’errore è una verità impazzita” mi disse una volta don Giussani, che fu mio docente di religione, un vero corruttore (in realtà l’apologo l’aveva rubato a Chesterton). È questa l’essenza del cancro: le nostre cellule immunitarie, a furia di essere coperte da vaccini, perdono la capacità di immunizzare.

Tornando alla Raf, se la Gran Bretagna dovesse affrontare una guerra seria, poniamo contro una nuova Luftwaffe (quella attuale è seria per gli ucraini e i russi, non per gli inglesi che non mandano, come tutti gli europei, uomini sul campo e tantomeno piloti sugli aerei che inviano a Kiev), sarebbe meglio che questi aerei fossero in mano a piloti maschi (o anche donne o a Lgbtqia+, ma scelti per capacità, non per “quote”). Non è una questione di genere, ma di merito. Il capitano di squadrone britannico Elisabeth Nicholl – paradosso nel paradosso: una donna – si è dimessa dopo che aveva individuato almeno 160 casi di discriminazione a danni di maschi bianchi. E se lo dice una donna, genere sempre più egemone, altro che “sesso debole”, è bene darle il dovuto ascolto.

1 reply

  1. Si’, e’ vero ma:
    https://www.theguardian.com/stage/2020/oct/18/not-waiting-for-godot-new-show-tackles-becketts-ban-on-women … guarda un po’.

    Il problema e’ che vi sono finanziamenti che devono obbedire a delle regole “[…] spiega Douwes.
    “I gruppi ci chiedono un sussidio per le loro esibizioni. L’uso della sala teatrale dell’Usva è più o meno parte di questo sussidio. Ciò significa di fatto che possono utilizzare la nostra stanza gratuitamente e ricevere dei soldi. La borsa di studio per Godot non era ancora stata assegnata, ma siccome nel frattempo si erano scambiati i pezzi, il posto in programma era già stato riservato”.

    Secondo l’Usva, GUTS non soddisfaceva tre dei criteri di sovvenzione. Ad esempio, il progetto non sarebbe aperto a tutti gli studenti RUG, è rivolto a un gruppo ristretto di studenti e non è accessibile al pubblico. “E quelle condizioni sono sul sito web.”

    Insomma, non puoi dire che recitano “solo…” eccetera. Capito?

    Ma e’ anche vero che il personale non recitante del progetto e’ assortito di tutto il necessario, “inclus*” transessuale eskimese.

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