Presta arriva primo: da Amadeus al Colle, tra cachet e vendette

Il palco è roba sua, chiunque comandi. Se lo attacchi, se ne ricorderà: lo sanno anche giornalisti e critici tv, sottoposti a un regime di monitoraggio quasi militare

(DI TOMMASO RODANO – Il Fatto Quotidiano) – Il vero vincitore di Sanremo non ha dovuto aspettare la finale: Lucio Presta ha dominato il Festival dal principio. Il re degli agenti tv conduce la kermesse tramite il suo assistito Amadeus, ha piazzato Roberto Benigni per l’ennesimo monologo sulla Costituzione e ha esercitato il monopolio pressoché completo dell’Ariston, visto che nella sua scuderia è passato anche Gianni Morandi. Non bastava: Presta è finito pure nelle foto ufficiali del Quirinale per testimoniare la trasferta sanremese di Sergio Mattarella, di cui è stato regista. Se Sanremo è la gallina dalle uova d’oro della Rai, la Rai è il pollaio di Lucio Presta. Forse salteranno i vertici dell’azienda, ma per lui cambia poco: è al di sopra dei capricci politici. I suoi artisti li preferisce quasi tutti a Viale Mazzini perché così “si occupa un territorio”, come ha raccontato a Claudio Sabelli Fioretti nel 2005: “Se un direttore vuole fare a pezzi un mio artista, deve pensarci bene: se lui oggi fa male a me io domani posso fare male a lui. Voglio che rifletta. Non sono uno che vende spazzole”.

Non vende spazzole ma affitta personaggi: il botto arriva nei primi anni 2000, quando Paolo Bonolis diventa il grande mattatore della tv italiana e fa l’elastico tra Rai e Mediaset. Con lui spicca il volo anche Lucio, ex ballerino di Fantastico negli anni ‘80. Sulla pista da ballo non ha lasciato ricordi indelebili, come agente delle star invece è diventato il migliore. Bonolis e Amadeus, appunto, ma pure sua moglie Paola Perego, Antonella Clerici, Marco Liorni, Ezio Greggio, Lorella Cuccarini, i tour teatrali di Checco Zalone e molti altri.

Il cosentino Lucio Presta è persona dai molti vezzi: nella casa di campagna alleva quattro mucche highlander, quelle col manto peloso come yak; ha un rapporto affettuoso anche con le armi perché “ho subito due rapine e sono il miglior deterrente che conosca”. Non è discreto come lo sono in genere gli uomini di potere, ama rivendicare la sua educazione salesiana, ma la declina in una formula peculiare: “Prima mi vendico e poi perdono”. Si vendica, soprattutto. Chiedere, tra gli altri, a Mario Orfeo e Monica Maggioni: il primo è stato silurato dalla Direzione Approfondimenti, la scorsa estate, anche per la guerra personale che gli ha mosso Lucio, la seconda è finita in black list perché nel 2017 fece chiudere il programma della moglie Perego, dopo una clamorosa gaffe sessista sulle donne dell’est Europa.

Se attacchi Presta, Presta se ne ricorderà. Lo sanno anche giornalisti e critici tv, sottoposti a un regime di monitoraggio quasi militare: chi scrive male di un assistito di Lucio può aspettarsi chilometrici audio whatsapp con le reprimenda di Gina Cilia, la sua più stretta collaboratrice. Forse anche per questo, in genere, la stampa lo tratta con i guanti: si legga l’intervista sul Sole 24 Ore di domenica scorsa, nella quale parla del futuro di Sanremo come se fosse cosa sua. “Ormai è una serie tv. Per crescere, prima o poi, dovrà abbandonare l’Ariston, si dovrà costruire un Palafestival”, profetizza. Il prossimo anno è ancora di Amadeus, e quindi ancora di Presta: sarà la decima edizione condotta da un suo cliente. Lui giura che sarà l’ultima, ma qualcuno pensa davvero che si ritiri a pascolare le vacche, lasciando il dominio tv al suo rivale Beppe Caschetto?

Nel frattempo però Presta ha regalato ai figli le quote di Arcobaleno Tre, la sua società storica, e poco dopo anche loro si sono disimpegnati. Poi c’è stato il pessimo affare di Firenze secondo me, il tremendo documentario con Matteo Renzi. Doveva rilanciare la popolarità dell’ex premier, è finito in un’indagine della procura di Roma, con l’ipotesi di un presunto finanziamento illecito: costato quasi un milione di euro – tra compenso per Renzi e costi di produzione – non ha incassato praticamente nulla. Chi gliel’ha fatto fare? Forse gratitudine e affetto – Presta insieme a Simona Ercolani è stato il produttore della Leopolda nelle stagioni più brillanti, inoltre è conterraneo e grande amico del renziano Ernesto Carbone – o forse l’arte innata di annaffiare le relazioni che contano. Nel 2017 il tentativo di limitare il suo strapotere – e quello di Caschetto – fece approvare in Vigilanza Rai una risoluzione “contro i conflitti di interessi di agenti, autori e conduttori”, poi recepita nel 2020 con una direttiva dell’ex ad Fabrizio Salini. Formalmente è ancora in vigore, nella sostanza è lettera morta: lavorano sempre, quasi solo, quei due.

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5 replies

  1. non c’è limite nella patria di poeti, naviganti e presentatori da daudo a Amedeus i gattopoardi di Tomasi di lampedusa in rai e in politica

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  2. Capito che razza di furfanti producono i sogni degli itagliani?

    I capponi di Renzo o Renzi, o Lucio (non Battisti).

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  3. Per esempio:

    CHI HA PAURA DEI JALISSE?

    Forse Presta?

    https://infosannio.com/2021/12/09/chi-ha-paura-dei-jalisse/comment-page-1/

    Ventidue nomi, tra cui figurano prime volte ma anche grandi ritorni sul palco dell’Ariston. C’è spazio per tutti sul palco di Sanremo 2022. «Ma non per i Jalisse», è lo sfogo esternato nei giorni scorsi sui social da Fabio Ricci, componente del duo formato con Alessandra Drusian (di Oderzo, Treviso). «Oggi sono 25 i brani presentati e 25 le esclusioni dal Festival. Chi ci definisce meteore della musica italiana ci ferisce. Non siamo noi che non vogliamo comparire, semplicemente veniamo respinti, non ci viene data la possibilità di esibirci e far conoscere la nostra musica», rimarca il cantautore. Coppia sul palcoscenico e nella vita, nel 1997 il duo vinse il 47esimo Festival di Sanremo con «Fiumi di parole», brano votatissimo dal pubblico. Il pezzo all’Eurovision Song Contest di Dublino si classificò quarto. Altri riconoscimenti, però, si sono attardati e il giudizio del tempo ha finito per mettere nell’ombra la produzione musicale del duo.

    Ricci, avete riflettuto su quali possano essere le ragioni dei continui dinieghi ricevuti?
    «Ci chiediamo tuttora il perché. Venticinque pezzi respinti in un quarto di secolo..Possibile che nessuno sia piaciuto? Da cantautori, ogni anno abbiamo pensato di proporre un brano a Sanremo, per avere una gratificazione professionale, ma anche un palco importante da cui far conoscere i nostri pezzi. Non ci è stata data questa opportunità. Credo che sia dovuto a un pregiudizio forte, che ci etichetta e ci colloca in un momento storico preciso e non ci dà l’opportunità di muoverci da lì».

    Messa così, sembra quasi che «Fiumi di parole», a cui è legato il successo del duo Jalisse, non sia stato un bene per la vostra carriera.
    «Assolutamente no. Vincere Sanremo nel 1997 è la cosa più grande che ci sia mai successa. Questa canzone è diventata di tutti e il Festival ci ha fatti conoscere».

    Però?
    «Noi siamo artigiani della musica, facciamo musica per lasciare una bella sensazione, scriviamo brani che possano suscitare un sentimento. Sicuramente in tante cose andiamo contro corrente. Ad esempio, abbiamo collaborato con un gruppo metal quando tutti puntavano sul reggae o sul rap. Noi siamo diversi. Forse sarà per questo che ci hanno esclusi. Eppure, anche i Måneskin e il loro rock erano contro corrente, ma hanno vinto».

    Qualcuno vi dipinge come «meteore» della musica italiana. Sentite di esserlo?
    «Ci chiamano desaparecidos, e questo ci ferisce. Non siamo noi che non vogliamo comparire, semplicemente veniamo respinti, non ci viene data la possibilità di esibirci sul palco e far conoscere la nostra musica. All’estero abbiamo avuto una forza in più. Siamo stati in Kazakistan, Sud America, Spagna, a Mosca insieme per l’Enit, all’ambasciata italiana. Nella playlist della United Airlines, che vola da Los Angeles a New York, c’è il nostro album, mentre in Italia non hanno mai passato nelle radio principali le nostre nuove uscite».

    Avete mai pensato che fosse un rischio presentarsi a Sanremo con un’etichetta discografica indipendente?
    «No, ormai sono tante le etichette indipendenti che portano avanti il loro progetto. La nostra è una piccola casa discografica, che però ci permette di produrre e pubblicare dischi. Tra l’altro, è la stessa che ci ha consentito di presentarci al Festival nel 1997, quando abbiamo vinto. E con questa abbiamo prodotto l’ultimo album, Voglio emozionarmi ancora, scritto durante la pandemia».

    Cosa sono stati i Jalisse negli ultimi 25 anni di carriera?
    «Abbiamo continuato a fare concerti, incidere dischi con la nostra casa discografica, a scrivere canzoni parlano anche di globalizzazione, di affiancare gli altri, di stare uniti guardando al futuro. Proprio questo racconta il brano che abbiamo presentato a Sanremo 2022, È proprio questo quello che ci manca. Parallelamente, ci dedichiamo alla musica di sonorizzazione per i film. Per esempio, ho lavorato alla colonna sonora del docufilm “L’incanto e la delizia”, sulla reggia di Sassuolo, del regista Francesco Zarzana».

    Il brano al quale siete più legati?
    «Ce ne sono tanti. “Vivo”, il primo brano a far conoscere me e Alessandra, presentato nel 1995 a Sanremo giovani, ma anche “Liberami”, del 1996, in cui mi sono presentato come cantautore. Dei più recenti, “Tra rose e cielo”, scritto con Younis Tawfik nel 2012 (giornalista italo-iracheno fuggito dal regime di Saddam Hussein, ndr)».

    La vostra musica qualche volta è tornata sul palco dell’Ariston.
    «Abbiamo avuto l’onore di essere sul palco come avatar, con Fedez e Michielin che hanno inserito la nostra canzone in un medley. Di noi ancora si parla, ma solo per il successo enorme del 1997. Questo non ci piace, è un modo di sottovalutare l’artista e il suo percorso di crescita».

    Un giudizio sulla lista dei partecipanti a Sanremo 2022?
    «Il Festival ha dimostrato che c’è spazio per tutti sul palco, per classici come Gianni Morandi e Iva Zanicchi, e nuove guardie della musica. Ci stanno tutti, ma non noi. Non dirò mai che qualcuno immeritevole è stato preso al posto mio, non mi piace criticare. E ci tengo a ribadire che il nostro sfogo non è stato un attacco ad Amadeus, che anzi l’anno scorso ci ha regalato una prima serata su Rai 1, dopo tanti anni, e ci ha ospitati nel programma “Ora o mai più”. Un’occasione in cui abbiamo riscoperto quanto il pubblico ci voglia bene. Le risposte di questi giorni alla polemica ci dicono che qualcuno ci sta aspettando».

    Sta dicendo che il duo Jalisse si candiderà anche l’anno prossimo per Sanremo?
    «Abbiamo ancora tanti brani da far conoscere, quindi fino al 2030 siamo coperti — scherza il cantautore — Abbiamo il desiderio di tornare a Sanremo, e non possono dirci di smettere di sognare».

    8 dicembre 2021 (modifica il 8 dicembre 2021 | 09:10)

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  4. Lo zampino di Renzi ( cioè degli ” amici ” Dem US) c’è dovunque. E meno appare e più è potente, come quelli che veramente contano.

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