La burocrazia blocca la politica: il caso tutto italiano dei decreti attuativi

Burocrazia, cosa sono i decreti attuativi: ciò che mette i bastoni tra le ruote all’efficienza del nostro Paese

(Ezio Pozzati – affaritaliani.it) – Uno dei principali ostacoli che troviamo nel buon fine delle leggi è la burocrazia. Oggi viviamo un momento particolarmente difficile per l’economia e, nonostante la positività e la celerità con la quale Governo e Parlamentari si danno da fare per efficientare il panorama economico, ecco lo sgambetto della burocrazia.

media ci dicono che per la mancanza di un decreto attuativo non è possibile far giungere al mercato 17 terawatt di energia ad un prezzo di 127 euro, quindi molto inferiore a quello di mercato (1 terawatt = 1.000 gigawatt = 100.000 megawatt = 100.000.000 di chilowatt). Ma cosa sono i decreti attuativi? Sono semplicemente delle implicazioni tecniche che rientrano nella minuzia delle leggi che vengono approvate e ne stabiliscono tutti i dettagli ed i tecnicismi.

Quindi tutte le leggi che il Parlamento approva necessitano dei decreti attuativi. I rallentamenti nell’emanare i decreti attuativi quali sono? Purtroppo la moltiplicazione dei soggetti coinvolti, dei vai ministeri, non ci permette di capire chi il responsabile della mancata o cattiva applicazione dei provvedimenti; a mio avviso basterebbe nominarne uno come “capo attuatore”.

Ebbene, ora si capisce il perché del grande paradosso della burocrazia italiana. Per spezzare una lancia in favore dei comuni quando viene chiesta e approvata la immediata eseguibilità nelle deliberazioni della Giunta o nei Consigli Comunali, significa che molto spesso sono stati coinvolti, in via preventiva, il Segretario Comunale ed i vari uffici interessati ed i responsabili sono conosciuti.

Ora, senza togliere niente a qualcuno mi permetto di suggerire di intraprendere la stessa via dei comuni; in questo modo si potrebbe facilmente ridurre i tempi di attesa. Per quanto riguarda il decreto dei 17 terawatt mi auguro che ci sia un responsabile per permettere la fruibilità di un bene che in questo momento è veramente prezioso. Un ultimo suggerimento: e se pensassimo di pagare un tot a chi in meno di un lasso di tempo determinato facesse “partire” i decreti attuativi sarebbe auspicabile e realizzabile?

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4 replies

  1. I decreti attuativi sono ovviamente ineludibili giacché stabiliscono nel dettaglio come il principio generale stabilito dalla legge va declinato nei vai casi specifici (più propriamente, macro aree di casi).

    La lentezza con cui vi si mette mano in parte è fisiologica: è più facile stabilire che lo stato rimborserà il 110% per opere di efficientamento energetico degli edifici che stabilire poi come applicare questo principio in tutte le possibili casistiche, facendo funzionare accettabilmente il tutto evitando il più possibile storture, disfunzioni, truffe, ecc. come dimostra ciò che è accaduto proprio in questo esempio.

    Alla lentezza fisiologica si somma, però, anche il fatto che ad un cambio di amministrazione non corrisponde un cambio degli uffici preposti, in linea con il nuovo orientamento politico che si è insediato. Sicché, là dove qualche burocrate (qui non inteso nell’accezione negativa, ma puramente funzionale) con relativo potere non fosse molto d’accordo per ragioni politiche, è quanto meno possibile che non si adoperi con particolare alacrità nell’ agevolare l’iter, aggiungendo un ostacolo in più.

    Il capo attuatore, cioè la figura che in teoria dovrebbe essere premiata o punita a seconda di come vanno le cose, è una soluzione ottima per il privato che però lo fa già in maniera naturale e non per legge, giacché la punizione o il premio arrivano sempre, immancabilmente, dal committente che valuta addirittura fornitura per fornitura, non certo a lasso di mandato.

    Per applicare “efficacemente” e non solo di facciata questa metodologia nel pubblico, occorrerebbero anzitutto due cose. La prima è che la figura abbia nome e cognome; quindi, che sia identificabile dai cittadini; la seconda è l’accettazione da parte nostra, finalmente, della cultura del premio/punizione che in Italia, come diceva anche Piero Angela, non c’è veramente. In Italia c’è l’idea che il premio alla fine deve andare un po’ a tutti, anche a chi sbaglia, per non scontentare nessuno e quindi non è più premio. E per le punizioni, invece, c’è sempre tempo dopo, magari comminandole ad altri e non a noi.

    A riprova, valga quanto rispose Davigo quando gli fu chiesto perché secondo lui Mani Pulite si fermò. Lui rispose che, ad un certo punto, la gente si rese conto che non erano più solo i politici ad essere colpiti, ma anche la gente comune: il geometra che si prendeva le cento mila lire per la pratica o il messo comunale che faceva lo stesso per non vedere la tal cosa. Quindi, non finivano più perseguiti o in galera solo i potenti, ma anche i cittadini comuni che invece ritenevano accettabili per sé le piccole truffe quotidiane allo stato come non farsi fare la fattura dall’idraulico o prendere la mancia per un “piccolo favore” fatto da una posizione pubblica.

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