Idroelettrico e abitazioni: ci preparano la “cura” greca

L’Unione propina all’Italia la stessa ricetta che la Troika impose ad Atene: nel 2014 la costrinse ad aggiornare il catasto. Poi, spenti i riflettori su quel piano lacrime e sangue, da quest’anno sono aumentate le tasse. Proprio quel che da noi potrebbe avvenire nel 2027.


(Claudio Antonelli – laverita.info) – Con la Grecia, l’euro ha attraversato la sua peggior crisi. Nonostante il Pil del Paese fosse grande quanto quello del Connecticut, Bruxelles decise di intervenire con il più grande piano di prestiti della storia: ben 320 miliardi. L’imposizione tramite Troika, dopo il 2010, ha fatto precipitare il Paese nella recessione più nera. Almeno fino al 2017, quando l’economia ha cominciato a rialzare la testa. Verso un futuro destinato comunque a rimanere difficile visto che alla data del dicembre scorso, il debito ripagato non superava quota 60 miliardi, con un piano di rientro che vedrà l’ultima rata scadere a dicembre del 2060. Non stiamo a dilungarci sugli effetti del lavoro della Troika (noti a chiunque), è però importante analizzare quelle che erano le richieste messe sul tavolo per avviare il salvataggio. E metterla al confronto con le richieste Ue destinate al nostro Paese.

Oltre al taglio delle pensioni, c’erano anche le privatizzazioni di numerosi comparti, tra cui le reti idroelettriche. Un dettaglio che ci riporta subito la mente alla battaglia sul ddl Concorrenza in corso in Aula proprio oggi. L’altro pilastro su cui Bruxelles in Grecia non volle sentire ragioni fu la riforma del catasto. E qui siamo alla seconda analogia con l’Italia. Nel 2010, la Commissione Ue cominciò a sottolineare l’arretratezza del sistema di valutazione e controllo degli immobili greci. Ci volle tempo, ma furono il presidente Jean Claude Junker e il premier Antonis Samaras a imporre i decreti di riforma fiscale sull’intero comparto immobiliare greco. L’intervento tecnologico richiese ben quattro anni e la riforma entrò in vigore nel 2018. La prima modifica degli Enfia, sigla che sta per «tassa uniforme sul mattone», si è vista però soltanto nel 2021, mentre il secondo intervento è recentissimo: inizio 2022. Da ora in avanti, come previsto dalla riforma del 2014, il prelievo sarà rimodulato ogni anno in base al valore patrimoniale dell’immobile. Come si può leggere in più di un report delle associazioni di categorie greche, il riallineamento dei prelievi era la ragione sottostante all’intero rimodellamento dei prelievi sui valori di mercato. L’inserimento nel cervellone elettronico del
censimento di ben 3.900 aree immobiliari ha richiesto a sua volta tre anni di lavoro. Al termine dei quali soltanto il 4% delle aree tracciate ha visto scendere i prelievi fiscali, mentre, le zone in cui i prezzi degli appartamenti si aggiravano sui 1.000 euro al metro quadro sono quasi dimezzate. Lì i greci si sono scoperti più ricchi di quanto immaginassero. Infine, talune prefetture come quella dell’Attica hanno visto un aumento dei valori catastali addirittura del 50%. Per capirsi, l’imposta primaria massima è passata dai 13 euro a metro quadro a 16,20 anche se la prima fascia di valore di mercato è passata dai 500 euro al metro ai 750. Insomma, alcuni proprietari potranno beneficiare di riduzioni grazie a una maggiore area di esenzione. Il problema sussite per gli altri. La maggior parte dei proprietari pagherà di più dello scorso anno e soprattutto molto di più del 2020. La riforma del catasto è servita dunque ad alzare le tasse. Un percorso lungo, che però alla fine è giunto agli obiettivi imposti dalla Troika.

Ieri, all’interno delle raccomandazioni destinate al nostro Paese, la Commissione ha tenuto a precisare che «la riforma del sistema fiscale e del catasto in Italia è molto importante per incentivare l’offerta di lavoro e l’equità fiscale, ma non è una condizione per l’esborso dei fondi del Recovery fund». Come dire, tranquilli le tasse non saliranno ora. Ma solo dopo, come accaduto in Grecia dove a differenza nostra non avevano scelta: il versamento dei prestiti era infatti vincolato alla riforma. Invece da noi la situazione è ancor più paradossale. Per incassare le rate del Pnrr non siamo nemmeno obbligati a portare a termine la legge delega fiscale. Lo facciamo solo perché Mario Draghi ha deciso a dispetto del Parlamento di avviare l’iter. Eppure dovremmo analizzare punto per punto le promesse che Bruxelles aveva fatto ai greci fino ad arrivare alle smentite odierne. E comprendere già adesso quale sarà il finale di partita.

Prima, la richiesta informale di mettere mano ai valori patrimoniali del mattone; poi, a fronte di una crisi del debito, l’imposizione della riforma, con la garanzia che le modifiche sarebbero solo statistiche. Quindi, una volta attuati gli upgrade tecnologici e spenti i riflettori dei media internazionali, potranno scattare le leggi ordinarie, che alzeranno le imposte. Esattamente ciò che accadrà in Italia dopo il 2027. Tra l’altro è importante notare che la scelta di congelare il patto di stabilità riguarderà solo il 2023 e dunque il governo Draghi.

Dal prossimo anno – cioè, con il bilancio del 2024 – si tornerà ai vecchi parametri e ai tagli lineari. Certo, non esiste più la Troika, ma i messaggi saranno paritetici. Tanto più che già dall’autunno verrà meno il salvagente della Bce sui nostri titoli e i ritocchi dell’inflazione cambieranno in peggio il peso degli interessi del debito sulla nostra bilancia. A quel punto scatterà la morsa. Meno tasse sul cuneo fiscale e al via l’iter per la patrimoniale sulle case, gli unici beni che gli italiani non potranno mai portare all’estero nel tentativo di metterli in salvo dalla fame del Leviatano.

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2 replies

  1. Dalla fame di chi?¿? Nel centro di Roma ci sono appartamenti lussuosissimi che nel catasto risultano privi di bagno e pagano una miseria di Imu.in periferia 60 metri quadri pagano di Imu più di tali appartamenti citati ????????????ma andate a farvi……………….a sangue

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