Forse dopo la richiesta balneare dei superpoteri vuole darsi un tocco di nerditudine alla Clark Kent o alla Giorgetti. Ma a noi non serve il Pulitzer per vedere che, sotto gli occhiali, c’è sempre lui
(Guido Vitiello – ilfoglio.it) – Dopo l’intermezzo delle regionali in Emilia-Romagna, quando sfoggiava una giacchetta lisa e un dolcevita da professore del Dams, Matteo Salvini è passato agli occhiali da pentapartito. Perché gli anni passano per tutti, dice lui. Ma è fin troppo chiaro che non si tratta solo di questo. Gli anni erano già passati da un pezzo per Dwight Eisenhower quando il suo comitato elettorale ingaggiò il pubblicitario Rosser Reeves in vista delle presidenziali del 1952. Tra i vari accorgimenti d’immagine, Reeves chiese al riluttante sessantaduenne Eisenhower di sbarazzarsi degli occhiali, salvo poi compensare le diottrie perdute facendogli leggere dei cartelli scritti a lettere giganti. Senza quegli occhiali da secchione, secondo Reeves, Eisenhower veniva molto meglio in tv, aveva un aspetto più forte, più carismatico, più autorevole. Chissà che il pubblicitario non avesse in mente l’esempio di Superman, a cui bastava un grosso paio di occhiali da vista, e niente più, per trasformarsi di colpo in Clark Kent, giornalista timido e impacciato. Generazioni di lettori di fumetti hanno riso della dabbenaggine della sua collega e morosa Lois Lane, reporter così scaltra da conquistare il Pulitzer, ma così tonta da non accorgersi che Superman era semplicemente Clark Kent senza occhiali. Forse Salvini, dopo la richiesta balneare dei superpoteri, vuole darsi un tocco di nerditudine alla Clark Kent o alla Giorgetti. Ma a noi non serve il Pulitzer per vedere che, sotto gli occhiali, c’è sempre Salvini.
Categorie:Cronaca, Interno, Matteo Salvini, Politica
Ahi… ahi… ahi! Perfino Il Foglio s’è messo a perculare il Capitone irridendo alla sua ultima trasformazione
da Superman a Klark Kent.
“Dietro gli occhiali… niente!” verrebbe da dire storpiando il titolo di un noto film di Carlo Vanzina, ma visto che
persino i suoi vecchi sponsor stanno pian piano prendendo le distanze da lui, invece che di austeri occhiali
forse al nostro eroe farebbe più comodo un salvagente, una paperella gonfiabile, un relitto qualsiasi a cui potersi attaccare quando, tra non molto, i suoi lo butteranno a mare senza troppi complimenti.
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Ma quando mai il Foglio è stato uno sponsor di Salvini.
All’inizio quando lo dirigeva Ferrara semmai sponsorizzava Berlusconi, poi c’è stato il colpo di fulmine per Renzi.
Ora il giovin direttore si barcamena tra un endorsement a Draghi ed una tirata d’orecchie a Conte.
In attesa del Messia prossimo venturo.
Come dico dalla nascita, chi sbaglia quasi sempre reitera gli errori.
Nelle scelte politiche è un classico!
Nel merito del pezzo, trovo che scrivere degli occhiali o della giacca di Salvini o di chiunque altro, significa essere arrivati veramente alla frutta o forse all’ammazzacaffe’.
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Beh, sai… occhiali, giacchetta e cravatta sono solo un segnale visibile della trasformazione che
qualcuno sta tentando di imporre al Capitone per far dimenticare nutella, mojito e panze irsute esibite nell’estate del Papeete.
Nei simboli si può trovare spesso la verità che le parole mistificano e occultano.
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