(di Michele Serra – repubblica.it) – La parodia di Geppi Cucciari del goffo “manel” di Bruno Vespa sull’aborto (sette maschi che prendono posizione sulla più femminile delle questioni) è un piccolo capolavoro: sette donne che discutono del rapporto tra cilindrata delle automobili e impotenza sessuale maschile. Molto ridere, molto riflettere, la satira non è l’arma finale, perché l’arma finale, quella che distruggerà il mondo, è il fanatismo, che è una specie di sezione aurea dell’imbecillità. Però la satira è conforto, rifugio dei sensibili, bunker di sopravvivenza, riscatto dell’intelligenza, e quando il colpo è bene assestato, e contro il bersaglio giusto, ci si sente meno soli al mondo.

Brava Geppi, bravo Luca Bottura e gli altri autori, che bello poter fare smaccata pubblicità a liberi artisti e soprattutto a un programma di Raitre, <CF2002>Splendida cornice</CF>. Povera Rai, amata Rai nelle mani dei Proci, chissà quando torna Ulisse a spiegare come ci si comporta. E al netto di tutto questo: dimentichiamo troppo spesso quanto è importante prenderli per i fondelli, i nuovi padroni (non è il caso di Vespa, che è il meno nuovo tra gli italiani). Quanto è importante fare valere la misura contro la dismisura, di fronte al ruggito sorridere e di fronte al sopruso cambiare registro, cambiare linguaggio, scartare di lato.

Mettete a confronto una tirata moralista e una parodia ben riuscita, l’efficacia è imparagonabile. Tutti dispongono di retorica e di moralismo, bisogna dunque affinare l’arma dell’umorismo, più rara, non tutti gli arsenali ne dispongono. È la cerbottana, la fionda, il trabocchetto coperto di foglie. Più il potere parla di atomiche, più la scena pubblica è dominata da urlatori e fanatici, più si deve essere grati ai portatori di fionda.