L’alta Gallura, come altre zone in Sardegna, è soggetta ad un attacco di speculazione energetica da parti di imprese che mirano al lucro di breve periodo garantito anche dagli incentivi pubblici, in un’autentica fase di colonialismo che rischia di minare l’identità culturale ed economica del territorio.
(Maria Giovanna Bosco – lafionda.org) – In queste settimane in Gallura, così come in altre zone della Sardegna, si dibatte su progetti relativi all’installazione di una iperbolica quantità di pale eoliche e impianti fotovoltaici per ottemperare agli ‘sfidanti obiettivi europei di decarbonizzazione’ (Terna, 2024). In una regione già gravata da 31 basi militari, – il 65 per cento di quelle presenti in tutta Italia (Arcai, 2024) – e drasticamente depredata delle aree boschive in duecento anni di dominio sabaudo (Casula, 2017), anche il territorio dell’alta Gallura è soggetto all’interesse di multinazionali del settore energetico che, forti del quadro normativo, sono persino legittimate ad espropriare terreni privati, deturpando il paesaggio e le acque costiere della regione con la costruzione di nuovi impianti.
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna S.p.A. al 31 marzo 2024 risultano ben 809, pari a 57,67 GW di potenza (Figura 1). 57,67 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti (GIG, 2024).
Figura 1. Istanze di connessione nella regione Sardegna.
Fonte: Terna (2024)
L’alta Gallura, in particolare, è contraddistinta da un susseguirsi di colline, rocce e vallate di macchia mediterranea, zone adibite a pascolo e rocce spettacolari, aree archeologiche uniche oltre che da zone costiere dalla fragilità e bellezza incomparabili. L’impatto anche solo visivo delle pale eoliche, di cui alcune alte oltre 200 metri, come quella già in costruzione nei pressi nella zona del Marganai nel Sud Sardegna (L’Unione Sarda, 2024), è semplicemente devastante.
Gli impianti eolici, le cui pale dissacrano il profilo del territorio in quanto idealmente destinate ai deserti o ad aree off-shore lontane dalle coste, determinano anche un danno diretto sulla salute umana a livello uditivo e neurologico (Hanning, 2009; Havas & Colling, 2011), oltre che a flora e fauna. Dove sono installate le pale eoliche, gli uccelli spariscono e le rotte migratorie vengono deviate. Sotto i pannelli fotovoltaici, certo non sono possibili coltivazioni. La riduzione delle aree verdi naturali, fattore che incrementa la concentrazione nell’aria di anidride carbonica, entra in contraddizione con l’ideologia della ricreazione delle aree pristine supportata dalle istituzioni comunitarie. A ciò si aggiunge l’altro grave problema ecologico che riguarda lo smaltimento degli impianti a fine vita, i cui costi sono esorbitanti. Se costruiti per poi essere abbandonati, con un risparmio sui materiali come è già stato documentato nella zona di Calangianus, insiste sulla comunità anche il costo della bonifica.
Questa depredazione denota un atteggiamento coloniale che mira a cancellare tradizioni culturali e il nesso che gli abitanti instaurano con il loro territorio in nome di investimenti che di “green” hanno ben poco. Tali progetti calati dall’alto, infatti, non solo eliminano pascoli e aree agricole, ma non creano nemmeno un incremento di posti di lavoro (perché gli “esperti” vengono perlopiù chiamati da fuori area e la manutenzione è minima). Si riduce inoltre il valore dei terreni e delle abitazioni che si trovano anche a distanze ragguardevoli e si creano minacce economiche anche per il settore turistico che costituisce una fonte primaria di reddito per tutta l’area.
Voler forzosamente imporre modelli di sviluppo ideati altrove e per altri contesti sul territorio sardo sembra inteso a sradicare un modello di gestione agri-turistica a favore di un asservimento ad una produzione energetica che verrebbe peraltro destinata a soggetti terzi, dato che la Sardegna è già autonoma dal punto di vista energetico. Peraltro, l’extra-produzione non potrebbe nemmeno essere assorbita dalla rete per limiti di capacità (GIG, 2024).
Ancora più grave è che, benché esistano alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale e territoriale, queste non vengono nemmeno prese in considerazione e gli enti preposti si fanno beffe delle alternative ragionate e sostenibili – come la collocazione di pannelli fotovoltaici su tutti i capannoni e fabbricati industriali compresi quelli in disuso (Confartigianato Sardegna, 2023). A dar prova della scarsa sensibilità del soggetto pubblico nei confronti dei temi legati alla sostenibilità sociale ed ambientale, vi è la recente pronuncia del Consiglio di Stato che ha rigettato un ricorso della Regione Sardegna contro il potenziamento di un parco eolico proprio alle spalle della celebre Basilica della SS. Trinità di Saccargia (La Nuova Sardegna, 2024).
Figura 2. La Basilica di SS. Di Saccargia con le pale eoliche già esistenti sullo sfondo.
Fonte: Foto di Ivan Canavera
Non si può cancellare il sospetto di essere in presenza di un tipico schema di “regulatory capture” (Dal Bó, 2006), fenomeno in cui le gerarchie lobbistiche riescono a piegare il decisore politico alle proprie logiche espansionistiche e predatorie. In questo caso, il bene pubblico, inteso come benessere sociale, economico ed ambientale, è soppiantato, anche attraverso il posizionamento di figure chiave in ambito istituzionale, dalla logica di arricchimento e speculazione che vanno a remunerare ristrette élite a discapito della stragrande maggioranza delle persone. Tale tendenza di lungo periodo alla redistribuzione dei redditi e della ricchezza in favore di un’accentuata polarizzazione presso pochi soggetti è ben rilevata sia a livello finanziario che industriale, ed è quindi coerente con questa interpretazione.
Sembra lecito chiedersi chi sia il soggetto intenzionato a deturpare e cannibalizzare il territorio. Quali sono, inoltre, i guadagni a cui sta puntando? In presenza di alternative reali e dimostrabili, si punta solo al profitto economico derivante dalla vendita di energia, oppure si cerca di minare anche le attività locali? Se fosse così, l’intento si trasformerebbe da speculativo a propriamente criminale.
Riferimenti
Arcai, F. (2024). La pesante eredità delle basi militari aleggia sul voto in Sardegna, https://www.wired.it/article/sardegna-basi-militari-inquinamento/
Casula, F. (2017). Quando i tiranni sabaudi rasero al suolo la Sardegna, https://www.manifestosardo.org/quando-i-tiranni-sabaudi-rasero-al-suolo-la-sardegna/
Confartigianato Sardegna (2023), Potenzialità dell’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni nelle aree produttive presenti in Sardegna, https://confartigianato.cagliari.it/settimana-energia-sostenibile-lautonomia-energetica-della-sardegna-puo-arrivare-dai-pannelli-fotovoltaici-sui-capannoni/
Dal Bó, E. (2006). Regulatory capture: A review. Oxford review of economic policy, 22(2), 203-225, https://doi.org/10.1093/oxrep/grj013
GIG – Gruppo di Intervento Giuridico (2024). Sardegna, realtà della speculazione energetica e normativa di salvaguardia del territorio, https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2024/04/11/sardegna-realta-della-speculazione-energetica-e-normativa-di-salvaguardia-del-territorio/#more-37799
Hanning, C. (2009). Sleep disturbance and wind turbine noise. Broadview Energy Developments. Sleep disturbance and wind turbine noise | Wind Energy Impacts and Issues (wind-watch.org)
Havas, M., & Colling, D. (2011). Wind Turbines Make Waves: Why Some Residents Near Wind Turbines Become Ill. Bulletin of Science, Technology & Society, 31(5), 414-426. https://doi.org/10.1177/0270467611417852
La Nuova Sardegna (2024). Pale eoliche accanto alla basilica di Saccargia: il Consiglio di Stato respinge il ricorso della Regione, via libera al progetto, https://www.lanuovasardegna.it/regione/2024/04/08/news/pale-eoliche-accanto-alla-basilica-di-saccargia-il-consiglio-di-stato-respinge-il-ricorso-della-regione-via-libera-al-progetto-1.100503147?fbclid=IwAR20bn7W8cRbJVGjUL6i0GJ9GKsgLpUeL2BsPzz1W2OdaschmNBHoK0luKg
L’Unione Sarda (2024). Devastazione eolica alle pendici del Marganai, https://www.unionesarda.it/news-sardegna/devastazione-eolica-alle-pendici-del-marganai-v1w0w1jm?fbclid=IwAR0dpbNZK_R94knRHS1OTR0_rUxx-1RTS6EHKKy78QQ70ipg285c4cFCtOU_aem_AfuGcWFhS6QNjDvR1cyXfA1rQn5pFSXueJorVf06CK0GLXbWY1qDpJAq_x2NQE4WukUN5cBx4EgCec5j8tdlWHEg
Terna S.p.A. (2024). Econnextion: la mappa delle connessioni rinnovabili. https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/rete/econnextion
Alessandra… 🙏🏻🙏🏻🙏🏻
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La legge che permette tutto ciò è frutto dell’eccelsa mente del drago. 🐲
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se si vuole un futuro industriale meglio approvvigionarsi di energia locale
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La Sardegna non è l’unica regione ittaliana ad essere deurpata da pale eoliche e campi fotovoltici.
Anche la Sicilia è in fase di depredazione; terreni agricoli destinati alle energie rinnovabili
Non sono personalmente contrario al fotovoltaico o all’eolico.
Quando ero all’università il mio insegnate di chimica organica 2 ci disse:
Ragazzi ricordate sempre: mai destinare a scopi industriali ciò che normalmente viene destinato all’alimentazione umana o animale; se lo farete aspettatevi solo il fallimento del vostro progetto.
Aveva torto? No
Prima del fallimento di Lemhan Brothers, col petolio che superò i 100$ al barile, tante aziende si lanciarono nel biodiesel; ora la soia e la colza o li usi per l’alimentazione umana o animale o la bruci nei motori a combustione interna.
Puntarono sul bruciarla nei motori; sono falliti tutti, tutti.
Merloni energia, Desmet ballestra oleo, Gianazza; tutti.
Lo stesso succederà nel fotovoltaico o nell’eolico, se contnueranno a mangiare terreni agricoli.
Parafrasando Fantozzi: una salvinata pazzesca!!!!
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di Maria Antonietta Pirrigheddu (attivista del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica)
Stavolta il solito ritornello “Ce lo chiede l’Europa” può andare a farsi benedire. L’Europa, infatti, ci chiede l’esatto contrario. Ma noi siamo italiani, facciamo a modo nostro e i ritornelli li usiamo quando ci conviene. Soprattutto se si tratta della Sardegna.
Già, la Sardegna, questa terra un tempo meravigliosa che nel giro di un paio d’anni probabilmente non esisterà più: l’intento è di trasformarla in un polo industriale, destinato a produrre energia elettrica da trasportare chissà dove.
Questi sono i programmi per noi, per il nostro sviluppo. E per salvare la terra dal cambiamento climatico. Eh sì, perché a quanto pare per salvare la terra è necessario smettere di coltivarla, togliercela e consegnarla alle multinazionali. Così il pianeta sarà salvo.
Per capire cosa sta accadendo dobbiamo partire dall’inizio, dalla cosiddetta Transizione energetica. Ovvero la necessità sacrosanta, che nessuno contesta, di smettere di utilizzare combustibili fossili come carbone e metano per la produzione di energia elettrica e transitare verso “fonti rinnovabili” come il sole, il vento e l’acqua.
L’Europa si è proposta di arrivare alla totale decarbonizzazione entro il 2050, passando per vari step. Il primo step ci attende nel 2030, quando l’Italia dovrà installare sull’intero suolo nazionale una potenza di 70 Gigawatt per la produzione da fonti rinnovabili.
Ora, 70 diviso 20 regioni fa 3,5 Gigawatt a testa… Ma siccome noi sardi siamo notoriamente generosi e avvezzi ad essere colonizzati, la bozza del decreto nazionale ce ne assegna 6. E questo nonostante produciamo già molta più energia di quanta ne consumiamo.
Però sta succedendo una cosa strana: invece di prepararci ai 6 Gigawatt per il 2030, ci ritroviamo già oggi con quasi 58 Gigawatt pronti da installare. Quasi dieci volte tanto!
Grazie al famigerato decreto Draghi e a causa di delibere indegne firmate dalla Regione Sardegna negli ultimi anni, sono arrivate qui come avvoltoi aziende e multinazionali da ogni parte del mondo, per spartirsi la nostra terra e piazzarvi i loro impianti colossali.
Si è stabilito che i due terzi della nostra Isola possano essere sventrati, perforati, riempiti di cemento, devastati, depredati. I due terzi del nostro suolo possono essere sottratti all’agricoltura, alle aziende agro-pastorali, alle aziende turistiche e agrituristiche, ai nostri progetti, al nostro futuro, a noi.
Non per darci opportunità ma per toglierci ogni opportunità.
Ad oggi le richieste di allaccio sono 809, ma crescono di giorno in giorno. Se le pratiche presentate andassero in porto, verrebbero impiantate sulla terraferma 3.000 turbine eoliche alte fino a 240 metri (da sommarsi alle 1.200 già esistenti), altre 1.300 turbine di 320 metri davanti alle spiagge, visibilissime anche a decine di km di distanza, e quasi 50 km2 di pannelli solari su campi e pascoli. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le innumerevoli autorizzazioni già concesse!
Numeri da far accapponare la pelle. Solo per il foto e agrivoltaico, quasi 50.000 nuovi ettari verrebbero sottratti alle nostre attività e ai nostri paesaggi per riempirli di specchi di silicio, che nel giro di due decenni (o ancor prima se dovesse arrivare qualche grandinata) si trasformerebbero in sconfinate discariche a cielo aperto. Eppure l’Europa ci raccomanda di evitare ulteriore consumo di suolo, un bene primario essenziale per contrastare i cambiamenti climatici.
Su tutto questo, migliaia di tralicci alti 49 metri con infiniti km di fili sospesi.
Ora immaginatela, questa immensa landa industriale in cui saremmo costretti a vivere, con il terribile ronzio che ci accompagnerebbe giorno e notte. Immaginatevi le migliaia di luci rosse intermittenti che cancellerebbero le nostre notti stellate… Quelle notti e quel silenzio che fanno della Sardegna una terra celebrata ovunque, e che noi non avremmo più.
Se tutto ciò dovesse realizzarsi – e sta già accadendo – la Sardegna sarà irrimediabilmente sconvolta nei suoi panorami unici, nella biodiversità, nella ricchezza naturale, storica, archeologica, culturale e identitaria.
A fronte di quali vantaggi?
Per noi non è contemplato alcun risparmio in bolletta né, tanto meno, alcuna compensazione in denaro, ora vietato per legge. Sono previsti solo “interventi di miglioramento ambientale”.
Cioè?
Di solito il miglioramento consiste nel ripristino delle strade distrutte per il trasporto delle enormi pale. Talvolta i progettisti sono più premurosi, arrivando addirittura a costruire, in cambio dei territori violentati, graziose siepi oppure altalene e scivoli per bambini. O noccioleti per la produzione di nutelle. Verremo ripagati anche con “campagne di sensibilizzazione per il cittadino”, per persuaderlo della bontà degli atti speculativi.
D’altronde gli europei di un tempo, quando andavano a colonizzare l’America latina, si conquistavano la fiducia degli indigeni regalando collanine e altre cianfrusaglie. Il sistema è identico.
Per loro, invece?
Da 900.000 a 1.200.000 euro all’anno per ogni turbina eolica! Cifre anche maggiori per quelle in mare.
Oltre al danno la beffa: una parte di questo milione esce dalle nostre tasche, perché gli incentivi, magnanimamente concessi dal Governo italiano, vengono prelevati dalle bollette. In pratica lo Stato prende i nostri soldi e li dona agli speculatori che sbarcano qui, come la famosa JP Morgan. Non è fantastico?
Luogocomune – Sardegna ciabatta energetica
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Sono vent’anni che i comitati locali, in tutta Italia, avvisano del pericolo, si battono per fermare la speculazione, chiedono alle istituzioni di intervenire per fermare la svendita della sovranità territoriale e la distruzione di economie e imprese locali….. se si facesse la sommatoria di tutti i progetti depositati alle varie VIA regionali in tutta Italia e si sommassero quelli che in deroga passano solo da una scia comunale ci sarebbe da piangere…ma per chiudere il coperchio della bara nazionale varrebbe la pena fare una conta anche delle discariche in itinere e delle domande depositate di ex-cave da riempire di spazzatura con nomi green e finanziati con i soldi di tutti.
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una bella centrale nucleare con 4 EPR da 1Gw e via
3km quadrati, nessun danno all’ ambiente, minimo consumo di suolo, nessun rumore.
ah, si, la lobby del nucleare è potentissima!
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Stanno per devastare anche una zona enorme e intatta nei pressi di Monte Cucco, ai confini tra Marche e Umbria, tra borghi meravigliosi e vestigia medioevali
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