Tra sette giorni al via le prime manutenzioni: 15 settimane di stop. Ma serviranno altri 18 anni di chiusure autunnali per completare la ristrutturazione. Confindustria: “Addio al 10% del Pil”

(di Marta Borghese – repubblica.it) – Alle 17 del 4 settembre l’ultimo mezzo attraverserà il traforo del Monte Bianco. Poi il tunnel rimarrà chiuso al traffico fino al 18 dicembre. Uno stop di quindici settimane continuative – quasi quattro mesi – per consentire il rifacimento di due porzioni di volta di trecento metri ciascuna, una sul lato italiano e una sul francese. “Lavori – spiegano dalla società di gestione – che, a 60 anni dalla realizzazione, rendono il Bianco tra i primi grandi tunnel europei a intraprendere opere di risanamento profondo della struttura”. Un cantiere-test che verrà replicato nel 2024 e che servirà anche a valutare l’efficacia dei metodi di bonifica. Costo complessivo: 50 milioni di euro. Poi, individuata la strategia migliore, si sceglierà come procedere: tra le ipotesi più accreditate vi è quella di una chiusura autunnale per i prossimi 18 anni.
“In questa fase demoliremo e ricostruiremo completamente la volta in due tratti differenti”, spiega Riccardo Rigacci, direttore gerente del gruppo Geie-Tmb, che gestisce il traforo. Una rimozione da 25 a 40 centimetri di copertura, per realizzare un nuovo sistema di drenaggio delle acque e rifare la volta con elementi prefabbricati resistenti al fuoco e con vita utile di cento anni. Due le criticità attuali: l’umidità e la presenza di amianto utilizzato sessant’anni fa per la costruzione di alcune canalette. Presenza che, spiega il direttore “impatta sulle tempistiche del cantiere e sulle misure di protezione per gli operai”. L’obiettivo, comunque, “resta quello di garantire lunga vita al tunnel”. “Realizzeremo il maggior numero di lavori possibili – continua – dalla sostituzione dell’illuminazione con luci a led al ricambio dei 74 ventilatori appesi in galleria”. Oggi il gruppo, in collaborazione con il Politecnico di Torino, sta approfondendo lo studio geologico dell’area. “Una decisione definitiva e formale sul futuro ancora non c’è”, conclude Rigacci, ma in Valle D’Aosta la preoccupazione è tanta e a fare il conto si fa presto: 11,6 chilometri per seicento metri di intervento all’anno significano almeno 18 anni di chiusure autunnali.
A lanciare l’allarme è Confindustria VdA: “Stiamo parlando di 72 mesi complessivi: l’equivalente di 6 anni di chiusura spalmati su 18”. Un fermo che, si stima, andrebbe a incidere negativamente sul Pil della regione, che registrerebbe un meno 9,8%. Secondo il rapporto dell’Osservatorio territoriale delle infrastrutture. Ma a risentirne sarebbe tutto il Nord Ovest, con un meno 5,4% del Pil e un impatto negativo sul sistema logistico e sul turismo. A condividere le preoccupazioni sono infatti Federalberghi e Confcommercio: “Tutte le attività da Aosta a Courmayeur sono direttamente colpite – spiega Luigi Fosson, presidente di Federalberghi – parliamo del 30-40% del sistema ricettivo valdostano. Qui in molti hanno deciso di chiudere in questo periodo, perché senza il traforo tenere aperto vorrebbe dire non pagarsi le spese”. C’è il danno immediato: la “perdita” di Sant’Ambrogio e del ponte dell’Immacolata. Ma c’è soprattutto la prospettiva: “Da anni lavoriamo per valorizzare l’autunno con le spa delle strutture – conclude Fosson – La prospettiva di una chiusura per 18 anni è una cosa che psicologicamente ci ammazza”. E per Confindustria, che già prevede almeno 200 persone in cassa integrazione soltanto come ricaduta diretta, c’è pure il rischio di una beffa, e cioè che entro il 2040, data ipotetica di fine lavori, l’Unione Europea potrebbe vietare il transito dei mezzi pesanti nei trafori a canna unica.
Il presidente della Regione, Renzo Testolin, ha coinvolto l’Università della Valle D’Aosta, l’Arpa e l’omologa francese per valutare le ricadute economiche, socio-culturali e ambientali della chiusura. “Monitoriamo gli effetti di questo primo periodo per avere elementi utili ad orientare le scelte future”, garantisce.
Per gli industriali, tuttavia, la soluzione può essere soltanto una: il raddoppio della canna con una parallela all’esistente. “Si potrebbe realizzare in 5 o 6 anni – afferma il presidente Francesco Turcato -, mantenendo aperta quella esistente e garantendo gli spostamenti di mezzi e materiali”. I costi? Per Turcato si stimano intorno al miliardo e 100 milioni, “ma non dobbiamo dimenticare che sono già stati in gran parte accantonati dal ‘99, quando, dopo l’incendio in cui morirono 39 persone, si voleva riaprire e raddoppiare. All’epoca lo volevano tutti”. Secondo il sondaggio portato avanti dall’Ente, il raddoppio vedrebbe oggi l’accordo dell’80% dei valdostani. L’alternativa del trasporto su rotaia qui, ad ora, non sembra percorribile: “È a binario unico e ancora da elettrificare, i lavori cominceranno a breve”, commenta Confindustria, che lamenta una mancanza di scelta politica a livelli nazionali e internazionali: “Non avremmo mai pensato di arrivare a fine agosto senza una soluzione. Il problema, qui, è che nessuno si è mosso”.
Come spingere a favore della TAV!
Birichini…. ti creo il problema e ti do la soluzione!”
G.p.d.m.
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L’unico caso in cui, quando si effettuano lavori, il PIL non cresce…
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La soluzione secondo me è abbastanza semplice: niente lavori nè costi, e speriamo che resista più a lungo possibile.
Ovviamente amici e parenti saranno avvertiti di non passarci mai, e quando ne verrà giù un pezzo ammazzando un po’ di automobilisti basta dire che è stata una tragica fatalità, e nessuno ne renderà conto.
Se qualcosa andasse storto nessun problema, c’è la prescrizione.
E’ il sistema liguria, collaudatissimo, e funziona benissimo (per loro).
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La “perdita” di Sant’Ambrogio? Al massimo guadagno: se da Milano passiamo sotto il traforo significa che non ci fermiamo in Val d’Aosta! Viceversa se il traforo è chiuso niente Francia e niente Svizzera. Almeno non passando da lì.
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Ci vuole una seconda canna, come stanno facendo gli svizzeri per il tunnel del Gottardo
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Ti rammento che questo governo è contrario alla legalizzazione della droga altro che seconda canna.
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sto ridendo di gusto….!!!
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La storia del traforo(quella vecchia) poi c’è la storia nuova,in entrambe le storie ….denaro pubblico che passa in mano ai privati:
Chi siamo
Nel 1953 i Ministri plenipotenziari della Repubblica italiana e della Repubblica francese firmano a Parigi la “Convenzione tra l’Italia e la Francia relativa alla costruzione e alla gestione di una galleria stradale attraverso il Monte Bianco”. Tale Convenzione viene ratificata e resa esecutiva nel 1954.
In ottemperanza all’art. 8 della stessa Convenzione viene attivata una Commissione interministeriale (CIG) alla quale viene affidato il controllo dell’esercizio dell’opera, della sua manutenzione e della sua conservazione.
Nel 1957 viene costituita la “Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco”, in sigla SITMB, con l’obiettivo di partecipare alla costruzione e alla successiva gestione in concessione del tunnel transalpino di comunicazione tra la Francia e l’Italia.
Nel 1958 con Decreto del Presidente della Repubblica italiana viene approvata e resa esecutiva la Convenzione di concessione stipulata tra l’ANAS e la SITMB per la costruzione del tratto italiano della galleria autostradale attraverso il Monte Bianco, nonché per l’esercizio della stessa per 70 anni. Iniziano i lavori di scavo sul versante italiano.
Il 19 luglio 1965 il tunnel viene ufficialmente aperto al traffico.
Nel 1971 viene firmata una nuova Convenzione con l’ANAS, contenente le norme regolamentari per l’esercizio in concessione della gestione e della manutenzione del Traforo – nella parte di competenza italiana – fino alla scadenza del 2035.
Nel 1999, a seguito del noto incidente del 24 marzo, il Traforo viene chiuso al traffico. Nello stesso anno l’azionista di maggioranza di SITMB, la Società “Autostrade S.p.A.”, viene privatizzata. Nella compagine sociale della SITMB detengono quote significative la Regione Autonoma Valle d’Aosta, l’ANAS, la Città e il Cantone di Ginevra.
Nel 2002, dopo tre anni di lavori dedicati al ripristino e all’ammodernamento dell’infrastruttura, il tunnel viene riaperto al traffico; la gestione unitaria del Traforo su decisione dei due Governi viene affidata al GEIE-TMB, organismo di diritto comunitario costituito in modo paritario dalle due società concessionarie nazionali del Traforo, l’italiana SITMB e la francese ATMB.
Nel 2006, per iniziativa dei Governi italiano e francese, viene firmata a Lucca una nuova “Convenzione tra il Governo della Repubblica francese e il Governo della Repubblica italiana relativa al Traforo stradale del Monte Bianco”, novativa e sostitutiva di quella del 1953; il termine delle concessioni è individuato al 2050.
Il 1° ottobre 2008, dopo la ratifica del Parlamento italiano con Legge 166 del 27.09.07 e del Parlamento francese con Legge 2008-575 del 19.06.08, la nuova Convenzione internazionale tra Italia e Francia acquista piena efficacia.
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