
(Giuseppe Di Maio) – E’ ormai noto dall’opera di Giorgio Manganelli “La letteratura come menzogna” 1967, che scrivere permette di mentire più agevolmente, pur se parlare non lo è da meno, specie quando tra un’affermazione e l’altra si interpone il tempo che occorre al pesce rosso per dimenticare. La vagonata di parole che la premier (o chi per lei) ha scritto al Corriere della sera, nasconde le più insulse menzogne che io mi sono adoperato a decriptare.
Meloni esordisce con un volemose bene e presenta la lotta contro il fascismo come una guerra civile tra due fazioni politiche, non una lotta di popolo contro gli abusi di una parte collusa con lo straniero. Siccome si calpesta ma non si conculca tutti i giorni, essa usa il termine conculcare i valori democratici in luogo di calpestare, con la speranza che questo possa sfuggire alla sagacia delle teste rasate dei suoi ultras. Ricorda che l’amnistia fu voluta da Togliatti a riprova del fatto che se hanno fatto abusi i fascisti, ne fecero anche i partigiani. Ecco perché La Costituzione e la democrazia non sono proprietà di una parte, ma anche della fazione perdente e del popolo politicamente silenzioso.
La destra ha fatto parte del nuovo corso democratico ed è bene ricordare che non contiene solo il pensiero fascista, ma anche le culture cattolica e liberale che avevano avversato il regime. E’ a tal punto una conquista della destra la democrazia, che nessuno sarebbe disposto a rinunciare alle libertà guadagnate (giacché sono le regole formali che permettono per legge gli abusi di una classe sull’altra), tanto che questa libertà è l’unico antidoto alla deriva autoritaria, cioè quella comunista ed egualitaria. Meloni dice che la sinistra crede di essere custode della democrazia, ma blatera di una guerra contro una parte che è maggioranza nel paese. Per delegittimare l’avversario politico essa usa l’arma di esclusione di massa, e avoca a sé il diritto di accusare di fascismo chiunque. Ha una concezione proprietaria della lotta di liberazione (quasi che anche la destra avesse partecipato alla lotta partigiana). Assieme a Berlusconi invita a considerare il 25 aprile una festa della libertà (come se la resistenza fosse stata una convention del PDL).
La condanna del Parlamento europeo contro tutti i regimi del ‘900 a cui la premier si associa, dimostra che il fascismo non è il male assoluto, ma uno dei tanti generati dal pensiero politico. La destra sta dalla parte della democrazia da com’è schierata nel conflitto russo-ucraino. L’incontro con Paola Del Din conclude la lunga trattazione quando afferma che partigiano equivale ad essere patriota, esattamente come loro lo sono da sempre.
A chi si fa preda della retorica sfugge il succo del messaggio di Meloni, come anche a chi manca di una sufficiente ideologia, così come al solito succede in ambito 5 stelle. Ecco perché mi associo allo sconforto di Scarpinato che bacchetta Conte quando considera il tentativo di mistificazione della premier un mero processo di emancipazione democratica.
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