Si infuria l’Usigrai: “basta, vive nel passato”. Bruno Vespa sa come massimizzare i suoi cinque minuti, anche da ospite. Venerdì sera il decano della tv pubblica ha animato il nuovo show di Loretta Goggi su Rai Uno […]

(DI TO. RO. – Il Fatto Quotidiano) – Bruno Vespa sa come massimizzare i suoi cinque minuti, anche da ospite. Venerdì sera il decano della tv pubblica ha animato il nuovo show di Loretta Goggi su Rai Uno, Benedetta Primavera. I due si sono esibiti in una divertita conversazione sul politicamente corretto, con l’idea di fare a pezzi, con un sorriso autocompiaciuto sulle labbra, le battaglie di principio e di vocabolario della sinistra “woke” e benpensante. Partendo dagli anni 50 e dal divieto di usare parole come “prostituzione” e “case chiuse”, Vespa ha poi ironizzato sulla “blackface”, l’usanza di truccarsi la faccia di nero per interpretare personaggi di colore a teatro: da diversi anni è acquisita come una forma di razzismo, ma Brunone e Loretta non paiono farsene una ragione (“Si rischia di sfiorare il ridicolo”). Poi Vespa torna alla carica con una invettiva già cara all’amato presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Per me funziona il protocollo del Quirinale, tutti i ministri sono al maschile. Non è offensivo, è neutro! Ma guai, guaiiiii”.
Il siparietto Vespa-Goggi introduce un momento di alta televisione in cui la presentatrice reinterpreta un brano teatrale della “Freccia Nera” ridicolizzando ancora i canoni del politicamente corretto (i “servi” diventano “colf”, la freccia diventa “molto scura”). Insomma, il livello della provocazione è labilmente politico e piuttosto scadente. Tuttavia i cinque minuti di Vespa da Goggi hanno scatenato la Commissione pari opportunità di Usigrai, il sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini. “Spiace assistere, in prima serata, a semplificazioni non degne del servizio pubblico – si legge nella loro nota –. Spiace vedere come due personalità che hanno segnato la storia della televisione di questo Paese siano proiettate verso il passato e trovino difficile accogliere nuove sensibilità e richieste”. Usigrai sente inoltre il bisogno di ricordare a Vespa che nella lingua italiana il genere neutro non esiste e “indicare una donna come ‘ministra’ vuol dire solo applicare le regole della grammatica”. Forse i sorrisini sarcastici del “decano” non meritavano tanta attenzione, o forse sì. Certo, chiedere a lui di proiettarsi nel futuro – e al suo linguaggio giornalistico immobile, impassibile, vecchissimo, proprio come quello di Rai Uno – è poco “woke” e un po’ naif.
Vespa lo aborro. Ma chi scrive ‘ste minkiate, tipo la Commissione pari opportunità dell’Usigrai, lo aborro di più. Basta, basta, con queste idiozie del linguaggio “politically correct”, non se ne può più.
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A schifo di una parte altro schifo dall’altra .Ma siamo sicuri che non siano la tessa cosa che ci vuole far credere il contrario ?
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Ministra fa rima con “minestra”.
Il massimo è “direttora” quando c’è già “direttrice” ( ma vuoi, mettere, suona più “maschile” e con le palle) e pure “avvocata” quando c’è già “avvocatessa”, ecc… Però le musiciste vogliono essere chiamate ” maestro”, perchè “maestra” sa di scuola Primaria, mentre loro sono… oltre…
Donne che diventano uomini, qui si vuole arrivare.
Non sanno più cosa inventare per distrarci dai fondamentali: scuola, sanità, lavoro, legalità. Tutte cose in caduta libera, qui in Occidente… Tutto fa brodo per metterci gli uni contro gli altri, anche a forza di parole…
Mi raccontava un amico che nella Azienda dove lavora con la scusa del “gender fluid” i gabinetti erano diventati agibili per chiunque indifferentemente. Dopo pochi giorni c’è stata la sollevazione del personale femminile: rivolevano i loro bagni dedicati, i maschi lasciavano troppo sporco in giro …
Alla fine, la realtà prende sempre il sopravvento…
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