Partecipazione: un sondaggio interno su Kiev

Quando Elly Schlein dice di volere “aprire le porte del Pd affinché il popolo delle primarie entri a far parte di questa comunità”, esprime qualcosa a metà tra l’ovvio e il rivoluzionario. È certamente ovvio, da parte della candidata […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Quando Elly Schlein dice di volere “aprire le porte del Pd affinché il popolo delle primarie entri a far parte di questa comunità”, esprime qualcosa a metà tra l’ovvio e il rivoluzionario. È certamente ovvio, da parte della candidata che ha vinto rovesciando pronostici e apparati, rendere omaggio ai cittadini che se la sono caricata sulle spalle portandola in trionfo al Nazareno. A questo punto, tuttavia, si attende da parte della nuova segretaria, e della conseguente segreteria, qualcosa che vada oltre la celebrazione di quanto sia bella e brava la cittadinanza attiva. Vale a dire la presa di coscienza (come si diceva una volta a sinistra) che questo milione e passa di cittadini accorsi a rianimare un partito in stato comatoso (a furia di fare il morto a galla) non si accontentano di più dei buoni propositi. Se, per capirci, non si restituisce loro quel ruolo di partecipazione reale alla vita politica che, da quelle parti, si perde nella notte dei tempi.

Diciamo subito che la novità non può consistere soltanto nella promessa di “aprire il prima possibile il nuovo tesseramento” perché di tessere e tesserati è lastricata la strada della cosiddetta vecchia e ammuffita politica. Quella, per intenderci, dei “cacicchi e capibastone”, giustamente schifati da Schlein in campagna congressuale ma che, proprio sulle truppe cammellate e bollinate, hanno perpetuato nei secoli il loro potere. A questo proposito vedremo abbastanza presto, a cominciare dalla composizione degli organi dirigenti, se e quanto finita la festa l’antico Pd sponsor di quello nuovo – vale a dire i Franceschini, i Boccia, gli Zingaretti, gli Orlando – se ne starà seduto tranquillo in galleria a dare buoni consigli non potendo più dare cattivo esempio. Ma, soprattutto, “aprire le porte” del Pd significa rimettere in moto, anche materialmente, la macchina scalcinata dei circoli. Il che significa organizzazione, iniziative, militanza, dibattito per dare infine agli iscritti una forte e seria voce in capitolo sulla linea politica. Infatti, rivoluzione sarebbe una base che conti almeno come l’altezza, con un’altezza che applica le decisioni della base (come dovrebbe essere in ogni sano organismo democratico). Non sarebbe bello, per cominciare, un bel sondaggio interno sulla guerra e sulla pace, e magari pure sulle armi da mandare (o non mandare) a Kiev? Altrimenti, cara Schlein, resteremo sempre lì: al gabbato lo santo e al popolo dei gazebo che (come quello del voto politico e regionale) se ne ritorna mestamente a casa. E questa volta ci resta.

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9 replies

  1. Mattia Santori del gruppo Benetton ehm…volevo dire delle sardine è pronto per dare il suo contributo.

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  2. A Mattia Santori preferisco di gran lunga Massimo D’Alema. Figurati quale futuro può avere il PD con nullità come l’ex sardina.

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