
(MONTESQUIEU – lastampa.it) – Si fa presto a dire astensionismo, astenuti, quasi fossero categorie astratte e poi passare ai brindisi, all’euforia. Guai a soffermarsi su quel dato marginale, si rischia di rovinarsi la vittoria, o anche la consolazione della sopravvivenza. Quasi che loro, gli astenuti, peggio se astensionisti oramai di mestiere, non fossero persone in carne ed ossa, ma fantasmi che appaiono e scompaiono, senza traccia lasciare. Quasi che non rientrassero a pieno titolo in quel concetto di “popolo sovrano” che colora la nostra Costituzione, ne suggella la pienezza democratica; nella grande platea degli aventi diritto e dovere a formare, con il proprio voto, gli organi elettivi, in primo luogo le camere. Invece, giusto una citazione sbrigativa, per poi gustarsi la vittoria, o tirare un sospiro di sollievo per esserci ancora. Così è successo solo sette giorni fa. Nelle due più importanti regioni italiane il livello di rappresentanza reale del popolo sovrano (quindi tutti, non solo quelli che vanno a votare) si colloca intorno al venti, con riguardo alla maggioranza. E ovviamente assai meno per le opposizioni. La forza egemone della nostra politica, quella che esprime il presidente del Consiglio, vagola intorno al dieci, quindici per cento degli aventi titolo.
Soccorre la forza delle immagini: proviamo a immaginare cento cittadini lombardi e altrettanto laziali, a metterli in fila. La grande maggioranza, statisticamente, è contraria al governo regionale eletto, contrarissima ad ogni altro governo possibile. Nella più ricca regione italiana, e dove c’è la capitale. Nei paesi nordici, anglosassoni succede sempre, già. Da noi no.
Guai a discutere, in termini di legittimità giuridica, la funzione di governo, sia chiaro: ma è esagerato ritenere inquietante, o imbarazzante l’euforia che serpeggia, pomposa e senza ombre, nel paese delle più nobili e alte tradizioni di corsa al voto, nelle file dei vincitori? E il sollievo che traspare da buona parte dei perdenti? Una domanda: fino a quale limite, in questa discesa che sembra non finire, si potrà giudicare fisiologicamente sussistente il livello minimo di rappresentanza reale del popolo pur sempre sovrano? Da noi, non a Washington, o a Londra. Quando, finita la festa rispettiva per la vittoria o la sopravvivenza, tutti assieme, i nostri partiti cominceranno a porsi questa elementare domanda: dove comincia a indebolirsi la democrazia, con quale dislivello di rappresentanza? E a guardarsi in giro per il mondo, a contare le ex democrazie? E ad occuparsi delle soluzioni, con serietà, autocritica e senza soluzioni miracolistiche potenzialmente autocratiche? Andando, ad esempio e come prima cosa, a specchiarsi nell’articolo 49 della Costituzione, per vedere come loro stessi, i partiti politici, dovrebbero essere, e come invece si sono ridotti?
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Un pò come avviene in un’assemblea condominiale; OdG: nomina dell’amministratore: qualcuno si astiene… azz.. che ci vieni a fare?
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Quel limite non ha definizione legale nè copertura giuridica, si basa su un principio, vince la maggioranza dei votanti, fossero solo 1000, questa è una discussione puramente filosofica ma alla politica non interessa, se non voti per loro, meglio che ti astieni, che è solo un vantaggio, vanno a votare solo i loro e hanno risolto ogni problema.
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