Il consigliere Vittorio Feltri e le due Giorgia

In Lombardia la vittoriosa Giorgia ha scelto un suo Vittorio per emblema: Vittorio Feltri. Non gli chiederà certo di amministrare la locomotiva d’Italia, visto che lui stesso si dichiara inadatto alla bisogna. Gli chiede solo di essere […]

(DI GAD LERNER – Il Fatto Quotidiano) – In Lombardia la vittoriosa Giorgia ha scelto un suo Vittorio per emblema: Vittorio Feltri. Non gli chiederà certo di amministrare la locomotiva d’Italia, visto che lui stesso si dichiara inadatto alla bisogna. Gli chiede solo di essere se stesso: un nome, un volto, un programma. Suggerendoci che in lei, professionista della politica, convivano due Giorgia: la donna di governo un po’ draghizzata, protesa a trasformarsi in statista, e la capopopolo che, all’occorrenza, non rinuncerà certo a spararle grosse.

Feltri lo conosciamo bene. Confesso di non provare antipatia, da distante, per il direttore che per primo seppe rianimare il giornalismo di destra. Anni fa, per beneficenza, ci è capitato perfino di recitare insieme in due spot pubblicitari. Suppongo lo diverta cavalcare l’onda vincente. Dotato di autoironia, bastian contrario, abbigliamento dandy e tendenza compulsiva a sclerare nel turpiloquio, Vittorio ha già fatto sapere che non presiederà la prima seduta del consiglio regionale, come gli spetterebbe, “perché non ho nessuna intenzione di rompermi i coglioni”. Alé. Tale richiamo genitale deve suonargli bene, lo usa spesso in radio e in tv, come la volta che a La Zanzara sbottò: “Gli ebrei? Sono decenni che rompono i coglioni con la Shoah”. Troverà il modo di ripetersi e di inventarsi nuovi bersagli dopo che a Michela Murgia ha dedicato il tweet: “Non mi piace perché è brutta come l’orco”.

Il neoeletto Feltri forse durerà in regione più di quanto sia rimasto a Palazzo Marino, dal quale l’estate scorsa si dimise per ragioni di salute. Se non altro perché al Pirellone l’indennità di carica non è trascurabile. Ma resta la domanda: come mai il partito di governo ha deciso di intestarsi un capolista di tal fatta, prima a Milano e ora nella regione più europea della penisola? Ravviso in questa scelta un messaggio di rassicurazione al proprio elettorato: anche noi di FdI, seppur chiamati a gravi responsabilità di governo, proprio come Feltri non dismetteremo l’estremismo verbale, la strafottenza ribalda, il gusto del pubblico scherno destinato agli avversari, la rivendicazione ostentata della convenienza personale, posture queste che continuano a distinguere la destra italiana dal conservatorismo di matrice british.

Non che Feltri sia un campione di preferenze, mica se le va a cercare, ne ha prese a stento 6 mila. Ma impersona con talento un voler essere, la licenza dell’improntitudine da rivolgersi all’occorrenza anche contro le istituzioni e le loro regole. Una carica antipolitica di cui la destra continua ad avere gran bisogno anche ora che l’impotenza dell’opposizione e il dilagare dell’astensionismo le hanno spianato la strada. Niente di meglio che ammantare il proprio potere di anticonformismo.

Se la designazione lombarda di Feltri, dunque, rimane meramente simbolica – ben altri saranno i notabili che si contenderanno le postazioni di comando, a Milano come a Roma – pur sempre essa richiama la natura bicefala del potere nascente. Per questo sospetto la coesistenza, per nulla schizofrenica, bensì calcolata, di due Giorgia. O, se preferite, la tendenza a prorompere, da dentro la presidente del Consiglio, della Meloni che ella mantiene in sé. L’abbiamo visto accadere più volte nel corso di questi primi mesi di governo: da ultimo nell’accusa di connivenza con la mafia rivolta al Pd sul caso Cospito e nella pretesa che la Rai si accinga a “una nuova narrazione dopo la nostra vittoria elettorale” (Gianmarco Mazzi dixit). Richiesta, quest’ultima, che va di pari passo con la falsa immagine di un popolo italiano che sarebbe diventato in blocco di destra. Fingendo di dimenticare che una netta maggioranza di elettori, disertando le urne o votando altri partiti, ha dimostrato di pensarla diversamente. Il che, naturalmente, non inficia la legittimità di chi sta al governo, ma dovrebbe indurre la destra a maggior continenza.

Già me li vedo Feltri e gli altri corifei della destra tuonare contro la direttiva Ue sulle case green, o sullo stop alla produzione di vetture alimentate con combustibili fossili dal 2035; e inneggiare viceversa al promesso concordato fiscale biennale riservato agli imprenditori, così come già plaudono alla revoca del reddito di cittadinanza per gli “occupabili”. Saranno argomenti buoni per accarezzare il pelo dell’elettorato allorquando Bruxelles inviasse i suoi rilievi sull’operato del governo italiano. Quanto al moto di esultanza montante per l’assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby-ter, esso non solo anticipa l’ennesima offensiva contro la magistratura, ma varrà anche come celebrazione definitiva del politicamente scorretto, materia di cui Feltri è impareggiabile cultore.

Buon lavoro, dunque, al neo-consigliere regionale. Intanto, dopo la nomina di Alessandro Giuli al Maxxi di Roma, attendiamo quella di Pietrangelo Buttafuoco al Salone del Libro di Torino. È la nuova egemonia culturale che avanza.

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6 replies

  1. Il gatto è come il mio. Anche con la stessa espressione: “Lasciami andare, lasciami andare…”
    Sono pazzi questi umani…

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  2. Su Twitter Vittorio Feltri si è dimenticato di essere fd’i meloniano? :
    Ciò che ha detto Berlusconi sull’Ucraina e il suo presidente accattone é la sintesi di ciò che pensa la maggioranza degli italiani

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  3. Dicevano che il covid ci avrebbe reso migliori visto come è andato il voto nelle terre di giussano mi sembra una gran ¢azzata🤔

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  4. Inficia Gad… altro che inficia. Ma la Narrazione Nazionale va avanti coi commenti sul voto anche andassero in 10 ad esprimerlo.

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