Di Maio si accoda all’assalto al Rdc (e rinnega se stesso)

Dal Meeting di Comunione e Liberazione Luigi Di Maio rinnega la misura-simbolo della sua carriera politica (che l’aveva portato ad annunciare di aver “abolito la povertà”). E sponsorizza anche la norma che prevede le offerte di lavoro arrivino direttamente dalle aziende, senza passare per i centri per l’impiego. Poi ribadisce – sconfessando la sua vecchia versione – il no al salario minimo fissato per legge: “Lo dobbiamo fare con le aziende”

(ilfattoquotidiano.it) – “Non sono d’accordo ad abolire il reddito di cittadinanza“, ma solo “per disabili o inabili al lavoro“. Per tutti gli altri, invece, evidentemente sì. E ancora: “Io sono d’accordo con quella norma, approvata poco prima della fine del governo Draghi, che dice che è meglio permettere alle aziende di fare la proposta direttamente ai percettori del reddito, e se non la accettano sono le aziende stesse a segnalare che la persona non deve più avere il reddito”. Dal Meeting di Comunione e Liberazione, con un paio di frasi attentamente misurate, Luigi Di Maio rinnega la misura-simbolo della sua carriera politica. Lo fa accodandosi – lui che ne è stato il creatore – all’assalto al Rdc andato in scena dal palco di Rimini, e dando a un eventuale futuro governo di centrodestra il suo placet alla revoca del sussidio per quei milioni di percettori che non sono né disabili né inabili al lavoro, ma hanno la “colpa” di avere stipendi da fame. Con buona pace dell’”abolizione della povertà” annunciata in pompa magna da ministro del Lavoro nel primo governo Conte, e delle sue innumerevoli altre dichiarazioni sul tema (una a caso a novembre scorso: “Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca, abolirlo è un rischio per tutto il Paese”).

Non solo. Di Maio sponsorizza anche la norma sul Rdc inserita a luglio (anche se estranea all’oggetto) nella legge di conversione del Decreto Aiuti, che ha contribuito alla mancata fiducia dei 5 stelle che ha innescato la crisi di governo. Prevede che le offerte di lavoro (che rifiutate per due volte comportano la perdita del sussidio) possano arrivare anche direttamente dalle aziende, senza l’intermediazione dei centri per l’impiego, purché “congrue”. E che siano le aziende stesse a poter segnalare il rifiuto, causando il ritiro dell’assegno. “La gran parte dei centri per l’impiego ha fallito“, dice Di Maio, dimenticando che sulla rete pubblica di politiche attive del lavoro puntava il Rdc come disegnato da lui. Il ministro degli Esteri riesce – di nuovo – a sconfessare la sua vecchia versione anche sul salario minimo: no ai 9 euro l’ora proposti dal M5s (e ultimamente, con qualche giravolta, persino da Pd e Calenda), sì alla proposta Draghi di basarsi sui minimi della contrattazione collettiva. “Lo dobbiamo fare con le aziende, perché se lo imponiamo per legge lo carichiamo come un’ulteriore tassa. La contrattazione è fondamentale per arrivare a un salario minimo dignitoso”. Vale anche per quei contratti che prevedono minimi da 4 euro lordi l’ora? Nessuno al Meeting glielo ha chiesto.

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23 replies

  1. Ogni giorno ha la sua pena. E ogni giorno Di Maio sprofonda penosamente nell’abisso della vergogna. C’è un limite al disgusto umano più che politico? Forse no. Di Maio dimostra che può rappresentare antropologicamente quello che in matematica è il simbolo “infinito”. Un orrore senza fine.

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  2. Sono felice che finalmente abbia tolto la maschera e il disturbo dal M5S. Di Maio si è sempre nascosto dietro un orrendo cerchiobottismo di maniera. La vera vocazione di perfetto venduto opportunista si è finalmente rivelata. E il poveraccio sta già scivolando alla grande nel proprio viscidume.

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    • NOn so se ho sbagliato, forse sì.
      Era sempre del 67 l’altra commentatrice che non stava bene, non so se eri tu.

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      • Mmmm… Io godo di ottima salute, grazie. Fai la spiritosa?
        Sono in lutto perenne per via della secolarizzazione del Movimento e quindi non mi esprimo come un tempo – ma vi tengo d’occhio hehe… 😉

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      • No no che spiritosa!
        C’era una utente, il cui nome mi è venuto intanto in mente, Lia del 67 che non stava bene.

        Comunque brava, tienici d’occhio che spesso deragliamo

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    • Con la crisi energetica del dopo guerra con l’aumento del costo del gas e dei viveri, togliere il reddito o rimodularlo senza certezze alternative di risorse lavorative che diano tra l’altro una liquidità imponibile su fi un criterio di sopravvivenza vorrei capire come vivrà chi non ha altri sussidi.
      Sei (di Maio) solo uno str. E politicamente vali meno di un mozzicone!

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  3. Così è la vita per coloro che non si permettono scelte meditate con fatiche e rinunce e in questa pazza, pazza corsa delle elezioni di fine settembre si muniscono pure di altre due gambe con tanto da zoccoli ferrati per esserne all’altezza .
    Di Maio non è né il primo né sarà l’ultimo dei ciurmanti all’arrembaggio di poltrone, come se la poltrona fosse il primo e ultimo fine di una spesa di energie che prosciuga anche l’ultima cellula.
    Questi ripiegamenti e sconfessioni, come un voto tradito, alimentano la narrazione fasulla su cui si impernia l’atavica presa per i fondelli e il resto, che avrà spiragli per alimentarne i fuochi .
    Sembrerebbero giochi di prestigio e forse per gli ignavi lo sono per davvero e quindi apparirebbero come falsa modestia e risoluzioni degne partendo dal principio della dignità dell’interlocutore .
    Nel delegare le aziende sulla liquidità dei ceti meno abbienti, si tenta il salto del tacchino, per se e per gli sponsor, che languono in reali difficoltà.
    Ma non è l’unica soluzione è togliere il sussidio a chi non ha nulla è pari della dignità di un miserabile, invece di interloquire con le strutture intermedie che di consigli idee e realismo ne hanno scaffali pieni.

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  4. “Lo dobbiamo fare con le aziende, perché se lo imponiamo per legge lo carichiamo come un’ulteriore tassa.”

    Di nuovo ha ripetuto questa bestialità?
    Lui punta tutto sull’evasore, ma l’evasore non vota a te, giggi’, l’evasore vota the original!

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    • Sottintendendo “noi”, perché noi siamo noi e voi non siete un ….
      Ormai si sente della “casta”, sta più di là che di qua

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