La lezione che (ancora) ci dà Pansa

Prima di tutto lo sgomento stupito. Possibile che 40 anni fa, non un secolo fa, l’Italia fosse una macelleria a cielo aperto dove il sangue grondava sulle strade in una normalità quotidiana che registrava la contabilità […]

(DI ANTONIO PADELLARO – ilfattoquotidiano.it) – “Le Brigate Rosse hanno sparato al politico X, al magistrato Y, al commissario di polizia Z. Vai sul posto e raccontaci tutto. Ricordati che devi farci vedere il sangue. Il terrore della vittima. Il panico dei testimoni. La rabbia della famiglia. La paura della gente”. Giampaolo Pansa, “Piombo e sangue” (Rizzoli)

Prima di tutto lo sgomento stupito. Possibile che 40 anni fa, non un secolo fa, l’Italia fosse una macelleria a cielo aperto dove il sangue grondava sulle strade in una normalità quotidiana che registrava la contabilità assassina del piombo brigatista e delle stragi fasciste, con le protezioni piduiste e manovrate dallo Stato deviato? Poi, lo stupore ammirato. Possibile che in quel tempo ci fossero dei giornalisti come Giampaolo Pansa che mettevano il loro inarrivabile talento, impregnato di fatica e sudore, al servizio esclusivo dei lettori della carta stampata che, allora, affollavano le edicole (le stesse che oggi vanno scomparendo e non a caso)?

Noi che frequentavamo “L’Espresso” potremmo raccontare molto del mito di Pansa (Marco Damilano che ha curato il libro insieme ad Adele Grisendi, amatissima moglie di Giampaolo lo fa con sincero affetto e ammirazione). Nella mia memoria è rimasta una definizione che ci racconta molto del suo calvinismo professionale. Questa: io sono un volontario. E, dunque, la forza di volontà come motore della scrittura, alimentato senza pause dalla fatica (scarpinate e notti insonni) dall’ascolto, dallo studio per non fermarsi mai alla prima impressione, alla prima versione dei fatti che troppo spesso è la minestrina riscaldata che le “fonti ufficiali” cercano di propinare all’informazione seduta e accogliente. Che anni orrendi gli anni di piombo e sangue intrisi di odio: gli operai della Fiat ascoltati ai cancelli di Mirafiori che si dividono sullo sciopero da indire dopo l’assassinio del vicedirettore de “La Stampa” Carlo Casalegno, abbattuto dal fuoco brigatista (c’è chi grida: “Dieci, cento, mille Casalegno”, e Giampaolo che con disgusto prende nota sul taccuino). E poi tra i killer del commissario Calabresi ecco “la borghesia radicale e progressista che nei confronti della contestazione giovanile si comporta come una vecchia madama, una miseranda carampana, che vada pazza per un amante ventenne”. Finché si arriva alle pagine caustiche e impietose contro Eugenio Scalfari (di cui sarà vicedirettore a “Repubblica”) uno dei firmatari dell’odioso appello contro Calabresi: “La sinistra dei colletti bianchi, degli intellettuali, dei professori universitari, del giornalismo chic, delle eccellenze politiche e culturali che mise nel mirino quel giovane commissario”. Ma, soprattutto, la polemica che lo divise da Giorgio Bocca (i due si rispettavano ma non si amavano), altra firma eccellente, convinto che i covi brigatisti fossero una invenzione della polizia e della magistratura. “Oggi – scrive Pansa nell’appunto del 2018 che apre il libro – un falso di quelle proporzioni non sarebbe più possibile, nessun giornalista, per grande che sia, riuscirebbe a imporre una fake news di queste proporzioni, una bufala tanto gigantesca”. Rileggere oggi Pansa è un’immersione nelle pagine più oscure del nostro album di famiglia: piazza Fontana, Pino Rauti e Ordine Nuovo, l’ombra di Moro, il piombo su Walter Tobagi, le adunate del Movimento studentesco con i cruenti scontri di piazza del sabato pomeriggio. Quella di Pansa è una lezione per il presente e il futuro contro l’imperante conformismo. Tesa, caschi il mondo, ad accertare, a verificare, a scrivere e riscrivere l’oggettiva verità dei fatti. Che poi dovrebbe essere l’unico fine, ossessivo, tenace, appassionato di questo nostro mestiere

Categorie:Cronaca, Interno, Politica

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18 replies

  1. Pansa uno che scrisse delle foibe come se fossero un genocidio al pari di quelle delle squadre nazifasciste che in Jugoslavia uccisero e truccidarono gli slavi.

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  2. Forse, caro Padellaro, dovresti prendere Pansa come esempio e, lasciando da parte il timore che il tuo vecchio amore la sezione italiana del PCUS, possa uscire con le ossa rotte, dovresti farti qualche domanda sui falsi storici che continuate a raccontare.
    Cosa significa “stragi fasciste, con le protezioni piduiste e manovrate dallo Stato deviato?
    Certo, se tu cominciassi a scoprire qualche altarino sulle stragi, inizialmente definite “stragi di stato” rischieresti di essere contestato dal dormiente braccio armato “antirafassista, come lo fu Pansa quando pubblicò ” il sangue dei vinti”

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  3. Capisco l’amicizia e l’amarcord di un tempo che fu. Bocca scrisse cose che non sono fake ma non dimostrabili al momento. Pansa scrisse false testimonianze storiche spacciate per vere, creò il complottismo sulle foibe e il presunto trangolo rosso, insultò migliaia di italian* che hanno combattuto per un Italia migliore contro il nazifascismo perché intelligente come era capì il vento dove spirava e i vantaggi di diventare un ideologo del postfascismo finiano (Gianfranco) e uno dei costruttori dell’anticomunismo del PD. Certamente aveva strumenti culturali ed intellettuali per corroborare le sue pansanate ma sempre fake furono. Bocca era alieno da una simile modalità perché era un giornalista partigiano. Pansa era chierico intellettuale raffinato ma un borghese che ai tempi del fascismo avrebbe fatto carriera accademica con migliore profitto di Giovanni Gentile. Padellaro fai il cerchiobottista ma non confondere il giornalismo con il servilismo del chierico. Usa il tuo tempo per raccontare ad esempio la fine indecorosa del presunto aiuto Putiniano all’elezione di Trump. Forse allora capirai anche tu l’aria che tira

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    • Condivido e aggiungo:”Oggi – scrive Pansa nell’appunto del 2018 che apre il libro – un falso di quelle proporzioni non sarebbe più possibile, nessun giornalista, per grande che sia, riuscirebbe a imporre una fake news di queste proporzioni, una bufala tanto gigantesca”. Riportare come valida una gigantesca caxxata come quella vuol dire che Padellaro fa come la scimmietta nonvedononsentononparlo vista la condizione del giornalismo italiano, tipo l’ultimo porta porta dell’insettone

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  4. E gia’ , celebrarlo da morto , e metterlo in croce da vivo . E’ lo sport preferito di certa sinistra .
    Come Sansonetti che , con la rinata Unita’ ha voluto mettere in prima pagina e ne primo numero , un elogio a Pasolini .
    Quando sappiamo tutti come fu trattato dal Pci .
    Lo so stamattina sono molto polemico , ma queste cose vanno dette .

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  5. Leggi i commenti e capisci quale sia il terrore dei “fassisti” che professano “antifascismo”: terrore della verità
    Continuano a gettare fango per intimorire chiunque vorrebbe che quella verità venisse alla luce.
    Comunque, prima o poi, qualcuno non si limiterà a parlare di borghesia che proteggeva i terroristi, ma farà pure i nomi.

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  6. Resto sorpreso ( ma non troppo..) da commenti che vogliono negare l’evidenza storica. E cioè che nei primi anni ’70 una buona parte dell’intelligenza di sinistra o vicina ad essa propalò sciocchezze, raccontò falsi, favorì nella sostanza l’estremismo di sinistra, Brigate Rosse in testa. Prima dei “compagni che sbagliano”, si propagandava la tesi del camuffamento “fascista” in quelle frange estremiste e violente, parte delle quali confluirono nella lotta armata. E Bocca e tanti altri si prestarono, consapevoli o meno, a favorire il clima di impunità che si respirava nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche e anche nei salotti buoni della borghesia affascinata dai sedicenti rivoluzionari. Solo col rapimento Moro ( e il suo omicidio) cambiò tutto. E siamo nel 1978. Gianpaolo Pansa ( che pure aveva una cultura di sinistra) non fece mai parte di questo “coro” ambiguo e conformista ( erano i tempi in cui o facevi il “compagno” o eri un appestato, vedi Lucio Battisti). Pansa fu un grande giornalista e fa bene Padellaro a ricordarlo. Per la questione Foibe o relativa alle pagine oscure della Resistenza ci volle coraggio a raccontare verità oggettive ( “presunto triangolo rosso” è Imbarazzante leggerlo) omesse o negate dalla vulgata resistenziale. Ma quando pubblicò Il Sangue dei Vinti il clima era già cambiato. Le polemiche si svilupparono più perché lo raccontava Pansa ( uno di sinistra non doveva allontanarsi dal solco celebrativo e lindo da ogni nefandezza dell’attività partigiana) che per i contenuti. Tutti documentati da anni, ma dall’area destra missina, quindi da considerare spazzatura.
    E sia chiaro, le pagine oscure della lotta partigiana non tolgono nulla alla bontà della scelta di opporsi al nazifascismo del periodo. Ma un giornalista, uno storico, serio, fa operazioni di verità. Ancora oggi chi vuole avere voci corrette sulla Storia si rifà a Barbero, a Canali, ad Emilio Gentile, certamente non a Greppi o Filippi.

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  7. Pansa negli ultimi anni della sua vita ha scritto libri contro i partigiani che amazzavano i fascisti come fossero mosche. Non c’è falsità più assurda, anzi il partito comunista guidato da Togliatti si spese per una generale amistia. In Italia non c’è stato un vero superamento del fascismo, non ci sono stati tribunali contro gli eccidi fatti dai fascisti. Un esempio eclatante fu lo stesso Rodolfo Graziani che in Etiopia aveva fatto delle stragi di civili utilizzando anche i gas fece solo 4 mesi di carcere e poi diventò presidente onorario del MSI

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    • Giulio, che tra il 1945 (anche all’inizio o prima, man mano che l’Italia veniva liberata) e il 1946 ( e fino al 1948), quindi ben dopo il 25 aprile 1945, siano stati uccisi dai 15000 ai 30000 “fascisti” o sospetti tali ( a volte non lo erano per nulla ma c’era chi si rivaleva, approfittando del clima postbellico, su persone con le quali aveva avuto dissidi di altra natura e li giustificava con la caccia al fascista). Non lo dico io, lo diceva Ferruccio Parri e vari storici. Fece scandalo quando lo raccontò, molto prima di Pansa, Otello Montanari, ex PCI, ex Partigiano, nel 1990.
      E il tristemente famoso Triangolo della Morte emiliano-romagnolo fu il teatro principale.
      Togliatti fece l’amnistia nel giugno 1946 per una lodevole iniziativa che voleva sanare quel clima da “guerra civile” ( così fu, la disse lo storico Pavone) che si era imbarbarito ulteriormente alla fine della guerra. E per la cronaca subì tante proteste da parte di una rilevante quota di ex partigiani, soprattutto comunisti. Che azionarono la famigerata Volante Rossa per fare giustizia sommaria, andando a stanare gli ex fascisti amnistiati.
      È storia raccontata da Storici antifascisti.
      Non da me.

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      • magari ne avessero ammazzato 30mila,
        purtroppo furono poche decine, ed erano neanche i più criminali, tutti gli altri i capibastone, i questurini, i magistrati, i prefetti, i capi militari, i rais, gli assassini, gli stupratori, i collaborazionisti, i torturatori, i delatori, le spie, gli scappati all’estero, sono stati tutti amnistiati e sono corsi ad iscriversi alla DC!!
        o a fondare il nuovo partito fascista (MSI) padre putativo dell’attuale fascio-coatta,
        essi sono tutti nipotini di SALO’

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      • Adriano58, i fatti storici non si possono analizzare con l’odio e il preconcetto. A dire il vero nessuna analisi andrebbe condotta così.
        Ma qui parliamo di cose avvenute in un clima drammatico, dopo una tragedia mondiale scatenata dalla Germania nazista, e poi dai suoi complici, Italia fascista in testa.
        La fine del regime fascista del luglio del ’43, il suo crepuscolo con la Repubblica Sociale alleata ai tedeschi, favorì un crescendo di rabbia, odio, violenza che si protrasse molto dopo il 25 aprile del 1945. Non voglio esprimere giudizi, anche se sono in dissenso col tuo “magari ne avessero ammazzati 30000…”, anche in guerra e soprattutto a guerra finita deve prevalere il senso del diritto, della giustizia legale, non quella sommaria nutrita anche da odio privato ( che colpì anche chi non solo non aveva responsabilità di alcun crimine, ma che non era affatto fascista). Penso che sia sufficiente rifarsi a chi, storico antifascista, in tempi “meno caldi” ha fornito le cifre di quelle mattanza. Lo stesso Giorgio Bocca ne parla nel suo libro del 1977. E parla di cifre simili a quelle che ho fatto.
        Poi che tantissimi fascisti ( fascisti, durante il Regime, erano milioni di Italiani) responsabili di atrocità se la siano cavata e siano finiti nel dopoguerra nelle file della DC è vero. Così come l’MSI lo fondarono ex fascisti o ex repubblichini ( non tutti i fascisti furono repubblichini e viceversa, Nicolò Bombacci ad esempio fucilato a Dongo fu comunista e antifascista fino all’inizio degli anni’30, poi si avvicinò al Regime senza mai prendere la tessera, ma si arruolò nella RSI).
        Per tua conoscenza alcuni ex fascisti, addirittura ex repubblichini, si iscrissero al PCI.
        Ma era un altro mondo, drammatico e incattivito da morte e distruzione. Si guardò avanti, per fortuna.

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      • di quale giustizia parli?
        le vittime dei fascisti, in qualsiasi epoca, non hanno mai avuto giustizia.
        Forse è il caso che tu t’imformi e studi meglio la storia.
        Se non vuoi leggere il solito Barbero ,leggi qualcosa della storica Michela Ponzani, che ha dedicato anni di ricerche su questo.
        Non fare giustizia, ha portato a non fare i conti con il passato ed avere i carnefici passeggiare tranquillamente, ed avere i fascisti al governo e alla seconda carica dello stato.
        I colpevoli di efferati delitti li dovevano condannare tutti a morte, ed erano ben più dei 30mila.

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      • Alessandro Barbero mi basta, anche se leggo anche Emilio Gentile. Sul tema. Barbero è splendido nella capacità di divulgazione. Ed è onesto intellettualmente. E non odia. Mi basta.

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  8. Ma poi, secondo te, perché negli anni ’70, nel pieno dell’antifascismo militante, nei cortei si gridava “i partigiani c’è l’han insegnato, uccidere un fascista non è reato”. Proprio perché si conosceva la storia di quel periodo, dove a liberazione avvenuta, se ne uccisero a migliaia senza pagare il conto con la giustizia. Se non rarissimamente.
    E a guerra finita, mica potevi andare ad uccidere senza processo.

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    • Ci hanno pensato bene gli antifasci a non ammazzarne di più del nro da te riportato.Si sono subitp accorti che rischiavano di giustiziare financo qualcuno dei loro cari,che il giorno prima della mattanza,magari,era stato sotto il balcone di P.zzale Venezia a Roma o dentro il teatro Lirico a Milano,ad applaudirLo e recitando il ‘rosario’ con finale EiaEiaalala’,mentre il Dux comiziava.

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  9. Qualche erede degli iscritti alla sezione italiana del PCUS , sa spiegare cosa si nasconde dietro la definizione “stragi fasciste con protezione piduiste e manovrate dallo Stato deviato”? La parola Stato e scritta con la esse maiuscola.
    Quando si chiariranno le idee capiranno, forse, il perché non si sono ancora scoperti i mandanti delle stragi.
    Quando si chiariranno le idee capiranno, forse, come mai dopo tanti processi non si è giunti alla verità sul rapimento Moro e, ancora di più, sul perché DC e PCI preferirono vederlo morto.
    Quando si chiariranno le idee capiranno, forse, perché per smantellare quattro scalmanati che si definivano brigatisti furono dati al generale Dalla Chiesa pieni poteri, mentre poi fu mandato a morire a Palermo per mano della Mafia.

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